• Mondo
  • Giovedì 18 marzo 2021

Cosa è stato John Magufuli per la Tanzania

Il presidente tanzaniano morto ieri si era distinto per avere fatto crescere l'economia, ma anche per avere reso il suo paese sempre più autoritario

John Magufuli regge una lancia e uno scudo cerimoniali durante l'inaugurazione allo stadio Uhuru di Dar es Salaam, in Tanzania, nel 2015. (AP Photo/ Khalfan Said, File)
John Magufuli regge una lancia e uno scudo cerimoniali durante l'inaugurazione allo stadio Uhuru di Dar es Salaam, in Tanzania, nel 2015. (AP Photo/ Khalfan Said, File)

Mercoledì 17 marzo è morto John Magufuli, presidente della Tanzania e controverso leader populista che in cinque anni e mezzo di governo ha cambiato profondamente il suo paese. Se da un lato è stato in grado di far crescere l’economia e modernizzare le infrastrutture tanzaniane, dall’altro è stato accusato di aver represso il dissenso, limitato la libertà di espressione e reso la Tanzania sempre meno democratica.

Nell’ultimo anno, in particolare, Magufuli era stato criticato per il suo atteggiamento negazionista circa la pandemia da coronavirus. Il governo ha detto che è morto per problemi cardiaci, ma gli oppositori e altri osservatori sostengono che Magufuli potrebbe essere stato malato proprio di COVID-19: al momento comunque non ci sono elementi che diano concretezza a questa ipotesi. Con la sua morte si apre un periodo piuttosto incerto per la Tanzania.

Magufuli aveva 61 anni e faceva parte del Chama Cha Mapinduzi (Partito della Rivoluzione), che governa il paese da sessant’anni. Prima di essere eletto presidente, nel 2015, aveva ottenuto un dottorato in Chimica all’Università di Dar es Salaam e aveva svolto diversi importanti incarichi politici. Nell’ottobre del 2020 era stato rieletto e aveva iniziato il suo secondo mandato, ma la popolarità che aveva inizialmente ottenuto per il suo impegno alla lotta contro la corruzione era stata presto affiancata da contestazioni e accuse di atteggiamenti anti-democratici: le elezioni erano state contestate dalle opposizioni, che avevano parlato di brogli e accusato la commissione elettorale di aver manipolato i risultati.

Per molti osservatori, la contestata vittoria di Magufuli aveva consolidato un processo già in corso: il progressivo allontanamento della Tanzania dagli ideali democratici, e il suo avvicinamento a modelli autoritari.

– Leggi anche: Perché in Senegal si protesta contro il governo

Magufuli era conosciuto con il soprannome “Bulldozer”, sia per la sua passione per i grandi lavori pubblici, sia per la sua capacità di ottenere sempre quello che voleva, nonostante le opposizioni. Durante il suo primo mandato aveva iniziato a vietare le manifestazioni dei partiti di opposizione, limitato le attività delle organizzazioni non governative che lavoravano nel paese e introdotto leggi che rafforzavano il potere del Partito della Rivoluzione e, secondo i critici, impedivano la circolazione di informazioni indipendenti.

Nel gennaio dell’anno scorso, per esempio, l’amministrazione di Magufuli aveva ordinato la sospensione delle attività di sei media tanzaniani, imponendo restrizioni sui contenuti pubblicati online e obbligando le emittenti di radio e tv a chiedere l’autorizzazione alle autorità per usare qualsiasi tipo di materiale prodotto da media stranieri. Il governo inoltre aveva negato a molte testate straniere i permessi per andare nel paese e seguire le elezioni, e aveva imposto a quelle accettate la presenza costante di un funzionario del governo.

