Perché i vaccini antinfluenzali sono così importanti nella pandemia

Eviteranno il rischio di doppie infezioni, un ulteriore sovraccarico degli ospedali e renderanno più semplici le diagnosi per COVID-19: ma ce ne saranno per tutti?

(Joe Raedle/Getty Images)
(Joe Raedle/Getty Images)

Per ridurre gli effetti di una eventuale seconda ondata della pandemia da coronavirus nella prossima stagione fredda, molti paesi si stanno dando da fare per ottenere quante più dosi possibili di vaccini antinfluenzali. Il primo obiettivo sarà evitare che la combinazione di influenza e COVID-19 metta sotto forte pressione i sistemi sanitari, con il rischio di farli collassare. Diverse aziende farmaceutiche hanno segnalato un marcato aumento della domanda, che difficilmente potrà essere soddisfatta pienamente, considerati risorse e tempi limitati per produrre nuovi vaccini.

Solo in Italia, infatti, l’influenza stagionale comporta ogni anno il ricovero in ospedale di migliaia di persone – per lo più anziane e con altre malattie – per complicazioni di vario tipo che possono rendere necessari lunghi tempi di permanenza nei reparti, senza contare i decessi nei casi più gravi. Negli ultimi decenni, il vaccino contro l’influenza ha consentito di ridurre sensibilmente il numero di ricoveri e di morti, soprattutto grazie alle campagne vaccinali indirizzate verso le persone anziane. Nel nostro paese la vaccinazione è gratuita dai 65 anni di età e per chi ha particolari problemi di salute, ed è quindi considerato più a rischio.

Influenza e COVID-19
Il vaccino antinfluenzale naturalmente non protegge direttamente contro la COVID-19, che è causata da un tipo di virus diverso, ma può comunque offrire una protezione indiretta evitando che si debbano fare i conti con le due malattie, magari contemporaneamente. La presenza della vaccinazione può inoltre consentire ai medici di escludere rapidamente l’influenza e di valutare da subito la possibilità che il paziente abbia sintomi da COVID-19, avviando tutti i protocolli non solo per il trattamento della malattia, ma anche per l’isolamento in modo da ridurre il rischio di nuovi contagi.

Attualmente non esiste un vaccino contro SARS-CoV-2, il coronavirus che causa la COVID-19, e anche se molti centri di ricerca e aziende farmaceutiche sono al lavoro per svilupparlo, difficilmente sarà disponibile prima della prossima primavera. Non è nemmeno chiaro se sarà efficace a sufficienza, anche se i primi test hanno portato a qualche dato incoraggiante.

Più ordini
La vaccinazione contro l’influenza è sempre consigliata, ma con il coronavirus in circolazione lo sta diventando ancora di più, e per questo negli ultimi mesi molti paesi hanno aumentato gli ordini per ottenere più dosi dei vaccini. Sanofi, azienda farmaceutica tra i principali produttori di vaccini antinfluenzali, ha segnalato di avere ricevuto richieste più consistenti del solito in Europa e su altri mercati. La società confida di riuscire ad aumentare del 20 per cento la propria produzione rispetto agli ultimi due anni, ma stima che comunque la domanda globale per i vaccini supererà sensibilmente la capacità produttiva.

Tra i vari metodi di produzione dei vaccini, quello attraverso gli embrioni nelle uova di gallina continua a essere il più diffuso e affidabile (lo avevamo raccontato estesamente qui). Il procedimento richiede diverse settimane per la produzione di ogni lotto di vaccino, con grandi precauzioni per evitare contaminazioni. I vaccini vengono del resto impiegati su un’ampia fascia della popolazione, per lo più sana, e deve quindi essere garantita non solo la loro efficacia, ma anche la loro sicurezza.

Cosa dice il ministero della Salute
In Italia a inizio giugno il ministero della Salute ha diffuso una circolare per fornire alla regioni, che in tema di sanità pubblica sono sostanzialmente autonome, indicazioni e suggerimenti su come affrontare la prossima stagione influenzale in un periodo in cui potrebbe verificarsi un nuovo aumento dei casi di COVID-19.

Il ministero raccomanda di mantenere le vaccinazioni gratuite per chi ha almeno 65 anni, ma consiglia comunque di estenderle fino almeno ai 60 anni “al fine di facilitare la diagnosi differenziale nelle fasce d’età di maggiore rischio di malattia grave”. Il coronavirus causa sintomi gravi soprattutto negli individui sopra i 60 anni, quindi la presenza del vaccino antinfluenzale potrebbe consentire di escludere l’influenza e di ridurre il rischio di una doppia infezione.

Il ministero consiglia inoltre alle regioni di anticipare la campagna di vaccinazione, iniziando dai primi di ottobre e in sensibile anticipo rispetto ai calendari vaccinali solitamente decisi. Viene anche consigliato di estendere il periodo di copertura, offrendo il vaccino anche a chi si presenta in ritardo e oltre la classica scadenza per la vaccinazione.

Intensificare la distribuzione del vaccino non sarà comunque sufficiente se le regioni non attueranno campagne di comunicazione e di sensibilizzazione, inducendo le fasce della popolazione interessate a vaccinarsi. Il ministero della Salute consiglia che: “La campagna affronti prioritariamente i pregiudizi sulla vaccinazione, evidenziando i benefici e i vantaggi che una copertura vaccinale ottimale può ottenere nell’attuale emergenza da coronavirus”.

