Il fermoimmagine di “Thelma & Louise”

Trent'anni fa i primi spettatori videro l'auto delle due protagoniste in fuga lanciarsi nel vuoto, ed entrare nella storia del cinema

Trent’anni fa, il 20 maggio 1991, al Festival di Cannes veniva presentato Thelma & Louise, diretto da Ridley Scott e con protagoniste Geena Davis e Susan Sarandon. Interpretavano rispettivamente Thelma Yvonne Dickinson e Louise Elizabeth Sawyer: due amiche, una casalinga e l’altra cameriera, che senza dirlo ai rispettivi compagni partivano alla guida di una Ford Thunderbird del 1966 per un fine settimana di libertà. Il film, che in Italia sarebbe arrivato solo a settembre, iniziava così:


Ma è ben più famoso il suo finale, dopo oltre due ore di film in cui il tranquillo weekend di libertà si trasformava in una fuga in Messico delle due, necessaria dopo l’omicidio da parte di Louise dell’uomo che voleva stuprare Thelma. Le protagoniste, nel frattempo, avevano a che fare con un rapinatore interpretato da un non ancora trentenne Brad Pitt con degli scolpitissimi addominali, tutti inseguiti dal buon detective Hal Slocumb, interpretato da Harvey Keitel.

Sempre a bordo della Ford Thunderbird del 1966, Thelma e Louise terminavano la loro fuga davanti al Grand Canyon, con un grandissimo (e secondo il detective eccessivo) dispiegamento di mezzi e forze della polizia alle loro spalle, e con un profondissimo strapiombo davanti. Dopo un rapido scambio, e di fronte alla prospettiva di arrendersi ed essere condannate per omicidio, sceglievano il suicidio.

«Non torniamo indietro» dice Thelma: «non fermiamoci». Louise, alla guida, ci pensa, la guarda, le sorride, le chiede se è sicura, le sorride ancora, la bacia e avvia il motore. Con il detective che capisce e prova inutilmente a rincorrerle (in una corsa al rallentatore). Ma non può fare niente, perché nel frattempo – con in sottofondo una musica di Hans Zimmer – l’auto è saltata nel vuoto.

Il fatto, con il finale di Thelma & Louise, è che però non la si vede cadere e andare in fiamme. Mentre la Ford Thunderbird del 1966 è ancora sospesa in aria, il film si chiude con un fermoimmagine che sarebbe diventato uno dei più celebri nella storia del cinema, e con lo schermo che lentamente si fa bianco.


 

Thelma & Louise fu subito molto apprezzato per il suo originale approccio a quel tipo di film, quasi sempre con protagonisti maschili, noto come “buddy film”. E in molti intuirono piuttosto presto che sarebbe potuto diventare un classico, un film ricordato, rivisto e citato ovunque, dal videogioco GTA V al video di “Bitch Better Have My Money” di Rihanna.

Fu di certo merito dell’interessante sceneggiatura scritta da Callie Khouri, della regia di Scott (che arrivava da film di tutt’altro tipo come Alien, Blade Runner o Black Rain), degli attori non protagonisti e soprattutto delle attrici protagoniste (scelte dopo che all’inizio si era pensato a Michelle Pfeiffer e Jodie Foster). Ma ci sono buoni motivi per sostenere che se Thelma & Louise è diventato quello che è diventato fu per buona parte merito di quell’ultima scena, e ancor più di quell’ultimissimo fermoimmagine.

Era infatti un finale drammatico, che però si fermava appunto un attimo prima di mostrare il dramma, lasciando le sue protagoniste letteralmente sospese. Un finale spesso paragonato a quello di Butch Cassidy, film del 1969 in cui Paul Newman è appunto Butch Cassidy e Robert Redford fa Sundance Kid, due delinquenti del vecchio West. In entrambi i casi, tutto lascia sospettare un esito tragico, ma il fatto di non vederlo davvero fa tutta la differenza del mondo.


In questo senso, il finale di Thelma & Louise non è il finale per esempio di Inception: non è un finale aperto, ambiguo o enigmatico, che si presta a diverse possibili congetture o interpretazioni. È un finale che non lascia dubbio su quel che succederà tre secondi dopo, ma che tuttavia riesce a dare una sensazione che secondo certe analisi «sa quasi di speranza», e che per molti versi sa di libertà più che di resa, di vittoria più che di sconfitta. Un motivo, tra l’altro, per cui qualcuno criticò il film, in particolare temendo l’effetto emulativo che poteva avere per qualcuno, per quella sua rappresentazione di quello che a conti fatti è da considerarsi un suicidio (cosa che però accade in diversi altri film, a partire da Butch Cassidy).

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Qualche anno fa Davis (che per chi si confonde è Thelma) raccontò che a differenza di quanto accade spesso, l’ultima scena di Thelma & Louise fu effettivamente l’ultima scena della produzione del film: «l’ultima cosa dell’ultimo giorno di riprese». Sarandon aggiunse che «era quasi il tramonto e si poteva girare quella scena solo una volta», e che fu sua l’idea di far baciare Louise e Thelma, e che quando propose la cosa a Scott lui rispose: «Ok, provaci».

Quel tipo di conclusione, con le due che decidevano di non arrendersi, era già previsto nella sceneggiatura. E Sarandon raccontò che non appena incontrò Scott a inizio riprese si accertò del fatto che lui volesse davvero farlo finire in quel modo. Sarandon ricordò di avergli chiesto: «Lo farai davvero […] o quando ci saranno proiezioni di prova che lasceranno gli spettatori delusi deciderai di girare un altro finale in cui Thelma e Louise sopravvivono?». Ricordò poi che Scott rispose così: «Posso dirti con certezza che Louise morirà, ma non sono ancora sicuro per Thelma, potresti per esempio spingerla fuori dall’auto o cose simili».

Per quanto se ne sappia, quell’altro finale non fu mai girato. Ne fu però montato uno un po’ diverso da quello poi scelto, che fu messo tra i contenuti speciali di una versione DVD del film. In quest’altro finale alternativo le due saltavano comunque verso lo strapiombo (e quindi la loro fine restava la stessa), ma anziché finire con il fermoimmagine, il film andava avanti qualche altro secondo, con un’ultimissima scena – evidentemente simbolica – in cui la Ford Thunderbird del 1966 continua la sua corsa. In quest’altra versione, anziché la musica di Zimmer in sottofondo c’era “Better Not Look Down” di B.B. King.


Come succede sempre, non è però che il finale di Thelma & Louise piacque proprio a tutti. Roger Ebert, per esempio, scrisse che gli stavano bene il fermoimmagine e la dissolvenza a bianco, ma che a suo modo di vedere erano fatti entrambi «con eccessiva fretta», anche perché tra l’altro nei titoli di coda erano seguiti da una serie di allegre immagini e da una «vivace canzone country». Ebert scrisse:

«È spiazzante appassionarsi a un film che ci mette 128 minuti per portarti fino a un momento che il regista stesso sembra temere. Se Scott avesse lasciato l’ultima scena durare altri sette o dieci secondi, e se avesse reso più lunga la dissolvenza a bianco, allora sarebbe stato un finale migliore. Può essere che una scena faccia una così grande differenza? In questo caso sì».


 

Di certo, a prescindere dal gusto di Ebert, Thelma & Louise fece un grande uso del fermoimmagine, una tecnica molto semplice, diretta ed efficace che è (e già era allora) molto usata, fino a diventare un tropo cinematografico e anche un meme. Anche guardando oltre Butch Cassidy, tuttavia Thelma & Louise non fu di certo il primo a scegliere di usarla, e forse nemmeno il più famoso e ricordato in assoluto.