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  • Mercoledì 28 aprile 2021

Cosa fu la “dottrina Mitterrand”

Una prassi avviata in Francia negli anni Ottanta, in un contesto particolarmente favorevole, garantì protezione a molti militanti estremisti italiani

François Mitterrand nel 1984 (AP Photo/William Stevens)
François Mitterrand nel 1984 (AP Photo/William Stevens)

Il motivo per cui i sette italiani condannati in Italia per reati di violenza politica commessi negli anni Settanta e arrestati mercoledì vivevano da anni in Francia in stato di libertà è la cosiddetta “dottrina Mitterrand”. Cioè una particolare pratica introdotta negli anni Ottanta dal presidente francese François Mitterrand e teorizzata dall’allora consigliere del governo Louis Joinet, con cui fino a oggi si sono concesse sul territorio francese ospitalità e sicurezza a cittadini italiani responsabili di violenza politica, purché non avessero più legami con la lotta armata.

La dottrina Mitterrand fu sviluppata e applicata in un contesto politico e culturale, quello della Francia degli anni Settanta e Ottanta, caratterizzato da orientamenti e sensibilità che erano più garantisti di quelli italiani riguardo alle accuse e ai processi per violenze e omicidi compiuti nel corso degli anni in cui fu attivo in Italia un terrorismo di estrema sinistra, anni che presero il nome di “anni di piombo”. Soprattutto, erano diffusi e argomentati il sospetto e le critiche verso le modalità con cui era stata condotta in Italia la lotta al terrorismo politico e con cui venivano celebrati i processi per i reati collegati. Questo approccio portò anche la sinistra più istituzionale a maggiori indulgenze e protezioni nei confronti dei condannati per azioni di lotta armata (anche in casi in realtà poco controversi, come quello di Cesare Battisti, che in Italia è stato poco difeso anche tra gli intellettuali di sinistra).

Alcuni storici ritengono che il momento in cui nacque la dottrina corrisponda a un discorso che Mitterrand tenne il primo febbraio 1985 al Palais des Sports di Rennes:

«Sì, ho deciso l’estradizione, senza il minimo rimorso, di un certo numero di uomini accusati d’aver commesso dei crimini. Non ne faccio una politica. Il diritto d’asilo, essendo un contratto tra chi ne gode e la Francia che l’accoglie, è sempre stato e sempre sarà rispettato […]. Mi rifiuto di considerare a priori come terroristi attivi e pericolosi degli uomini che sono venuti, in particolare dall’Italia, molto tempo prima che esercitassi le prerogative che mi sono proprie, e che si erano appena ritrovati qui e là, nella banlieu parigina, pentiti… a metà, o del tutto… non so, ma fuori dal giro».

Venti giorni dopo, Mitterrand tenne una conferenza stampa congiunta con l’allora presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi. Sia Mitterrand che Craxi erano esponenti socialisti, seppur appartenenti a partiti con storie e identità politiche che a quel tempo erano assai diverse, e negli anni in cui furono al potere ebbero buoni rapporti. Tuttavia, la piega che stava prendendo la politica francese sull’estradizione non poteva piacere all’Italia.

In quella conferenza, ritenuta un altro passaggio importante per la sanzione della pratica francese, Mitterrand specificò che in caso di acclarati crimini di sangue la Francia avrebbe concesso l’estradizione. In caso contrario però l’indicazione era di non concederla: «L’ho ripetuto poco fa al presidente [Craxi], non in risposta a ciò che mi ha chiesto di fare, ma in risposta a una serie di procedimenti legali intrapresi contro la Francia», disse Mitterrand.

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I cittadini italiani che allora beneficiarono della dottrina Mitterand in realtà si trovavano in Francia già da tempo, e indirettamente l’indicazione di offrire loro protezione era arrivata qualche anno prima, nel 1981, sulla base di una strategia chiesta esplicitamente dal primo ministro Pierre Mauroy. Si basava sul riconoscimento di due tipi di militanti, quelli “irriducibili” e quelli che potevano essere “normalizzabili”. E sulla teoria, rifiutata invece in Italia, che con gli estremisti si potesse dialogare, a patto che ci fosse un intermediario. 

Un altro elemento che contribuì alla formazione della dottrina fu l’intervento del ministro della Giustizia Robert Badinter, che nel 1982 modificò leggermente i criteri per cui la Francia avrebbe concesso l’estradizione, in un modo molto simile a quelli affermati poi nel 1985 da Mitterrand. La dottrina Mitterrand non fu delimitata e concretizzata in nessun tipo di legge, ma fu invece una prassi espressa attraverso annunci pubblici della più alta carica dello stato e seguita poi dai vari apparati. Probabilmente per questo i suoi contorni furono spesso poco chiari.

Un’impostazione come quella della dottrina Mitterrand si spiega meglio considerando alcune differenze della storia e della cultura politica francese rispetto a quelle italiane. Innanzitutto, in Francia non ci fu un periodo di violenze politiche drammatico come quello degli anni Settanta e Ottanta in Italia, quelli del terrorismo politico, delle gambizzazioni, dei rapimenti e delle esecuzioni compiuti dai gruppi di estrema sinistra, e delle stragi neofasciste che li precedettero e accompagnarono. Questo, secondo molte interpretazioni, fece sì che in Francia l’opinione pubblica sviluppasse orientamenti diversi e più tolleranti riguardo ai diritti individuali di ex terroristi o militanti estremisti: da una parte più distaccati, dall’altra meno consapevoli.

Il contesto culturale francese degli anni Settanta e Ottanta, poi, era influenzato da autorevoli e battaglieri intellettuali di sinistra che sostennero attivamente la dottrina e contribuirono al suo mantenimento, e coinvolsero spesso nel dibattito politico gli ex terroristi e i militanti extraparlamentari rifugiati.

La dottrina Mitterrand rimase ufficiosamente in vigore fino al 2002, quando venne estradato Paolo Persichetti su richiesta delle autorità italiane che stavano indagando sulla morte di Marco Biagi, rivendicata dalle Nuove Brigate Rosse. Nel 2003 il Consiglio di Stato francese, il più alto tribunale amministrativo del paese, dichiarò la dottrina Mitterrand priva di valore giuridico.

Oltre a Cesare Battisti e alle persone arrestate mercoledì, tra le quali insieme a diversi ex brigatisti c’è Giorgio Pietrostefani, fondatore del movimento Lotta Continua e condannato come mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi dopo un processo molto discusso, negli anni beneficiarono della dottrina Mitterrand persone condannate per reati non di sangue come il fondatore di Autonomia Operaia Toni Negri, e gli scrittori e militanti della stessa formazione Lanfranco Pace e Franco Piperno.

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