(Will Smith in "Men in Black")
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Cose che avete di sicuro già visto al cinema

Dritte per riconoscere Mr. Spiegazione, la Flandersizzazione, e altri tropi narrativi: «i mezzi che chiunque ha una storia da raccontare usa per raccontare quella storia»

(Will Smith in "Men in Black")

I tropi narrativi sono cose ricorrenti usate per semplicità, comodità – e a volte pigrizia – da chi pensa o racconta storie di ogni tipo: romanzi, fumetti, film o serie tv. Sono frasi, evoluzioni della trama, tipi di personaggi, dialoghi e meccanismi che vengono usati spesso e diventano quindi delle convenzioni narrative o addirittura degli stereotipi. TV Tropes è una wiki – un’enciclopedia partecipativa e online, come Wikipedia – dedicata ai tropi narrativi (non solo della tv). Il sito dice che i tropi sono «i mezzi che chiunque ha una storia da raccontare usa per raccontare quella storia». Dice anche che «i tropi possono essere nuovissimi e sembrare triti e ritriti o avere migliaia di anni e sembrare freschi e nuovi» e che «non sono né buoni né cattivi: sono strumenti». Visto che TV Tropes è un’enciclopedia (con una piccola parte anche in italiano), la cosa bella è passare di pagina in pagina seguendo la curiosità: per farvi prendere la mano abbiamo raccolto alcuni dei più interessanti tropi narrativi che spiega e di cui offre molti esempi.

I tropi narrativi possono essere un po’ di tutto – il cellulare che non prende proprio quando serve, la ragazza bionda bella e tonta, i criminali che si radunano per l’ultimissima rapina, il pazzo a cui viene l’idea geniale che salva tutti, i tanti cattivi con una pessima mira che attaccano il buono uno per volta, eccetera eccetera – ma non sono di tutto. Film e serie tv sono per esempio pieni di persone che siedono su poltrone, ma non è un tropo perché non è una «convenzione utilizzata nella narrativa per mandare un certo messaggio al pubblico». È una cosa che succede nei film perché succede anche nella vita vera, tutto qui. Altro avvertimento: i tropi narrativi potrebbero rovinarvi la vita. Potreste iniziare a farci sempre più caso e gustare sempre meno le cose che guardate. Oppure postreste imparare a farci caso e apprezzare i film e le serie tv che ci giocano, che ne usano pochi e li usano bene o, semplicemente, gustarvi qualcosa nonostante sia strapieno di tropi narrativi di ogni tipo.

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Il sangue dal naso del sensitivo

È difficile rendere per immagini cosa fa, cosa prova e quanto soffre un personaggio che fa qualcosa di paranormale, che usa il suo pensiero per fare cose che la gente normale non può fare. Per far capire che lo sta facendo o che l’ha appena fatto succede spesso che si scelga di far vedere che gli esce del sangue dal naso. L’esempio che vi è più probabilmente venuto in mente riguarda Eleven, la protagonista di Stranger Things, ma di recente potreste aver visto la stessa cosa anche in The OA o, per motivi leggermente diversi, in The Get Out.

Manic Pixie Dream Girl

Manic Pixie vuol dire “folletto frenetico” ed è un tipo di personaggio femminile, definito una decina d’anni fa dal critico cinematografico Nathan Rabin, che ne parlò dopo aver visto in personaggio di Kirsten Dunst in Elizabethtown. Scrisse che è «quello spumeggiante e superficiale personaggio cinematografico che esiste solo nella febbrile immaginazione di sceneggiatori e registi, e ha lo scopo di insegnare a uomini pensierosi ad abbracciare la vita, le sue avventure e i suoi infiniti misteri». Rabin ha poi detto che altri hanno abusato di questa definizione, ma è indubbio che ci siano stati e ci siano ancora personaggi che vi rientrano. I confini dei tropi sono sempre indefiniti, ma se volete qualche altro esempio: lo è un po’ il personaggio di Zooey Deschanel in 500 giorni insieme, lo è in modo molto contorto il personaggio di Marla Singer in Fight Club, lo è il personaggio di Kate Hudson in Almost Famous, lo è secondo alcuni il personaggio di Leonardo DiCaprio in Titanic. Secondo qualcuno lo è, se l’avete visto, il personaggio femminile della seconda stagione di Master of None.

