La Lombardia è in ritardo sui vaccini antinfluenzali

La campagna vaccinale doveva iniziare a ottobre ma la regione è ancora piuttosto indietro nel reperimento delle dosi necessarie

(ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO)
(ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO)

Negli ultimi giorni il governo regionale della Lombardia, guidato dal centrodestra, sta ricevendo molte critiche per la gestione delle scorte di vaccino antinfluenzale, considerato uno strumento molto importante per evitare congestioni del sistema sanitario regionale, soprattutto durante una pandemia.

In sostanza, da mesi il ministero della Salute ha raccomandato alle regioni di anticipare la somministrazione del vaccino – non obbligatorio, ma consigliato per le persone più anziane – e di estendere la copertura gratuita dalle persone che hanno più di 65 anni a quelle che ne hanno più di 60.  Al momento, però, la Lombardia non ha acquistato dosi sufficienti per coprire tutte le persone potenzialmente vaccinabili in questa fascia di popolazione: secondo le più recenti stime del Corriere della Sera dispone di circa 1,86 milioni di dosi, che non basterebbero nemmeno per vaccinare il target fissato fino all’anno scorso, cioè le persone sopra i 65 anni, che in regione sono 2,2 milioni.

Il governo regionale e in particolare l’assessore al Welfare Giulio Gallera, già molto criticati per la gestione dei primi mesi della pandemia, hanno respinto ogni critica e spiegato che le difficoltà sono figlie di problemi nazionali. Ma la situazione della Lombardia è stata definita problematica sia dagli esperti di sanità sia dai medici di famiglia locali, e diversi critici hanno fatto notare che altre regioni sono riuscite ad attrezzarsi in tempo per rispettare le indicazioni ministeriali. In Lombardia, invece, ancora oggi le autorità regionali non sanno quando inizierà la campagna per la vaccinazione contro l’influenza, né sono in grado di dirlo ai medici di famiglia (cioè il principale canale, oltre ai centri vaccinali, con cui i cittadini lombardi vengono vaccinati).

Ogni anno le campagne di vaccinazione contro l’influenza consentono di tutelare la vita di milioni di persone, ma richiedono uno sforzo produttivo e logistico notevole, che di solito aziende farmaceutiche e sistemi sanitari gestiscono senza particolari problemi. La pandemia in corso però ha complicato le loro attività, anche a causa di una domanda di vaccini più alta in seguito alle indicazioni arrivate dal ministero (che ha invitato a vaccinarsi anche le persone che lavorano a contatto con i soggetti più vulnerabili, come gli operatori delle RSA).

«Lo sapevamo tutti da tempo che quest’anno era importante», ha detto a Fanpage il presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Carlo Roberto Rossi, secondo cui il vaccino antinfluenzale sarà fondamentale per «ridurre febbri e influenza che possono paralizzare la macchina sanitaria»: in sostanza, per limitare i rischi di diagnosi scorrette nel caso di sintomi che non consentano da subito di determinare se si tratti di influenza o COVID-19.

Eppure, ad oggi la Lombardia ha reperito soltanto una parte delle dosi di vaccino necessarie. Secondo il Corriere della Sera ne ha acquistate circa 1,86 milioni per adulti e 430mila per bambini dai sei mesi ai sei anni, un’altra delle categorie per cui il vaccino è disponibile gratuitamente. Sono cifre compatibili con le stime messe insieme a fine settembre dalla Fondazione GIMBE sulla disponibilità dei vaccini nelle regioni. Proprio la fondazione GIMBE, però, stima che in Lombardia ci sono 2,88 milioni di adulti vaccinabili: una cifra molto superiore alle dosi disponibili.

Il problema sembra nascere dall’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti (ARIA), l’organo che per il governo regionale si occupa di reperire i vaccini dalle aziende farmaceutiche o da intermediari. I giornali raccontano che fin dalla primavera ARIA ha avuto difficoltà a comprare le dosi di vaccino necessarie. Il procedimento funziona a bando: ARIA stabilisce quante dosi vuole e quanto vuole pagarle, e le aziende interessate aderiscono offrendo condizioni migliori oppure proponendo controfferte.

