Un’altra canzone degli Aluminum Group

Di leggende del design, parabole del Vangelo e ritorni

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In Anna, la serie su Sky di Ammaniti, c’è un momento all’inizio in cui lei bambina è in macchina con sua madre e sta tenendo il broncio con solide e gravi ragioni. Sua madre non riesce a distrarla o a fare pace: e allora mette una canzone, e bastano pochi secondi e la bambina Anna cede e inizia a canticchiare allegra insieme a sua madre, dal sedile di dietro. Bella scena di potere delle canzoni.
La canzone è Big in Japan degli Alphaville, band tedesca con un curriculum piuttosto particolare: hanno fatto molti dischi, malgrado il successo internazionale sia stato momentaneo, ma non si può chiamarli meteore. Le loro due canzonette sono rimaste, letteralmente immortali, e non hanno mai smesso di riaffiorare: e soprattutto sono due, il doppio di quelle che lasciano di norma le meteore. Una è Big in Japan, l’altra, la ballatona, Forever young: entrambe hanno del kitsch da eurotrash degli anni Ottanta (qui ci sono loro in un playback russo due anni fa, e lui alla tv tedesca, sempre 2019), ma anche qualcosa di speciale che le ha fatte arrivare fin qui in indomite cover e recuperi vari.
Billie Eilish ha pubblicato 15 secondi di una canzone nuova.
Emma Madden, una giornalista che scrive per molte testate importanti, ha raccontato di avere intervistato St.Vincent (cantautrice di cui parlammo qui) per una di queste, ma che lei ha poi chiesto che l’intervista non fosse pubblicata, cosa poco spiegata e piuttosto anomala. Madden l’ha messa sul suo sito, poi l’ha dovuta rimuovere (è ancora qui).
Chiara Alessi, in una conversazione partita dal suo articolo di oggi sul Post e dalla sua titolazione, mi ha portato su una delle canzoni più famose intitolate al cambiamento delle cose, Todo cambia di Mercedes Sosa, la cui bellezza c’era già ma la cui popolarità fu assai accresciuta qui da quella scena del film di Nanni Moretti. Ma se ci mettiamo a fare la playlist delle canzoni dedicate alle cose che cambiano non la finiamo più.
Oggi compirebbe 60 anni Mike Francis, se non fosse morto nel 2009 per un tumore ai polmoni, a soli 49 anni. Si chiamava Francesco Puccioni, era di Roma, e fece diverse cose intorno alla musica italiana, ma si fece notare per una sua carriera da solista tra il pop e la disco negli anni Ottanta, e in particolare per Survivor, canzonetta con memorabili trovate di arrangiamento e melodiche tipiche del tempo.

Wheat and tare
Aluminum Group

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“Sono tanti anni che non ho notizie degli Aluminum Group”, avevo scritto un anno fa a proposito di un’altra loro bella canzone, quella vivace. Vedo che è apparsa qualche altra traccia della vita domestica di uno dei due fratelli, sui social network, e un video di famiglia con lui che canta Conversazione di Mina, a conferma di prolungate frequentazioni italiane. Ha anche pubblicato una cover di Love to know delle Marine Girls (la prima band di Tracey Thorn), che gli è venuta molto meglio.

“Loro due sono di Detroit, la band era di Chicago: col nome di una famosa serie di mobili per ufficio dei coniugi Eames, leggende del design. E c’era in tutta l’estetica e i suoni degli Aluminum Group un’attenzione alle cose “designed” e qualcosa di più simile a certo pop sintetico e raffinato britannico che alle cose americane: forse un po’ di Steely Dan, ecco, ma anche Joe Jackson anni Ottanta e Novanta”.

Wheat e tare sono il grano e il loglio, quelli del modo di dire che viene da una parabola del Vangelo (il loglio e la zizzania sono la stessa cosa, lo sapevate?). Nella canzone lui dice di essere il loglio ma anche il meglio, e ci conta che lei torni da lui, a un certo punto. E come snocciola il verso “endlessly hoping to get your attention” è la cosa più bella di tutte.

Endlessly hoping to get your attention,
Then you will find out I’m the greatest thing ever,
Of course, then, you know we’ll both move in together


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