Ogni anno
Il fatto che il vaccino antinfluenzale debba essere ripetuto ogni anno genera talvolta scetticismo intorno alla sua efficacia, aggiungendosi ai dubbi e ai sospetti che molti mantengono in generale nei confronti delle vaccinazioni. In realtà, la necessità di ripetere ogni anno la somministrazione deriva dall’incapacità del nostro sistema immunitario di mantenere a lungo la memoria sulle infezioni da virus influenzali, cui si aggiunge il fatto che i ceppi virali dell’influenza cambiano ogni anno, riuscendo in questo modo a eludere le nostre difese.

Ogni anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la composizione del vaccino da somministrare, sulla base delle evidenze scientifiche e delle previsioni sulla circolazione dei virus influenzali nella successiva stagione fredda. Per quella del 2020/2021, l’OMS ha identificato a fine febbraio quattro ceppi per l’emisfero settentrionale (il nostro):

• A/Guangdong-Maonan/SWL1536/2019 (H1N1)pdm09-like virus
• A/Hong Kong/2671/2019 (H3N2)-like virus
• B/Washington/02/2019-like virus (lineaggio B/Victoria)
• B/Phuket/3073/2013-like virus (lineaggio B/Yamagata)

Non è possibile prevedere con certezza quali saranno i ceppi ad affermarsi e a diffondersi maggiormente in una stagione influenzale, ma negli ultimi anni le previsioni si sono rivelate adeguate a sufficienza per limitare la circolazione dei virus influenzali, salvando in tutto il mondo decine di migliaia di vite. Più in generale, nel corso del secolo scorso i vaccini hanno permesso di rendere marginali o eliminare diverse malattie contagiose, contribuendo all’aumento dell’età media e al miglioramento della salute di milioni di persone.

Cosa fanno le regioni
Le competenze in materia di gestione della salute pubblica affidate alle regioni fanno sì che in Italia non ci sia un approccio omogeneo, anche in termini di gestione delle campagne vaccinali e nonostante gli sforzi di coordinamento da parte delle istituzioni sanitarie nazionali. Secondo un’analisi condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Servizi Sanitari dell’Università Cattolica, finora solamente la metà delle regioni ha avviato iniziative specifiche per le campagne vaccinali antinfluenzali del prossimo autunno, tenendo in considerazione la compresenza della pandemia da coronavirus.

L’approvvigionamento delle dosi di vaccino spetta ai sistemi sanitari delle singole regioni, che hanno quindi il compito di organizzare i bandi di gara o le altre modalità per richiedere i vaccini ai produttori. Regioni come Lombardia, Veneto e Piemonte hanno rivisto i loro bandi di gara per ottenere più dosi del solito, in modo da estendere la copertura vaccinale. Il Veneto in particolare ha fatto richiesta per oltre 1,3 milioni di dosi di vaccino, mentre il Piemonte ha richieste quasi un milione.

Gli approcci sulle campagne vaccinali varieranno anche per quanto riguarda le modalità di somministrazione. Molte regioni devono ancora decidere come procedere sia sull’età minima per ricevere gratuitamente il vaccino, sia su eventuali vincoli per fasce particolari della popolazione. La Regione Lazio ha deciso che da metà settembre la vaccinazione antinfluenzale sarà obbligatoria per chi ha più di 65 anni e per il personale sanitario; il bando di gara per la fornitura dei vaccini è stato già concluso.

Diverse regioni si stanno inoltre attivando per intensificare la somministrazione del vaccino pneumococcico, tra le principali cause di polmoniti batteriche negli adulti. Nei casi più gravi, la COVID-19 causa pericolose polmoniti che possono peggiorare rendendo necessaria l’intubazione dei pazienti, nei reparti di terapia intensiva. Sapendo che un paziente è stato vaccinato contro l’influenza e lo pneumococco, il medico può scartare rapidamente alcune malattie e diagnosticare con maggiore efficacia una COVID-19, magari in attesa degli esami di laboratorio per confermare il suo sospetto.

Rischi e prevenzione
Nell’immaginario collettivo l’influenza viene associata per lo più a una fastidiosa condizione che dura qualche giorno, con sintomi come febbre, mal di testa e spossatezza. In realtà, come molte malattie infettive, l’influenza può causare sintomi più gravi e comportare complicazioni rischiose soprattutto per gli anziani o per chi ha già altri problemi di salute. Il vaccino consente di proteggere se stessi e gli altri, riducendo la circolazione dei virus influenzali durante la stagione fredda.

Come ha segnalato più volte l’OMS, più casi di influenza si potranno prevenire tra autunno e inverno, più i sistemi sanitari non saranno in sovraccarico e potranno gestire meglio i casi di COVID-19. A oggi non ci sono elementi per sostenere con certezza che tra qualche mese si verifichi una nuova ondata di infezioni da coronavirus paragonabile a quella che ha interessato l’Italia tra marzo e aprile, ma questa eventualità non può essere esclusa e se si presentasse insieme all’influenza potrebbe avere effetti gravi, nel caso di un mancato contenimento e di attività di prevenzione tramite i vaccini.