Il problema degli anziani non ancora vaccinati

Non sono pochi, oltre 700mila, e le regioni stanno cercando di capire come raggiungerli

di Isaia Invernizzi

Vaccinazioni a domicilio a Roma (Cecilia Fabiano/LaPresse)
Vaccinazioni a domicilio a Roma (Cecilia Fabiano/LaPresse)

Negli ultimi giorni nei centri vaccinali di tutta Italia si sono presentati sempre meno anziani perché le Regioni hanno quasi finito le somministrazioni alle persone con più di 80 anni che si erano prenotate finora: questo non vuol dire che in Italia siano stati vaccinati tutti gli anziani, anzi, ne mancano centinaia di migliaia che non hanno ancora aderito alla campagna per diverse ragioni. Per le Regioni e le aziende sanitarie non è facile capire come comportarsi con le persone che mancano, soprattutto perché non è previsto l’obbligo vaccinale ed è complesso capire le motivazioni che hanno spinto questi anziani a non prenotarsi.

Ci sono alcune possibili spiegazioni: molti anziani abitano in aree difficilmente raggiungibili, vivono da soli, non si informano, non sanno usare il computer oppure hanno preferito evitare di spostarsi per raggiungere il centro vaccinale, spesso lontano da casa. Secondo le testimonianze di molti medici, sono pochi gli anziani davvero convinti di non volersi vaccinare: tra le possibili ragioni della mancata adesione ci sono piuttosto i timori provocati dall’incertezza e dai messaggi contraddittori sull’efficacia dei vaccini. Per rispondere ai dubbi e alle richieste, le Regioni stanno coinvolgendo i medici di famiglia con più convinzione rispetto ai primi mesi della campagna: sono il contatto più naturale tra gli anziani e le aziende sanitarie.

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Questa fase della campagna vaccinale è particolarmente importante perché l’attenzione si è spostata sulle persone tra 60 e 80 anni oltre che sui cosiddetti “fragili”, e c’è il rischio di sottovalutare le conseguenze della mancata protezione di centinaia di migliaia di persone nella fascia d’età più a rischio. Non è un caso che nel piano vaccinale sia stata data la priorità agli anziani: con l’avanzamento della campagna ci si aspetta un calo significativo dei morti e dei ricoverati in terapia intensiva, come sta avvenendo nei paesi più avanti con le somministrazioni. Dimenticare queste persone potrebbe avere ripercussioni sull’andamento generale dell’epidemia.

Secondo gli ultimi dati disponibili, l’82% di chi ha più di 80 anni ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino – in Italia gli anziani sono quattro milioni e 419mila – e al 53,2% è stato somministrato anche il richiamo. Significa che tre milioni e 652mila anziani hanno ricevuto almeno una dose e che 766mila non hanno ancora aderito alla campagna vaccinale.

La situazione è diversa da regione a regione, perché ognuna ha organizzato il piano vaccinale in autonomia. C’è chi fin da subito ha dato priorità agli anziani, mentre molte Regioni hanno vaccinato anche altre categorie fino a quando non è arrivato il richiamo del presidente del Consiglio Mario Draghi e la conseguente circolare emanata dal commissario Francesco Figliuolo che ha obbligato le Regioni a procedere con le vaccinazioni esclusivamente per fasce d’età.

Il Veneto è la regione che ha raggiunto più persone: il 93 per cento degli anziani veneti ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino. La percentuale è alta anche in Toscana, 90 per cento, e in Lombardia dove è stato vaccinato l’87,9 per cento delle persone con più di 80 anni. Le Regioni sotto la soglia dell’80 per cento sono Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta.

Come si legge dai dati, i problemi sono soprattutto al Sud, in particolare in Sicilia dove solo il 60,6 per cento degli anziani ha ricevuto almeno una dose del vaccino. Il notevole ritardo rispetto alle altre Regioni si spiega con un’organizzazione piuttosto lenta e complessa. Inoltre va considerato che in Sicilia sono stati vaccinati molti più fragili e caregiver – 271.987 – rispetto alle altre Regioni: numeri che hanno suscitato qualche perplessità sulla correttezza delle dichiarazioni.

Una delle questioni più dibattute, e che interessa direttamente gli anziani, è il coinvolgimento dei medici di famiglia, che in molte zone della Sicilia hanno iniziato a somministrare i vaccini solo da pochi giorni. L’accordo tra la Regione e i sindacati dei medici è stato firmato l’8 marzo e tre settimane dopo, il 29 marzo, è stata pubblicata la circolare che spiega quante dosi potranno ricevere i medici, come dovranno gestirle, chi e come dovranno vaccinare. A causa dei tempi così lunghi, in Sicilia molti medici di famiglia hanno ricevuto le prime dosi del vaccino dieci giorni fa e hanno potuto rispondere alle tante richieste dei loro pazienti solo negli ultimi giorni.

