Il caos delle vaccinazioni in Lombardia

La Regione ha incolpato dei continui problemi e disservizi la società ARIA, a cui la giunta stessa, di centrodestra, aveva affidato la gestione della campagna vaccinale

Ospedale Niguarda, Milano (ANSA/Mourad Balti Touati)
Ospedale Niguarda, Milano (ANSA/Mourad Balti Touati)

In Lombardia, la lentezza e il caos organizzativo della campagna vaccinale hanno convinto la giunta di centrodestra a cambiare i vertici di ARIA spa, la società della Regione a cui è stata affidata la gestione delle prenotazioni e degli appuntamenti nei centri vaccinali. Da quando le vaccinazioni sono state estese alle persone con più di 80 anni, un mese fa, non passa giorno senza disguidi e proteste per la pianificazione inadeguata e i continui disservizi.

Migliaia di anziani sono in attesa di una conferma di appuntamento o quanto meno di una risposta dalla Regione. Ma i problemi sono tanti anche per chi è riuscito a prenotare: in molti centri vaccinali sono stati fissati più appuntamenti rispetto alle dosi a disposizione e si sono creati assembramenti; oppure, al contrario, non si è presentato nessuno perché gli appuntamenti non erano stati confermati via sms. Molti anziani hanno dovuto raggiungere centri vaccinali a decine di chilometri da dove abitano, anche fuori provincia, e in alcuni casi le conferme telefoniche sono arrivate in ritardo rispetto alle date fissate per la vaccinazione.

Le responsabilità del caos sono state imputate totalmente ad ARIA spa, acronimo di Azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti, che gestisce tutti i servizi informatici per la Regione.

Cos’è ARIA
Nata nel 2019 dalla fusione di tre aziende regionali – Azienda Regionale Centrale acquisti (ARCA), Lombardia informatica (LISPA) e Infrastrutture lombarde (ILSPA) – ARIA venne creata su spinta di Davide Caparini, assessore regionale al Bilancio. Come presidente fu scelto Francesco Ferri, dell’area di Forza Italia. L’obiettivo dell’azienda era di centralizzare gli acquisti e ridurre gli sprechi.

Lo scorso anno, ARIA fu coinvolta nel caso dei camici forniti alla Lombardia dall’azienda Dama S.p.A., di proprietà di Andrea Dini, cognato del presidente Attilio Fontana, e partecipata al 10 per cento dalla moglie del presidente, Roberta Dini. A luglio l’allora direttore di ARIA, Filippo Bongiovanni, indagato, chiese di essere destinato a un altro ruolo e al suo posto subentrò Lorenzo Gubian, ex direttore dell’unità operativa complessa dei Sistemi Informativi Azienda Zero, che gestisce la sanità in Veneto.

– Leggi anche: L’indagine su Attilio Fontana, spiegata

ARIA coordinò anche l’acquisto del vaccino per la campagna antinfluenzale, che in Lombardia iniziò in ritardo rispetto a molte altre regioni italiane e le cui dosi furono acquistate dalla regione a prezzi molto alti. A causa degli intoppi, in quella campagna non furono utilizzate 900 mila dosi per un valore di dieci milioni di euro.

Tutti i problemi della campagna vaccinale lombarda
Anche in Lombardia, come in tutte le altre regioni italiane, la campagna vaccinale era iniziata il 27 dicembre 2020 con la somministrazione delle prime dosi “simboliche” consegnate da Pfizer-BioNTech.

Già tra la fine dell’anno e l’inizio del 2021 in molte regioni non si era perso tempo, vaccinando subito gli operatori sanitari, ma la Lombardia era partita con qualche giorno di ritardo. «Abbiamo medici e infermieri che hanno 50 giorni di ferie arretrate. Non li faccio rientrare in servizio per un vaccino nei giorni di festa», aveva detto l’allora assessore al Welfare Giulio Gallera cercando di giustificare la scelta. Era stata una delle tante uscite che avevano convinto la maggioranza a sostituirlo, l’8 gennaio, con Letizia Moratti.

– Leggi anche: Il ritorno di Letizia Moratti

Il 2 febbraio era stata ufficializzata la nomina di Guido Bertolaso a «consulente del presidente per l’attuazione e il coordinamento del piano vaccini anti Covid». Bertolaso, in passato commissario per molte altre emergenze come il terremoto dell’Aquila e la crisi dei rifiuti in Campania, si era presentato con obiettivi ambiziosi. Aveva detto di voler vaccinare tutti i lombardi entro l’estate. «Vaccineremo per 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, se avremo i vaccini», aveva spiegato durante la conferenza stampa di presentazione.