Già il primo bando, racconta il Corriere della Sera, fu un mezzo fallimento: fu indetto il 26 febbraio ma si presentò un’unica azienda, la britannica Glaxosmithkline, che fra l’altro chiese un prezzo maggiore rispetto a quello che ARIA era disposta a spendere: 5,9 euro per dose, contro i 4,5 euro per dose fissati dal bando. Uno dei problemi degli otto bandi successivi – dei quali solo quattro andati a buon fine – sembra proprio il prezzo troppo basso fissato da ARIA: il Corriere ipotizza che sia stato un «tentativo di risparmiare» che non andò a buon fine.

Già dal terzo bando – indetto quasi tre mesi dopo il primo, a fine giugno – ARIA ha deciso di aumentare il prezzo per ogni singola dose passando a 5,9 euro; ma anche quella gara è andata deserta. Durante l’estate ARIA ha invece raccolto i vaccini che oggi sono disponibili in quattro gare andate a buon fine, ma il problema si è riproposto per il nono bando tenuto a fine agosto, indetto perché le dosi non erano ancora sufficienti: il prezzo fissato da ARIA è più che raddoppiato rispetto al primo bando – si è  arrivati a 10 euro a dose – ma nessun’azienda ha risposto ai criteri necessari. Il 30 settembre, il giorno successivo al nono bando, ARIA ne ha indetto un altro con gli stessi criteri del nono: si cercavano 1,5 milioni di dosi a 10 euro l’una. L’esito del bando non è ancora noto, ma il Corriere della Sera dice che per ora ARIA ha trovato circa un terzo delle dosi volute, cioè 500mila. Se il bando si concludesse in questo modo, regione Lombardia avrebbe dosi  sufficienti per vaccinare solo gli over 65.

Il vaccino antinfluenzale viene distribuito in base a una gerarchia molto precisa: prima viene reso disponibile per le persone più vulnerabili, come i malati oncologici e le donne incinte, poi agli anziani e solo in seguito viene distribuito a tutti gli altri che ne fanno richiesta.

Il problema della Lombardia, però, è che se non reperirà le dosi necessarie rischia di non raggiungere il nuovo target indicato dal ministero, cioè le persone di età compresa fra i 60 e i 64 anni (in Lombardia sono circa 600mila). Lo aveva spiegato chiaramente anche il direttore generale del settore Welfare della Lombardia, Marco Trivelli, in una circolare interna diffusa ad agosto e pubblicata dal Fatto Quotidiano: «L’offerta per gli over 60-64 anni sarà valutata in seguito all’esaurimento dell’offerta per gli over 65 anni con una valutazione anche a campagna in corso in relazione alle dosi di vaccino a disposizione».

Il risultato dei ritardi è che probabilmente la campagna vaccinale partirà solo fra diverse settimane – nonostante i medici di famiglia abbiano già ricevuto gli elenchi dei loro pazienti vaccinabili, e quindi siano potenzialmente già pronti – con notevole ritardo rispetto a regioni che hanno già reperito le dosi necessarie del vaccino o sono molto vicine a farlo come Lazio, Calabria, Puglia e Campania.

Non è chiaro se la campagna vaccinale della Lombardia inizierà lo stesso: il governo regionale potrebbe fare affidamento sul fatto che soltanto una parte delle persone vaccinabili accetterà di farlo – secondo una recente indagine dell’Università degli Studi di Milano soltanto il 60 per cento degli italiani che hanno più di 55 anni intende vaccinarsi – e vaccinare le persone delle fasce più a rischio fino all’esaurimento delle scorte.

Gallera, intanto, in una recente intervista al Giornale ha detto che la campagna vaccinale partirà a metà ottobre – ma al momento non c’è nessuna indicazione del fatto che succederà davvero – e che «il piano è pronto», mentre in un post su Facebook pubblicato due giorni fa ha respinto le critiche avanzate dal sindaco di Milano Beppe Sala, eletto col centrosinistra, senza però fornire alcun dato rilevante.