Magical Negro

Nel parlare della Manic Pixie Dream Girl, Rabin fece riferimento a quest’altro tropo narrativo. È un personaggio-stereotipo che è messo lì solo per portare saggezza (o addirittura qualcosa di magico) che possa aiutare il protagonista, molto spesso bianco. Il primo a usare questo termine per parlare di questo tropo narrativo fu Spike Lee durante una sua lezione universitaria. Se state cercando un esempio, pensate al personaggio afroamericano di Il miglio verde. Il personaggio di Da Mayor di Fa’ la cosa giusta di Lee può essere invece considerato una sorta di presa in giro di questo ruolo: è anziano, vorrebbe fare il saggio che aiuta gli altri con i suoi consigli ma non se lo fila praticamente nessuno.

Rule of cool

Più che un semplice tropo narrativo, questa è una regola generale da tenere presente di fronte a molti tropi narrativi. Dice, in breve, che più una cosa è fica e più gli spettatori saranno disposti a farsi poche domande sulla sua plausibilità. È da accompagnarsi alla Massima di Bellisario, dal cognome di un produttore che nel 1990, a un incontro pubblico in cui si parlava della serie tv In viaggio nel tempo, rispose a una fan che faceva troppe domande troppo insistenti e dettagliate: «Non esaminare questa cosa troppo a fondo». Esistono, e funzionano allo stesso modo, la Regola del divertente, la Regola del carino e la Regola del terrificante. Un’altra cosa interessante riguarda la “logica del frigorifero”. Dice – e pare sia molto in voga tra gli sceneggiatori – che non si deve prestare attenzione a ogni singolo dettaglio di coerenza della trama. Se uno spettatore si accorge di qualcosa che non va solo dopo, a fine film o fine puntata, mentre apre il frigorifero per prendere qualcosa, va bene: l’importante è che non ci abbia fatto caso mentre era davanti allo schermo.

Mr. Exposition

Una delle regole base di chi scrive storie per il cinema o la tv è “show, don’t tell” (mostralo, non spiegarlo): fai capire che un personaggio fa il postino, è divorziato e sogna di fare la rockstar senza fargli dire queste cose, ma facendo vedere cose che facciano emergere quei dettagli (una divisa, il segno della fede che non c’è più, una chitarra in camera). Non sempre le trame si spiegano da sole, scena dopo scena. A volte arriva un personaggio – Il Signor Spiegazione – che mette le cose in ordine e fa un discorso che difficilmente qualcuno farebbe nella vita reale. A volte Il Signor Spiegazione parla – dicendo cose che magari i protagonisti sanno già ma vanno spiegate per bene al pubblico – dopo essere stato tirato in causa da una domanda apposita dal personaggio che assume il ruolo-tropo di The Watson (dal personaggio di Sherlock Holmes). È una cosa che si vede in molti libri gialli, in cui perché il detective possa spiegare come ha capito tutto quanto serve che qualcuno gli chieda come abbia fatto. TV Tropes scrive che è il ruolo principale del Signor Gibbs (o Mastro Gibbs) nei film della saga Pirati dei Caraibi: spiegare a uno dei personaggi, e quindi agli spettatori, cose su Jack Sparrow, sulla vita dei pirati e sulle leggende del mare.

Cecità al genere

È quella cosa per cui in molti casi si ha la sensazione che i protagonisti di un film horror non abbiano mai visto un film horror in vita loro. Più in generale: a determinate premesse seguirebbero nella realtà relative decisioni o, almeno, particolari attenzioni. Nei film spesso non funziona così, perché se così fosse non succederebbero cose e la trama si fermerebbe. Se volete esempi fuori dall’horror, TV Tropes parla di Zoe Barnes di House of Cards o di Roose Bolton di Game of Thrones. Sembra per esempio che nessuno dei protagonisti di The Walking Dead abbia mai visto un film sugli zombie, parola che tra l’altro nessuno di loro usa mai.

Il condotto di ventilazione

Ce n’è sempre uno, e c’è sempre qualcuno che non ci pensa quando ci rinchiude qualcun altro. E qualcuno che riesce a passarci e fare tutto quello che serve. Guardate la stanza in cui siete e cercate un condotto di ventilazione da cui potreste eventualmente scappare: molto probabilmente non c’è. È un tropo simile a quello che torna spesso comodo a MacGyver che viene chiuso in una stanza che contiene tutto il necessario per farlo scappare.

Born Sexy Yesterday

È un tropo narrativo usato soprattutto nella fantascienza. C’è una donna – giovane e bella – che si trova in un contesto di cui non sa nulla. La donna in questione si comporta in modo innocente, quasi infantile, come se fosse “nata ieri”, ma è anche molto sexy (seppur senza esserne cosciente): Born Sexy Yesterday. L’esempio migliore è probabilmente Leelo, il personaggio di Milla Jovovich in Il quinto elemento. Certe donne Born Sexy Yesterday finiscono in certi casi per diventare delle Manic Pixie Dream Girl.