Il 18 febbraio era stato sostituito anche il direttore generale del Welfare. Marco Trivelli, che nel giugno 2020 aveva preso il posto di Luigi Cajazzo, dimessosi dopo le polemiche per la gestione dell’emergenza, aveva lasciato il posto al nuovo direttore, Giovanni Pavesi.

Nelle ultime settimane, inoltre, il piano vaccinale è stato cambiato più volte per adeguarlo alle indicazioni del governo e per cercare di risolvere i problemi e i ritardi arrivati con l’apertura delle somministrazioni alle persone con più di 80 anni. Questa è una delle fasi più delicate e importanti della campagna vaccinale perché coinvolge le persone più a rischio e soprattutto perché per la prima volta viene messo alla prova il sistema di prenotazione e gestione delle somministrazioni.

Durante l’ultima delle quattro presentazioni del piano vaccinale, il 3 marzo, Moratti ha detto che per vaccinare tutti i lombardi entro giugno sarebbe stato necessario arrivare a 170mila somministrazioni al giorno. Al momento il picco è stato toccato l’11 marzo con 34mila somministrazioni.

Nonostante tutti questi cambiamenti, i ritmi della campagna vaccinale sono sempre rimasti lenti, anche dopo la ripresa delle somministrazioni del vaccino di AstraZeneca. Questa lentezza è stata dovuta principalmente ai problemi organizzativi segnalati in tutte le province lombarde: sono state decine le notizie pubblicate dai giornali locali solo negli ultimi dieci giorni.

Continui problemi tecnici
Uno dei casi più discussi è stato rivelato l’11 marzo dallo stesso Bertolaso con un post su Facebook. La foto pubblicata da Bertolaso mostrava decine di anziani in attesa del vaccino all’ospedale Niguarda, a Milano. A causa dell’invio errato degli sms di conferma, al Niguarda erano stati convocati novecento anziani, trecento in più rispetto alle dosi a disposizione per quel giorno.

Le persone si erano messe in coda e avevano aspettato per ore senza avere risposte. Solo quando gli operatori dell’ospedale si erano resi conto dell’errore, era intervenuta la Protezione Civile per garantire assistenza ed evitare assembramenti. «La coda degli anziani fuori dal centro vaccinale di Niguarda per gli errori di ARIA che manda 900 convocazioni al posto delle 600 previste è una vergogna. Ho mandato la Protezione Civile ad assisterli, mi scuso con tutti loro», aveva scritto Bertolaso su Facebook.


I problemi al sistema di prenotazione di ARIA hanno causato anche problemi opposti al sovraffollamento.

In molti centri vaccinali, infatti, da giorni si presentano meno persone rispetto a quelle preventivate perché ARIA non invia l’sms di conferma. Per due giorni di fila, sabato 20 e domenica 21 marzo, solo 58 persone si sono messe in coda al centro vaccinale allestito nella fiera di Cremona. I medici erano pronti a somministrare seicento dosi. Per risolvere il disguido e non sprecare vaccini, i tecnici dell’azienda sanitaria hanno contattato gli amministratori locali che hanno organizzato convocazioni estemporanee nel giro di poche ore.

Giuseppe Papa, sindaco di San Bassano, in provincia di Cremona, si è fatto prestare un pullman ed è andato a prendere trenta anziani casa per casa per portarli al centro vaccinale. «Quando ci sono i problemi, ci si rimbocca le maniche e li si risolve. In campagna si fa così e qui abbiamo ancora le mucche al pascolo», ha detto Papa a Repubblica.

Sabato a Chiuduno, in provincia di Bergamo, gli operatori dell’azienda sanitaria Bergamo Est hanno scoperto che per questa settimana erano state convocate solo 120 persone al giorno rispetto a una capacità di 430 somministrazioni quotidiane. Per risolvere il problema, l’azienda sanitaria ha deciso di oltrepassare il sistema di prenotazione di ARIA: le convocazioni sono state fatte grazie alle liste di ATS Bergamo (l’Agenzia di tutela della salute della città, l’equivalente di quelle che in altre regioni si chiamano ASL). «Queste liste consentiranno di coprire gli slot disponibili», ha detto il direttore generale Francesco Locati all’Eco di Bergamo.

