Una canzone dei Van der Graaf generator

Non la prima canzone che vi verrebbe in mente tra quelle che propongono di andare a Ovest

(Credit Image: © Future-Image/ZUMAPRESS.com)
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Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Nomadland è molto bello, il film. Ci sono un po’ di musiche strumentali (qui su Spotify la colonna sonora), ma quella che accompagna la scena più accompagnata, è Oltremare di Ludovico Einaudi.
Andrea Laszlo De Simone – la cui ultima bella canzone somiglia molto alla Canzone dell’amore perduto, come dicevamo – è intervenuto nobilmente a difendere i Maneskin (quelli che hanno vinto Sanremo) dall’accusa che la loro canzone somigliasse molto a una sua.
Cinque anni fa morì George Martin, il “quinto Beatle”.
I Wolf Alice hanno fatto teatralmente quella loro bella canzone nuova al programma della BBC Later with Jools Holland.
Bruce Springsteen ha messo su YouTube un botto di canzoni per promuovere due sue raccolte di cover fatte dal vivo, tra cui questa versione di Love me tender di Elvis.

Refugees
West is where all days will someday end
Where the colours turn from grey to gold
And you can be with the friends
And light flakes the golden clouds above all
West is Mike and Susie
West is where I love

Recupero da una vecchia newsletter, per mettere le cose nel contesto:
“Progressive”, lo dico per le persone normali tra voi, è una delle tante categorie che determinati tipi di musica o periodi rock si sono inventate nei decenni: in questo caso una categoria antica. Se volete leggervi tutta la storia potete andare su Wikipedia, io mi limiterò a dirvi che quando sentite il termine (o anche “prog”), si parla di questo: quel rock che negli anni Sessanta e Settanta si inventò composizioni più varie e lunghe, a volte opere complete, attingendo a generi classici, con arrangiamenti e strumentazioni più ricche del solito chitarra-basso-batteria-e-tastiere-ogni-tanto e suoni più inventivi. “Barocchi”, si è detto qualche volta. Insomma i Genesis, gli Yes, i King Crimson, ma pure i Pink Floyd, solo per dire i famosissimi.
Per un periodo successivo il progressive (che in Italia ebbe fortune e interpreti speciali) fu sprezzato da certi duri-e-puri, ma poi venne ripreso in forme più moderne a cavallo della fine del millennio, da band che di nuovo stavano strette nei formati di canzoni più convenzionali.

Ogni tanto il prog torna poco poco di moda. Ma restando su quei decenni là, tra le band idolatrate dai fan del progressive (una specie quasi sempre maschile e spesso soggetta ad alienazioni come i clienti medi del negozio di Alta fedeltà) ce ne fu una in particolare idolatrata dai fan italiani del progressive (c’è tutto un illustrissimo mondo del progressive italiano, di cui fecero parte band diventate famose nei loro momenti più pop – la PFM, le Orme, i New Trolls – e altre di culto solo tra i cultori). E insomma, la sto facendo molto professorale senza averne i titoli, ma c’era questa band nata nel 1967 a Manchester, e di cui il musicista che rimase più famoso era Peter Hammill, che poi fece cose egregie anche da solo e ora ha 72 anni: quello nella foto. Si chiamavano Van der Graaf generator (il “generatore di Van de Graaff” è in effetti un generatore inventato da un fisico americano).

La sto facendo lunga, stasera: fattostà che nel secondo disco dei Van der Graaf generator c’è la loro canzone più amata, una storia di terra promessa (non è la prima canzone che vi viene in mente che proponga di andare a Ovest, lo so) scritta da Hammill a 21 anni. Tranquilli, non c’è bisogno di essere alienati fan del prog per godersela. Se no, tante scuse a quelli che non hanno mai trovato la via.

There we shall spend our final days of our lives
Tell the same old stories: yeah well
At least we tried
Into the West, smiles on our faces, we’ll go
Oh, yes, and our apologies to those
Who’ll never really know the way


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