“Friends” va benissimo per imparare l’inglese

Perché è parlato facile, ambientato in un contesto semplice e con temi chiari e piuttosto universali, ma forse ve ne eravate già accorti da soli

Dopo la recente reunion dei suoi sei protagonisti, si è tornati a parlare di Friends – che andò in onda per 236 episodi divisi in 10 stagioni tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila – e delle tante e varie forme del suo successo. Descritta come «l’archetipo della sitcom ottimista anni Novanta», Friends si guadagnò subito un grande numero di estimatori e col tempo ne ha guadagnati molti di nuovi, spesso tra chi da paesi non anglofoni iniziò a guardarla in inglese, magari in streaming o (almeno all’inizio) anche in DVD. A questo proposito il New York Times ha ricordato in questi giorni che Friends sembra avere anche il merito di aver insegnato l’inglese a molti.

«È un fenomeno che iniziò già negli anni Novanta» ha scritto il New York Times «ed è sopravvissuto anche nelle successive generazioni: giovani per i quali l’inglese non è la prima lingua sembrano gradire molto la possibilità di imparare l’inglese con questa sitcom».

I motivi sono semplici e hanno a che fare anzitutto con il fatto che Friends è una serie che ancora oggi, a diciassette anni dal suo ultimo episodio, continua a piacere molto. Perché certi suoi temi sono abbastanza generali per poter essere ancora attuali, perché i suoi dialoghi e le trame dei suoi episodi non sono mai troppi difficili e perché, sebbene abbia molto a che fare con la cultura statunitense e con la città di New York, è comunque considerata una serie accessibile. Della quale è possibile non capire qualche battuta, magari legata a qualche specificità culturale, ma della quale è davvero difficile non cogliere il senso generale di quel che sta succedendo.

Rachel Smith – fondatrice del sito di corsi per imparare l’inglese Rachel’s English – ha raccontato che i contenuti legati a Friends sono in effetti molto popolari e che a suo modo di vedere funzionano meglio di quelli di altre serie popolari come Seinfeld e The Big Bang Theory: la prima perché troppo “cruda” e specificamente newyorkese, la seconda per un suo frequente sfociare in “cose scientifiche da nerd”.

Kim Sook-han, 45enne sudcoreana nota per i suoi video su YouTube in cui racconta il suo apprendimento dell’inglese, ha spiegato per esempio di apprezzare la serie per come l’ha aiutata a capire la cultura americana, oltre che la lingua.

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Secondo il New York Times, Friends offriva e ancora offre comunque «un amalgama quasi perfetto di inglese facile da capire e di scene di vita vera che possono sembrare familiari anche a chi vive a migliaia di chilometri di distanza dal West Village di Manhattan».

La popolarità di Friends come mezzo per l’apprendimento dell’inglese si basa perlopiù su resoconti personali di persone famose (alcuni dei quali raccontati un paio di anni fa dal Guardian) e più specifici casi ed esempi di vario genere: tra gli altri, quello del successo dei video a tema Friends del canale YouTube “Learn English with TV Series”, che ha oltre quattro milioni di iscritti.


Quando si parla dell’efficacia di Friends per l’apprendimento dell’inglese, si finisce poi sempre per citare, come fece Variety qualche tempo fa, uno studio del 2012 secondo cui l’82 per cento degli intervistati disse di usare le serie per imparare l’inglese, e il 26 per cento di loro disse di usare più che altro Friends, che si posizionò prima in quella classifica, con gran distacco sui Simpsons e su How I Met Your Mother, rispettivamente menzionate dal 7 e dal 6 per cento degli intervistati.

Variety parlò della questione con David Crane, uno dei creatori della serie, che disse di essere molto divertito dalla cosa, visto che Friends era stata pensata e scritta per essere parlata con un inglese parecchio colloquiale, come qualcosa che fosse ben distante da un «manuale di grammatica», e di certo senza avere per la testa il pensiero che il successo della serie potesse essere determinato anche da tutti quelli che l’avrebbero guardata fuori dagli Stati Uniti, però in inglese.

Secondo Ángela Larrea Espinar, professoressa del dipartimento di Lingua e letteratura inglese dell’Università di Cordoba in Spagna, in effetti, da un paio di decenni l’insegnamento delle lingue straniere si sta spostando da un approccio “comunicativo”, che si concentra molto sulla grammatica, verso uno che incoraggi invece la comprensione interculturale. «La cultura è difficile da insegnare, e se ti basi sui libri spesso ti ritrovi con degli stereotipi», ha detto al New York Times.

In questo senso, invece, seppur con diversi momenti a loro modo problematici (specie secondo certi standard attuali) e seppur con i suoi problemi di rappresentazione (i suoi protagonisti sono tutti benestanti, bianchi ed eterosessuali, alcuni dei quali molto spaventati dal fatto che qualcuno potesse pensarli gay), era ed è un prodotto della cultura statunitense. Che non era fatto per spiegarla, ma che per forza di cose finì per rappresentarla.

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