Final girl

Nei film horror e più precisamente nei film slasher – quelli in cui uno o più maniaci assassini cercano di uccidere un gruppo di persone, di solito rinchiuso in un luogo piccolo o ostile – capita spesso che sopravviva una sola persona, spesso una ragazza. Magari quella che all’inizio sembrava avere meno possibilità di sopravvivere. A volte poi finisce che queste ragazze siano vittime della Sindrome da morte rapida nel sequel: sopravvivono al primo film e muoiono quasi subito nel secondo.

Flandersizzazione

Ned Flanders, il vicino di casa dei Simpson, all’inizio è una persona relativamente normale, con qualche fissazione per la religione e l’ordine. Man mano che la serie va avanti diventa sempre più fissato con l’ordine e le cose di chiesa. Succede a diversi personaggi di sitcom e serie tv, che col tempo diventano sempre più una macchietta, in cui una qualche loro caratteristica è estremizzata e portata all’eccesso (spesso perché gli autori si sono resi conto che funziona particolarmente).

Gli zigomi dei cattivi

Senza tirare in ballo Cesare Lombroso – secondo il quale, in sintesi, i criminali avevano determinate caratteristiche, anche fisiche – TV Tropes scrive: «Guardatevi intorno. Se nella stanza in cui vi trovate c’è qualcuno con gli zigomi particolarmente prominenti, evidenti, alti? Sì? Ci sono buone possibilità che quel qualcuno stia per farvi del male». Non è ovviamente così, ma lo è secondo certe scorciatoie usate nel cinema e nella tv. Un altro tropo narrativo di questo tipo si chiama “Lean and Mean” (magro e cattivo): se un personaggio è magro, ci sono buone possibilità che sia il cattivo. Pensate a Crudelia De Mon.

cattivoSentenza, il Cattivo di Il Buono, il brutto, il cattivo

«Non sei tu, è che ho dei nemici che…»

Questo tropo narrativo si verifica quando l’eroe protagonista – molto spesso un supereroe – deve lasciare la sua ragazza o non dichiararsi a quella che vorrebbe lo diventasse perché ha cose più importanti da fare (salvare il mondo), ma ancora di più perché sa che far sapere ai suoi nemici di essere innamorato corrisponderebbe a svelare una debolezza, al rendersi ricattabile. Succede in qualche film su Spider-Man, ma capita anche che il supereroe poi cambi idea o se ne freghi: Tony Stark, per esempio, dice di essere Iron Man e non fa segreto del suo interesse per Pepper Potts, il personaggio di Gwyneth Paltrow.

I babbani

Non solo quelli di Harry Potter, che se proprio non lo sapete sono quelli che non hanno poteri magici e vivono quasi sempre ignari dell’esistenza di un mondo magico. Sono, più in generale, tutti quei gruppi di persone che nei film, nei libri e nelle serie tv tirano avanti senza avere idea di tutto il magico, complicato, soprannaturale che li circonda. Anche Han Solo è, all’inizio di Star Wars, un babbano. Esiste la Forza ma lui non ci crede (anche questo è un tropo narrativo), c’è una guerra ma lui non vuole combatterla.

Title drop

Succede quando in un film, in un libro o in una serie tv un personaggio pronuncia il titolo di quella serie, di quel libro o di quel film. Drop vuol dire “lasciar cadere”. Spesso in modo enfatico, in un momento decisivo. Una sottocategoria di questo tropo è il “title drop finale”, quando il titolo è l’ultima cosa detta da un protagonista (o arriva comunque verso la fine del film).

Gilligan cut

Fu la prima voce a essere inserita in TV Tropes, nel 2004. È un meccanismo comico semplicissimo – per farlo bastano due scene e un rapido taglio tra l’una e l’altra – e si chiama così perché era particolarmente usato nella serie tv l’Isola di Gilligan, che andò in onda negli anni Sessanta. TV Tropes la spiega così: «C’è qualcuno che dice “Non farò mai questa cosa” e, non importa quante volta lo dica, ci sono poi buone possibilità che quel qualcuno finirà per fare quella cosa, per l’effetto comico conseguente». Ha due sotto-generi: il “taglio sul contrario” in cui qualcuno dice che qualcosa non succederà (o succederà) e poi succede (o non succede) e il “taglio sull’ordine”, in cui qualcuno dà un ordine e subito dopo qualcun altro lo esegue in modo completamente diverso e in genere molto più goffo.

donald_duck_gilligan_cut