Come ripartirà la scuola

La didattica sarà in presenza, in ogni regione, e tutto il personale scolastico sarà obbligato ad avere il Green Pass: ma ci sono ancora alcune cose non chiare

(ANSA/TINO ROMANO)
(ANSA/TINO ROMANO)

A settembre il nuovo anno scolastico inizierà in presenza per tutti gli alunni di ogni ordine e grado: non ci sarà quindi per il momento la didattica a distanza, come invece era stato per buona parte dello scorso anno a causa delle rigide restrizioni imposte per la pandemia. Proprio la didattica a distanza era stato uno dei temi più dibattuti negli ultimi mesi, e il governo si era impegnato a fare tutto il possibile per far ripartire la scuola in presenza, anche a causa del sensibile peggioramento nell’apprendimento di alcune materie da parte degli studenti, rilevato dalle prove INVALSI.

Ma a poche settimane dall’inizio delle lezioni restano ancora alcune questioni in sospeso, tra cui il Green Pass reso obbligatorio per tutto il personale scolastico, e le modalità in cui verranno controllati i possibili contagi tra gli studenti per evitare focolai.

Il Green Pass, obbligatorio per insegnanti e personale ATA (oltre che per gli studenti universitari), è il presupposto fondamentale per la ripartenza della scuola in presenza e per tenere sotto controllo l’andamento dei contagi. Il mancato rispetto di questo requisito, in base al decreto legge del 6 agosto, verrà considerato un’assenza ingiustificata; e dopo cinque giorni di assenza l’insegnante verrà sospeso, senza retribuzione.

Inoltre per chi non è in regola è prevista una sanzione che va dai 400 ai 1000 euro, come per tutti gli altri ambiti in cui è in vigore l’obbligo del Green Pass.

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Nelle scorse settimane quest’obbligo è stato molto criticato da tutti quegli insegnanti contrari alle vaccinazioni e da quei politici che da tempo si stanno opponendo al Green Pass in generale e che non vogliono che nei prossimi mesi venga reso obbligatorio anche negli altri posti di lavoro, come sembra il governo voglia fare. Al riguardo la sottosegretaria dell’Istruzione, Barbara Floridia (M5S), ha detto che quando il decreto verrà convertito in legge in parlamento presenterà un emendamento per rendere più chiare e circoscritte le regole.

Secondo la sottosegretaria, il Green Pass è necessario per poter far ripartire la didattica in presenza, ma ci sono alcuni punti del decreto che creano confusione, in particolare per quanto riguarda le sanzioni. In un’intervista al Corriere della Sera, Floridia ha detto che «è davvero troppo sospendere i docenti e il personale Ata e togliere lo stipendio a chi dopo cinque giorni non presenta il Green Pass» e che le persone senza il Green Pass potrebbero essere spostate «in luoghi dove non ci sono contatti con i ragazzi», come biblioteche e laboratori.

Le lezioni cominceranno il 13 settembre nella maggior parte delle regioni italiane (in alcune accadrà qualche giorno prima, e in altre dopo) e in tutte le regioni saranno fin da subito in presenza, al di là del fatto che siano in zona bianca, gialla, arancione o rossa.

Al momento tutta l’Italia è in zona bianca e per quel giorno è piuttosto improbabile che ci siano regioni in zona rossa o arancione, ma solo in questi due casi i presidenti di regione, i sindaci e i presidenti delle autonome di Trento e di Bolzano potranno derogare all’obbligo delle lezioni in presenza e disporre la didattica a distanza: potrà avvenire per specifiche aree o per singoli istituti, e solo «in circostanze di eccezionale e necessità dovuta all’insorgenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus».

Oltre al Green Pass obbligatorio, per far ricominciare le lezioni in presenza dovranno essere adottate alcune misure minime di sicurezza: innanzitutto sarà obbligatorio per studenti e insegnanti indossare sempre la mascherina (a eccezione dei bambini di età inferiore ai sei anni, degli studenti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, e di chi è impegnato in attività sportive); si raccomanda poi, quando è possibile, di mantenere un distanziamento fisico di almeno 1 metro, ma non è obbligatorio; e infine non potranno accedere alle scuole studenti e insegnanti con sintomatologie respiratorie o con temperatura corporea superiore ai 37,5°C.

Riguardo alle modalità in cui avverrà la riapertura delle scuole, il 14 agosto il ministero dell’Istruzione e i sindacati hanno firmato un protocollo d’intesa in cui si dice, tra le altre cose, che i 350 milioni di euro stanziati per la scuola nel decreto sostegni bis possono essere usati anche per pagare i tamponi diagnostici al personale scolastico. Su questo punto però ci sono state diverse interpretazioni. Nel protocollo si dice infatti che le scuole «utilizzeranno tali risorse anche per consentire di effettuare tamponi diagnostici al personale scolastico».

Secondo una prima interpretazione, questo vorrebbe dire che i tamponi sarebbero gratuiti per tutto il personale scolastico non vaccinato (anche gli insegnanti contrari ai vaccini, per esempio). Ma in una nota esplicativa pubblicata successivamente dal ministero dell’Istruzione si dice che le risorse per effettuare i tamponi diagnostici sono destinate solo «al personale scolastico fragile, dunque esentato dalla vaccinazione».

Si sta anche valutando la possibilità di sottoporre a test salivari a campione gli studenti, in modo da controllare più facilmente eventuali contagi e prevenire focolai.

Repubblica scrive che l’Istituto superiore di sanità (ISS) sta scrivendo un protocollo con le regioni proprio per effettuare 110mila test al mese su base volontaria su un campione di studenti che abbiano tra i 6 e i 14 anni: le scuole dove fare i test saranno scelte dalle amministrazioni locali, e dovranno essere da una a tre per ogni provincia. Secondo quanto scrive Repubblica, per i primi due mesi i test verranno fatti a scuola, con il personale delle Asl, ma in seguito si chiederà ai genitori di prendere personalmente il campione di saliva dei figli, prima che vadano a scuola.

Nel frattempo il Commissario per l’emergenza coronavirus Francesco Paolo Figliuolo sta pensando a un piano per dare gratuitamente le mascherine del tipo FFP2 a tutti gli studenti che prendono i mezzi pubblici per andare a scuola. Lo ha reso noto la regione Toscana in una nota dopo che questa idea era stata proposta in un’intervista a Repubblica dal sindaco di Firenze Dario Nardella.

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