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  • Giovedì 30 settembre 2021

La caotica settimana del Congresso americano

Dovrebbe votare su misure urgenti per evitare seri problemi e sulle ambiziose riforme di Biden, ma le divisioni sono un po' dappertutto

Il senatore democratico Joe Manchin fuori dall'edificio del Congresso (Chip Somodevilla/Getty Images)
Il senatore democratico Joe Manchin fuori dall'edificio del Congresso (Chip Somodevilla/Getty Images)

Il Congresso americano è coinvolto in questi giorni in trattative molto dure su alcuni dei provvedimenti più importanti di questa legislatura, e probabilmente degli ultimi anni. Nel giro di pochi giorni (o addirittura di poche ore) dovrà votare per evitare il cosiddetto “shutdown”, cioè la parziale chiusura delle attività del governo federale; dovrà votare inoltre su un provvedimento che consenta agli Stati Uniti di ripagare i propri debiti, pena un default catastrofico, e su due delle più importanti iniziative legislative del presidente Joe Biden: un disegno di legge sulle infrastrutture e un ambizioso progetto di riforme economiche e sociali.

L’accumularsi di questi voti, in parte dettati da scadenze ufficiali e in parte da esigenze legislative, fa sì che questa settimana sia per il Congresso «la più caotica corsa legislativa degli ultimi tempi», ha scritto Vox. Come hanno notato diversi altri media, nei negoziati di questi giorni il presidente Biden si sta giocando il successo delle sue riforme più importanti.

Il caos e le difficoltà sono in gran parte dettate dal fatto che il Partito Democratico ha maggioranze molto risicate sia alla Camera (8 deputati) sia al Senato (1 senatore), e che il Partito Repubblicano finora ha rifiutato di collaborare anche su molti temi importanti. Inoltre, i Democratici sono divisi tra l’ala centrista e quella progressista del partito, i cui litigi stanno bloccando le iniziative legislative di Biden.

Il voto più urgente riguarda il cosiddetto “shutdown” del governo, cioè la chiusura di buona parte delle funzioni della pubblica amministrazione americana a causa della mancata approvazione da parte del Congresso dei fondi necessari per mantenere le operazioni attive. La scadenza per evitare lo “shutdown” è giovedì, e la maniera più efficace sarebbe l’approvazione di una “continuing resolution”, cioè di una risoluzione che, senza rendere necessaria l’approvazione di una nuova legge finanziaria, rinnovi i fondi al governo fino a dicembre.

Come ha detto l’infettivologo Anthony Fauci, “chiudere” il governo nel mezzo di una pandemia significherebbe anche interrompere diverse attività nell’ambito sanitario, con conseguenze gravissime.

La scorsa settimana la maggioranza democratica alla Camera ha approvato una “continuing resolution”, ma ha aggiunto allo stesso provvedimento anche un’altra misura fondamentale: assieme al rinnovo dei fondi per tenere aperto il governo, i Democratici hanno inserito nello stesso disegno di legge una misura di innalzamento del “tetto del debito”, cioè la cifra massima di denaro che il governo può prendere in prestito sui mercati per ripagare le sue spese.

Negli Stati Uniti, la cifra massima che il governo può chiedere in prestito per finanziare le sue spese è fissata con una legge del Congresso. Quando la cifra si avvicina, come è avvenuto in media più di una volta l’anno negli ultimi 50 anni, il Congresso trova un accordo per alzare il limite. Una volta raggiunto il limite, il Tesoro non può più emettere nuovo debito per finanziare i pagamenti, con conseguenze potenzialmente disastrose per gli Stati Uniti e per l’intera economia mondiale.

Normalmente alzare il tetto del debito è un’operazione bipartisan e di routine: sotto la presidenza Trump era stato fatto più volte, con il sostegno dei Democratici. Ma in alcuni momenti di scontro politico molto sostenuto, come quello attuale, l’opposizione può opporsi all’innalzamento, o rendere comunque la vita difficile al governo. Era successo sotto Obama e sta succedendo adesso (finora sono sempre stati i Repubblicani a usare il tetto del debito come arma di opposizione politica).

I Repubblicani sono favorevoli ad approvare una “continuing resolution” per evitare lo “shutdown”, ma hanno detto che non voteranno una risoluzione che contenga anche un innalzamento del tetto del debito. Chuck Schumer, il leader dei Democratici al Senato, è stato dunque costretto ad annunciare mercoledì notte che le due misure saranno separate: giovedì mattina il Congresso voterà la “continuing resolution” appena in tempo per evitare la chiusura del governo, ma la questione del tetto del debito rimarrà sospesa.

Se il tetto del debito non sarà alzato entro metà ottobre, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, perché il governo non sarebbe più in grado di ripagare i propri debiti e questo porterebbe, di fatto, a un default del paese. Secondo Janet Yellen, la segretaria al Tesoro, provocherebbe un grave danno economico che potrebbe portare potenzialmente a una recessione, e che danneggerebbe in maniera duratura la reputazione degli Stati Uniti sui mercati.

Teoricamente, i Democratici potrebbero anche alzare il tetto del debito da soli, ma ci sono diversi problemi: anzitutto, potrebbero non esserci i tempi tecnici, perché la procedura legislativa sarebbe estremamente complicata; in secondo luogo, dal punto di vista politico sarebbe una grave sconfitta, perché consentirebbe ai Repubblicani di presentare gli avversari come il partito che vuole indebitare il paese (anche se l’aumento del tetto del debito non riguarda la stipula di nuovi debiti, quanto piuttosto la possibilità di pagare quelli già esistenti).

Come se non bastasse, oltre allo shutdown e all’innalzamento del tetto del debito, in questi giorni il Congresso si deve occupare anche di due delle più importanti iniziative legislative della presidenza Biden: il disegno di legge sulle infrastrutture, che vale 1.200 miliardi di dollari e ha sostegno bipartisan, e il cosiddetto “Build Back Better Act” o “reconciliation bill”, un ambiziosissimo pacchetto di misure del valore di 3.500 miliardi di dollari che comprende grosse riforme sociali, aiuti alle famiglie, un aumento della copertura sanitaria, riforme del sistema di gestione dell’immigrazione e buona parte delle proposte di Biden per combattere il riscaldamento climatico – tutto dentro a un unico grosso disegno di legge.

In questo caso non ci sarebbero scadenze urgenti, ma pochi giorni fa Nancy Pelosi, leader dei Democratici alla Camera, ha fatto sapere ai suoi colleghi che vuole che i due disegni di legge siano approvati entro questa settimana, per varie ragioni, tra cui l’urgenza dell’amministrazione Biden di mostrare risultati agli elettori.

Qui le divisioni sono tutte interne ai Democratici.

Alla Camera, un gruppo di deputati democratici progressisti ha minacciato che non voterà per il disegno di legge sulle infrastrutture se non riceverà la garanzia che contestualmente sarà approvato anche il “reconciliation bill”. Ma al Senato, due senatori democratici centristi (essenziali per ottenere la maggioranza) si oppongono all’approvazione del “reconciliation bill” perché lo considerano troppo dispendioso per le finanze pubbliche. In questo modo, i due disegni di legge sono collegati tra loro, con le due fazioni del Partito Democratico che si bloccano a vicenda.

Nancy Pelosi, Chuck Schumer e lo stesso Biden tentano da settimane di sbloccare la situazione, senza successo. «Siamo in un momento importante e precario», ha detto mercoledì Jen Psaki, la portavoce della Casa Bianca. «Il nostro obiettivo è raggiungere l’unità, ma ancora non ci siamo».

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