Secondo alcuni medici sentiti dal Post, moltissimi anziani non sono stati ancora vaccinati perché abitano in comuni lontani dai grandi centri e attendono l’arrivo in casa del medico di famiglia. «Abitiamo negli stessi paesi dei nostri assistiti, conosciamo le famiglie e abbiamo curato nonni e nipotini: c’è un rapporto di fiducia», spiega Luigi Galvano, segretario regionale della FIMMG, il principale sindacato dei medici. «Se ci avessero coinvolto prima, in Sicilia avremmo vaccinato molte più persone».

Anche in Puglia la Regione si è affidata ai medici di famiglia per capire se ci sono particolari motivazioni che hanno convinto gli anziani a non prenotare il vaccino. Sono stati incrociati i dati delle persone già vaccinate con quelli dell’anagrafe sanitaria e i nominativi sono stati inviati ai medici, che dovranno contattare i loro assistiti. In questo modo si spera di rispondere a tutte le richieste degli anziani che non sono riusciti a prenotare la somministrazione o non riescono a raggiungere i punti vaccinali. «Certo, ci sarà anche chi invece non vuole vaccinarsi, ma è importante comunque raggiungerlo», ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità, Pierluigi Lopalco. «L’obiettivo è arrivare al 90 per cento».

Qualche convinzione antivaccinista in più sembra esserci in Valle d’Aosta, dove al momento il 77% degli anziani ha ricevuto almeno una dose nonostante sia una delle Regioni che nelle ultime settimane sono riuscite a mantenere ritmi di vaccinazione più alti. Nunzio Venturella, segretario regionale della FIMMG, spiega che molte persone con più di 80 anni hanno espresso un certo scetticismo nei confronti della vaccinazione contro il coronavirus e che il caos comunicativo dell’ultimo mese ha sicuramente influito. Un altro problema rilevante sembra essere la mancanza di dosi. Secondo Venturella, il fatto che la Valle d’Aosta utilizzi tutti i vaccini a disposizione è il sintomo che ne servirebbero di più.

Fino a due settimane fa, la Toscana era la regione che stava vaccinando meno anziani, ultima in classifica subito dopo la Sicilia. Dopo aver bloccato le somministrazioni a tutte le altre categorie inserite nella campagna vaccinale in deroga alle indicazioni, negli ultimi giorni sono stati chiamati migliaia di anziani che erano in coda: la copertura di questa fascia d’età è tornata al livello delle migliori Regioni italiane anche se ci saranno inevitabili ritardi sull’andamento dei richiami.

Come è avvenuto anche in altre Regioni, mercoledì e giovedì la Toscana ha aperto i punti vaccinali agli anziani senza appuntamento. Secondo gli obiettivi dichiarati dalla Regione, il 25 aprile si concluderà la campagna vaccinale agli anziani: una scadenza che però non tutte le province sono sicure di rispettare. Alessandro Squillace, coordinatore dei medici di famiglia della Versilia, ha detto al Tirreno che il traguardo è vicino anche se alcuni assistiti contattati dai medici non faranno comunque il vaccino per questioni di salute o per scelte personali. Alcuni anziani hanno manifestato dubbi nei confronti del vaccino di Pfizer-BioNTech, assumendosi il rischio delle eventuali conseguenze di un’infezione. Squillace ha spiegato che i ritardi ci sono stati e che l’esperienza acquisita con le somministrazioni agli anziani consentirà di organizzare meglio la campagna per le altre fasce d’età e procedere con ritmi sempre più veloci.

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Un’altra regione che ha recuperato dopo un inizio disastroso è stata la Lombardia, che dopo la sostituzione del sistema di prenotazione con la piattaforma di Poste Italiane ha aumentato notevolmente il numero di somministrazioni giornaliere. Anche in Lombardia, come in Toscana, sono stati organizzati giorni di apertura dei centri vaccinali a tutti gli anziani che non si erano ancora prenotati.

– Leggi anche: Il caos delle vaccinazioni in Lombardia

Oltre al contatto diretto dei medici di famiglia, un altro metodo per raccogliere le ultime adesioni è stato garantito dal sistema di Poste Italiane che consente di prenotare l’appuntamento direttamente dai postini, in pochi semplici passaggi. Al momento, in Lombardia sono stati prenotati dai postini 11.900 appuntamenti sui 15mila totali a livello nazionale. Il problema degli anziani mancanti, però, non è stato ancora risolto del tutto. «Tra i prenotati, alcuni non rispondono, forse per aver dato il numero di telefono sbagliato», ha detto il direttore generale del Welfare, Giovanni Pavesi. «Con l’aiuto dei comuni cerchiamo di setacciare quest’ultima parte di cittadini».

Nel resto d’Italia sono state organizzate anche iniziative più singolari per incentivare gli ultimi anziani a vaccinarsi. Sabato 17 aprile, nei padiglioni della fiera di Padova c’è stato un cosiddetto un Vax Day: durante la mattinata il mercato alimentare ha messo a disposizione frutta omaggio – banane, arance e mele – per tutte le persone che si sono presentate per vaccinarsi, mentre nel pomeriggio si è tenuto un concerto dell’Accademia Filarmonica School of Music di Camposampiero. I numeri dicono che l’iniziativa ha funzionato: oltre ai 700 anziani prenotati, si sono presentate 200 persone senza prenotazione.