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  • Martedì 16 marzo 2021

Le proteste contro le violenze di genere in Australia

Si sono tenute in più di 40 città australiane, dopo che nelle ultime settimane due politici erano stati accusati di stupro

Proteste a Sydney, lunedì 15 marzo. (AP Photo/ Rick Rycroft)
Proteste a Sydney, lunedì 15 marzo. (AP Photo/ Rick Rycroft)

Lunedì mattina in più di 40 città australiane ci sono state manifestazioni e proteste contro le violenze sessuali subite dalle donne e la cultura sessista che molti ritengono che ci sia nel paese. Le denunce di stupri, misoginia e comportamenti inappropriati nei confronti delle donne in Australia stanno mettendo sotto forte pressione il governo, perché in almeno due casi le accuse sono state rivolte proprio a importanti funzionari e politici: un collaboratore del Partito Liberale, forza politica attualmente al governo, e il procuratore generale dell’Australia.

Le proteste arrivano circa un mese dopo che Brittany Higgins, una ex collaboratrice del Partito Liberale, aveva detto di essere stata stuprata da un collega all’interno della Camera dei rappresentanti del Parlamento, a Canberra, nel marzo del 2019.

Durante le manifestazioni attiviste e attivisti di diversi gruppi femministi hanno chiesto ai politici maggiori tutele e di fare in modo che chi commette le violenze sia riconosciuto responsabile. Le principali manifestazioni del movimento contro la violenza sulle donne, chiamato “March 4 Justice” (marcia per la giustizia), si sono svolte a Sydney e a Canberra, e in totale le proteste hanno coinvolto circa 100mila persone, soprattutto donne. Molte femministe si sono vestite di nero e hanno esibito cartelli con scritte che dicevano: «Ne abbiamo abbastanza» o «Eliminiamo la cultura dello stupro».

Nel corteo di Melbourne alcune attiviste hanno sfilato con uno striscione che indicava i nomi di più di 900 donne vittime di femminicidio.

Un cartello che dice “Ne abbiamo abbastanza” durante la manifestazione di Sydney (AP Photo/ Rick Rycroft)

Dopo che un mese fa Higgins aveva denunciato di essere stata violentata, altre tre donne hanno detto di aver subìto molestie sessuali da parte dello stesso uomo, di cui non si conosce l’identità. Higgins aveva detto di essere stata stuprata da un collaboratore del Partito Liberale nell’ufficio della ministra della Difesa, Linda Reynolds, e aveva spiegato di non aver voluto denunciare subito lo stupro per proteggere il partito e il suo “lavoro dei sogni”, a pochi giorni dalle elezioni anticipate del maggio 2019. Dopo le elezioni, Higgins era stata trasferita al ministero del Lavoro; poi, nel gennaio del 2021, aveva dato le dimissioni, dicendo di non riuscire più a sostenere il peso di quanto le era accaduto.

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Lunedì Higgins ha parlato davanti alle migliaia di attiviste e attivisti che si erano radunati davanti al Parlamento australiano, a Canberra. Ha detto che le violenze sessuali subite dalle donne in Australia vengono «terribilmente accettate» dalla società: secondo lei, ci sono «notevoli mancanze nelle strutture di potere all’interno delle istituzioni» e i movimenti contro la violenza sulle donne stanno «essenzialmente riconoscendo che il sistema è rotto».

Oltre al caso di Higgins, si parla molto anche del procuratore generale dell’Australia, Christian Porter, parlamentare del Partito Liberale, che è stato accusato di aver stuprato una donna nel 1988, quando lei aveva 16 anni e lui 17. La donna aveva denunciato lo stupro l’anno scorso e poi si era suicidata, ma alcune persone a lei vicine avevano inviato delle lettere a Morrison e ad altri politici per segnalare le violenze che aveva subìto.

Gli avvocati di Porter, che attualmente è in congedo per malattia, hanno detto che l’uomo si sente sottoposto a un «processo mediatico»: pochi giorni fa Porter ha fatto causa per diffamazione alla tv australiana ABC e alla giornalista Louise Milligan per aver citato una lettera indirizzata a Morrison in cui si poteva dedurre facilmente che si stava parlando di lui.

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Tra le altre cose, il movimento March 4 Justice ha presentato una petizione per chiedere ai parlamentari di avviare inchieste indipendenti su ciascun caso di violenza di genere che coinvolga la politica e di togliere dalle posizioni di potere chi commette questi reati. Nella petizione, che ha già raccolto più di 90mila firme, si chiede anche di «mettere fine ai problemi legati a sessismo, misoginia, patriarcato, corruzione, alla cultura degli ambienti di lavoro pericolosi e alla mancanza di uguaglianza, in politica così come nelle comunità».

Fantoccio del primo ministro australiano Scott Morrison a Canberra: “Qualsiasi cosa pur di evitare le responsabilità”. (Jamila Toderas/ Getty Images)

Finora il primo ministro Morrison ha respinto le richieste di avviare un’indagine indipendente sulle accuse di stupro rivolte a Porter, sostenendo che sia un problema che vada risolto dalla polizia, che però aveva già chiuso il caso per assenza di prove.

Domenica Morrison aveva invitato una delegazione di attiviste a un incontro al Parlamento, ma le attiviste hanno rifiutato di partecipare sostenendo invece che fosse il primo ministro a dover parlare pubblicamente davanti a tutte le manifestanti: Morrison non l’ha fatto, e durante la seduta di lunedì in Parlamento ha detto che vedere queste manifestazioni è stato «un trionfo della democrazia», perché in altri paesi «proteste di questo tipo vengono fermate coi proiettili».

Le dichiarazioni di Morrison hanno provocato critiche e polemiche, sia da parte delle attiviste che degli oppositori politici. Il leader del Partito Laburista, Anthony Albanese, ha detto che Morrison «non è che non capisca, è che proprio non vuol sentire». Secondo un sondaggio pubblicato da The Australian – il giornale più letto del paese – il sostegno degli australiani alla coalizione di centro-destra al governo è calato di tre punti rispetto alle elezioni del 2019, anche per via della gestione degli scandali legati alle violenze sessuali in politica.

Per la prima volta da due anni a questa parte, il partito Laburista e la coalizione di governo sono testa a testa, col 39 per cento delle preferenze ciascuno.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o una persona che conosci ha subito abusi puoi chiamare il numero anti-violenza e stalking 1522 oppure rivolgiti al centro antiviolenza più vicino.