Proprio nel periodo elettorale, lo scorso ottobre, era stato arrestato per la seconda volta nel giro di una settimana Seif Sharif Hamad, uno dei candidati alla presidenza, appartenente al partito di opposizione ACT Wazalendo. Insieme a Hamad, erano stati arrestati altri leader del partito, mentre un funzionario, Ismail Jussa, era stato picchiato ripetutamente dai militari. Secondo ACT Wazalendo, la polizia tanzaniana aveva ucciso dieci persone e ne aveva ferite altre decine durante alcuni scontri iniziati a Zanzibar – isola principale di un omonimo arcipelago con un certo grado di autonomia dal governo centrale di Dar es Salaam – dove erano state trovate delle schede manipolate.

Secondo i gruppi di attivisti che si occupano di diritti umani citati dal New York Times, inoltre, il governo ha insabbiato o ha indagato in maniera poco credibile alcuni rapimenti, uccisioni o persecuzioni di giornalisti che si opponevano al governo.

– Leggi anche: Come si è arrivati all’attuale situazione nel Congo

Nell’ultimo anno Magufuli si era fatto notare soprattutto per il suo atteggiamento negazionista nei confronti della pandemia da coronavirus, attirando le critiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e della Chiesa cattolica in Tanzania, tra gli altri.

Secondo i dati comunicati all’OMS, in Tanzania dall’inizio della pandemia sarebbero stati riscontrati 509 contagi da coronavirus e 21 morti per cause legate alla COVID-19. È però assai improbabile che questi siano i dati effettivi (la Tanzania ha circa 57 milioni di abitanti).

Nel giugno del 2020 il presidente aveva detto che il paese era «libero» dalla malattia e lo scorso gennaio aveva negato la presenza della COVID-19 in Tanzania, sostenendo che Dio l’avesse eliminata dal paese. Magufuli aveva contestato l’utilizzo delle mascherine e il distanziamento fisico per ridurre la circolazione del virus, e tra le altre cose aveva scoraggiato l’impiego dei vaccini, dicendo che «se l’uomo bianco fosse stato in grado di produrre dei vaccini, allora avrebbe inventato vaccini per l’AIDS, per la tubercolosi, per la malaria e il cancro». Il governo inoltre aveva vietato ai medici di parlare pubblicamente della COVID-19.

Come ha osservato BBC, però, nel paese ci sono diversi segnali che dimostrerebbero che la pandemia sia tuttora in corso: il grande numero di persone che hanno gravi problemi respiratori, i picchi delle ricerche dei sintomi della COVID-19 su internet e il fatto che le imprese di pompe funebri stiano lavorando a ritmi elevatissimi, per citarne alcuni.

Il fatto che nelle due settimane precedenti alla morte Magufuli non si sia visto in pubblico ha fatto circolare la voce che potesse essersi ammalato di COVID-19.

Ufficialmente, Magufuli è morto per problemi cardiaci in un ospedale di Dar es Salaam, ma secondo Tundu Lissu, un oppositore del partito Chadema, Magufuli era stato ricoverato in un ospedale di Nairobi, in Kenya, dove sarebbe stato portato proprio per avere sviluppato sintomi gravi dopo aver contratto il coronavirus. La scorsa settimana il primo ministro della Tanzania, Kassim Majaliwa, aveva smentito le voci dicendo che il presidente era «in buona salute e stava lavorando sodo». Lunedì la polizia aveva arrestato quattro persone accusate di aver diffuso notizie false sulla sua malattia.

Dopo aver comunicato la morte di Magufuli, la vice presidente Samia Suluhu Hassan ha annunciato 14 giorni di lutto nazionale e bandiere a mezz’asta in tutta la nazione. Adesso sarà Hassan a dover portare a termine il resto del mandato presidenziale, fino all’ottobre del 2025, diventando la prima leader donna del paese. Secondo Dickens Olewe, giornalista keniota di BBC, ci sarà un «forte dibattito» sull’eredità che Magufuli ha lasciato in Tanzania e su quello che dovrebbero fare i suoi successori. Olewe ha detto che l’approccio deciso di Magufuli nei confronti della lotta alla corruzione gli aveva fatto guadagnare un discreto seguito nel paese; allo stesso tempo, il fatto che la pandemia alla quale si era opposto così duramente stia «durando più di lui» è «una lezione da imparare sia per la regione che per il continente».