Sono state segnalate anche centinaia di convocazioni in centri vaccinali molto distanti dal luogo dove abitano le persone da vaccinare. Una donna di Varese, di 84 anni e con diverse patologie, nella notte del 19 marzo ha ricevuto la convocazione per la vaccinazione ad Antegnate, in provincia di di Bergamo, alle 8 di lunedì 22 marzo (sono circa 120 chilometri di distanza). Ma è uno dei tanti casi, che non riguardano solo gli anziani.

Il Giornale di Brescia ha raccolto molte testimonianze di insegnanti mandati a centinaia di chilometri di distanza per farsi vaccinare. Una professoressa delle scuole superiori che abita a Orzivecchi è stata convocata all’ospedale di Erba, in provincia di Como (110 chilometri). «Ho preferito disdire, so di altri colleghi nella mia stessa situazione», ha detto la professoressa.

Non mancano anche scambi di persona a causa di omonimie, errori nelle date di nascita, sms per le conferme inviati dopo l’orario indicato per l’appuntamento, oltre a tanti altri disguidi che confermano l’evidente fallimento della gestione informatica. L’assessora Moratti ha scritto che «l’inadeguatezza di ARIA Lombardia, incapace di gestire le prenotazioni in modo decente, rallenta lo sforzo comune per vaccinare». Al momento sembra che i problemi siano più informatici che organizzativi.

La Lombardia è la regione con più abitanti in Italia, la più ricca del paese, e quella che ha avuto più contagi e decessi nelle prime due ondate dell’epidemia; nonostante tutto questo, sta vaccinando in ritardo rispetto a molte altre regioni italiane.

Al momento sono state somministrate 1,2 milioni di dosi, il 78,3 per cento di tutte le dosi consegnate, e 396mila persone hanno ricevuto il richiamo. Troppo poche, secondo le aspettative iniziali.

Le inaspettate critiche del centrodestra ad ARIA
Nei giorni scorsi, a sorpresa, le critiche più severe ad ARIA erano arrivate da esponenti della maggioranza di centrodestra come Letizia Moratti, vicepresidente e assessora al Welfare, e Guido Bertolaso, consulente per l’attuazione della campagna vaccinale lombarda.

«Le cose che non funzionano vanno cambiate e su ARIA Lombardia servono decisioni rapide e drastiche», ha scritto Moratti su Twitter. Una posizione molto netta, in contrasto con le cautele che nell’ultimo anno avevano contraddistinto i giudizi interni sul sistema sanitario pensato e realizzato dal centrodestra in 26 anni ininterrotti alla guida della Regione.

Al termine della riunione di giunta di lunedì 22 marzo, il presidente della Regione Attilio Fontana ha confermato di aver chiesto le dimissioni del consiglio di amministrazione di ARIA. Fontana ha detto che i disservizi informatici hanno creato disagi a molti cittadini e «inficiato il lavoro di tutti gli operatori, sanitari e non, che si stanno impegnando con dedizione e professionalità nei diversi centri vaccinali».

In mattinata anche Matteo Salvini, segretario della Lega, ha dato il suo assenso ai cambiamenti. «Se qualcuno ha sbagliato, ha rallentato o non ha capito, paga, viene licenziato e cambia mestiere, come accade in qualsiasi impresa privata», ha detto Salvini.

Fontana ha voluto sottolineare i risultati ottenuti finora: ha detto che oltre il 50 per cento delle persone con più di 80 anni che si sono prenotate ha ricevuto la prima dose del vaccino (è stato vaccinato il 42,6 per cento di tutti gli over 80, secondo gli ultimi aggiornamenti) contro il coronavirus e che negli ultimi giorni la Lombardia ha somministrato un quarto di tutte le dosi utilizzate in Italia. In questo modo Fontana ha cercato di rispondere alle tante critiche arrivate fin dall’inizio della campagna vaccinale.

L’arrivo di Poste italiane
Letizia Moratti ha già anticipato l’affidamento della gestione della campagna vaccinale a Poste Italiane, che ha messo a disposizione gratuitamente il suo sistema informatico alle regioni. Il cambio avrebbe dovuto essere operativo dalla prossima fase della campagna vaccinale, cioè dalla somministrazione alle persone tra 70 e 80 anni. I problemi degli ultimi giorni, però, hanno convinto la maggioranza a una sostituzione immediata.

La Regione vuole subito un cambio di organizzazione, ma ci sono conseguenze e risvolti economici: ARIA ha un contratto con la Regione per la gestione informatica della campagna vaccinale che molti giornali hanno quantificato in un valore di 22 milioni di euro. La cifra non è mai stata smentita, anche se il contratto non è stato ancora pubblicato. Al momento, non è ancora stato chiarito come verrà gestito il delicato avvicendamento.