Diventare Gran maestri di scacchi è troppo facile?

Un 12enne è appena diventato il più giovane di sempre, ma persino la federazione che assegna il titolo lo considera inflazionato

(Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)
(Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)
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Il titolo di Gran maestro è il più importante riconoscimento per uno scacchista. È assegnato dalla Federazione Internazionale degli Scacchi (FIDE) sulla base di uno specifico punteggio (l’Elo) e di alcuni risultati ( le “norme”) ed è un titolo a vita, che può essere revocato solo se viene accertato che uno scacchista ha barato. Di “grandi maestri” degli scacchi si parlava già nell’Ottocento ma è solo nel 1950 che la FIDE ne formalizzò il riconoscimento, che fu assegnato immediatamente a 27 scacchisti e per il quale vennero stabiliti i requisiti.

Negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta il titolo di Gran maestro continuò a essere riservato a pochissimi: «per tre decenni, i Gran maestri erano davvero una rarità» ha scritto il New York Times, «gli scacchisti conoscevano non solo il nome ma anche lo stile di gioco di ognuno, e ad ogni torneo i Gran maestri erano trattati come celebrità».

Dagli anni Ottanta, più o meno di pari passo con una generale crescita dell’interesse per gli scacchi, le cose sono cambiate. Perché più erano gli scacchisti e maggiori erano le possibilità che qualcuno diventasse Gran maestro. Ma anche perché, visto che alla FIDE faceva comodo che ci fosse almeno un Gran maestro in ogni paese, i requisiti per diventarlo furono ammorbiditi. Per questo – e in parte anche in conseguenza dell’arrivo dei computer, che resero più semplice allenarsi e studiare possibili mosse – i Gran maestri, che negli anni Settanta erano ancora meno di cento, divennero centinaia e sono oggi circa duemila.

Ne consegue che il titolo di Gran maestro sia per molti versi inflazionato. «Esserlo non è più la stessa cosa di un tempo», scriveva già nel 2008 il New York Times, che oggi osserva come attualmente «solo i trenta migliori scacchisti possono sperare di costruirsi una vera carriera nel gioco», che permetta di essere conosciuti, vincere premi in denaro e ottenere sponsorizzazioni di vario genere.

Siccome essere Gran maestro non sembra più bastare, si è quindi accentuato l’interesse – che comunque c’è da tempo – per diventarlo il prima possibile. O, molto meglio ancora, per diventare il più giovane Gran maestro di sempre.

È un primato che per qualche tempo era appartenuto allo statunitense Bobby Fischer, che nel 1958 divenne Gran maestro a 15 anni e 6 mesi di età. Dagli anni Novanta, il record è stato più volte superato e abbassato: l’ultima volta pochi giorni fa, quando lo statunitense Abhimanyu Mishra è diventato Gran maestro a 12 anni, 4 mesi e 5 giorni.


Essere il più giovane Gran maestro di sempre – un primato che grandi scacchisti come Garry Kasparov o Magnus Carlsen non hanno mai avuto – può davvero permettere di farsi notare e diventare un «trampolino» verso una grande e remunerativa carriera. Come è stato per esempio nel caso di Sergey Karjakin, che nel 2002 lo divenne a 12 anni e 7 mesi e che ha conservato il primato fino all’arrivo di Mishra.

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Tutto questo ha portato a una evidente esasperazione verso l’ottenimento del primato, che qualche Gran maestro ha criticato apertamente. Il New York Times scrive: «il fatto che a certi tornei ci siano accordi tra giocatori e organizzatori per far sì che certi scacchisti ottengano le “norme” [che è un modo di valutare le prestazioni a un torneo, tenendo conto anche del livello degli avversari] richieste per diventare Gran maestri è un segreto di Pulcinella».

La versione più estrema è pagare un avversario affinché accetti di perdere, ma ci sono anche altre vie meno drastiche, che permettono di manipolare l’andamento dei tornei pur rispettando le tante regole previste dalla FIDE. Questi tornei talvolta sono noti come “fabbriche di norme”, poiché organizzati quasi solo per permettere a un certo scacchista di diventare Gran maestro, meglio se il più in fretta possibile e giocando sempre contro gli stessi avversari, così da impararne le mosse e gli stili di gioco.

Parlando del suo cane, il vicepresidente FIDE e forte scacchista Nigel Short ha detto: «ritengo che, se davvero volessi impegnarmici, potrei farlo diventare Gran maestro».

Senza accusarlo in modo diretto, il New York Times ha scritto che anche nel caso del primato di Mishra – nato in New Jersey nel febbraio 2009 – e soprattutto della sua gestione da parte della sua famiglia c’è stato tutto un lavoro di preparazione e organizzazione che poco aveva a che fare con il talento del giovanissimo scacchista, che si dice abbia imparato a giocare a due anni e mezzo.

Il New York Times parla di una vera e propria «campagna», lanciata dal padre di Mishra per fargli battere il primato che per anni era stato di Karjakin. Tra le altre cose, Mishra è stato per esempio portato a Budapest, in Ungheria, per partecipare in poco tempo a tanti tornei diversi, tutti finalizzati a farlo diventare Gran maestro. Il padre ha detto inoltre che, in tutto, per far diventare il figlio Gran maestro ha dovuto investire qualcosa come 270mila dollari, una parte dei quali ottenuti tramite una donazione online. Quei soldi, ha scritto il New York Times, sono stati utili per «comprare piccoli vantaggi nel calendarizzare gli incontri, nello scegliere gli avversari, nel guadagnare tempo». E per permettergli di giocare 70 partite in 78 giorni, a volte anche più di una partita al giorno, tutte finalizzate all’ottenimento del primato il prima possibile.

Anche nel caso di Karjakin si è parlato, in questi anni, di tutta una serie di elementi quantomeno non del tutto limpidi su come si svolsero le sue ultime partite prima che diventasse Gran maestro.

La FIDE sembra essere ben consapevole di questi problemi, e lo stesso Arkady Dvorkovich, presidente della federazione, ha ammesso che a certi tornei non c’è grande competizione e ha aggiunto che è evidente che certi Gran maestri che lo sono da anni e che lo rimarranno a vita potrebbero non impegnarsi proprio al massimo per battere dei giovani talenti interessati a diventarlo a loro volta.

Riformare il sistema che permette di diventare Gran maestri non è però facile. Short ha detto di averci provato, ma ha aggiunto che ormai è parecchio difficile e che, tra l’altro «non serve a niente chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi».

In maniera informale, comunque, nel contesto degli scacchi si è affermato il concetto di “super Gran maestro”, con cui si fa riferimento ai pochi scacchisti con un punteggio ancora più alto di quello dei comuni Gran maestri.

Mishra, intanto, è impegnato attualmente nella Coppa del mondo di scacchi.