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  • Mercoledì 24 febbraio 2021

I Brooklyn Nets ci hanno messo quasi vent’anni

Dopo stagioni e stagioni di mediocrità e scelte disastrose, ora sono fra le migliori squadre in NBA e stanno rubando New York ai Knicks

di Pietro Cabrio

James Harden e Kevin Durant in Brooklyn Nets-Miami Heat (Elsa/Getty Images)
James Harden e Kevin Durant in Brooklyn Nets-Miami Heat (Elsa/Getty Images)

Con otto vittorie consecutive, a febbraio del 2021 i Brooklyn Nets sono stati la miglior squadra del campionato NBA. Di queste otto vittorie, cinque sono arrivate da una lunga trasferta sulla costa occidentale, il “road trip” più vincente per i Nets negli ultimi sessant’anni. Nelle vittorie contro Golden State, Los Angeles Lakers e Clippers, il maggior contributo è stato dato dai tre giocatori il cui arrivo nelle ultime due stagioni ha cambiato completamente le aspettative su una squadra nota perlopiù per insuccessi e difficoltà. Questi tre giocatori sono Kyrie Irving, James Harden e Kevin Durant, tre dei nomi più conosciuti del basket mondiale.

James Harden, Kevin Durant, Kyrie Irving (Sarah Stier/Getty Images)

Irving, Harden e Durant — che insieme contano tre titoli NBA e due premi MVP – sono da qualche mese il nuovo trio più acclamato del campionato. La loro presenza ha reso i Nets una delle favorite per la vittoria di un titolo che da quelle parti non si è mai visto. Salvo alcune brevi parentesi, i Nets sono stati una delle squadre più tormentate e anonime della NBA, relegati per anni in una condizione di mediocrità a cui nemmeno il trasferimento dal New Jersey a Brooklyn completato nel 2012 aveva saputo inizialmente porre rimedio.

Ma dopo una lunga serie di sfortune e decisioni disastrose coincise con gli anni della gestione di uno strano oligarca russo, Mikhail Prokhorov, i Nets sono riusciti a tirarsi fuori dal vicolo cieco in cui erano finti, grazie all’arrivo di una nuova proprietà, la stessa con cui ora potrebbero diventare la squadra newyorkese di riferimento per la NBA, anche grazie alle note difficoltà dei Knicks, la squadra di Manhattan che non gioca i playoff dal 2013 e non vince un titolo dal 1973.

La storia dei Nets fu travagliata fin dall’inizio. Vennero fondati nel 1967 come New Jersey Americans e inizialmente giocarono a Teaneck, ovest di New York. Dopo un solo anno si trasferirono a Long Island, dall’altra parte di Manhattan, e divennero i New York Nets, nome con il quale ottennero i primi e unici successi della loro storia. Negli anni Settanta furono anche la squadra di Julius Erving, ottavo miglior marcatore nella storia del basket nordamericano, che però rimase a Long Island soltanto tre anni prima di andare a Philadelphia per la miglior parte della sua carriera. Con Erving a Philadelphia, nel 1977 i Nets tornarono nel New Jersey e si stabilirono senza clamori a East Rutherford, dove trascorsero i successivi ventinove anni in un palazzetto isolato, poco frequentato e per giunta costruito nel mezzo di una palude.

Anche dopo essersi stabiliti a East Rutherford continuarono a far parlare di sé più per le loro scelte sbagliate e per la loro sfortuna. Al draft del 1987, per esempio, preferirono Dennis Hopson come terza scelta a Scottie Pippen e Reggie Miller, che fecero la storia del basket negli anni Novanta, mentre Hopson durò appena cinque stagioni. Nel 1991 riuscirono però a ingaggiare il fuoriclasse croato Drazen Petrovic, che fin dalle prime stagioni in New Jersey si affermò come un trascinatore: tenne una media di oltre venti punti a partita e divenne particolarmente famoso per i suoi tiri da tre, improbabili e spesso decisivi. Petrovic tuttavia morì nel 1993, all’apice della sua carriera con i Nets, in un incidente stradale in Germania di ritorno da una partita con la Croazia.

Drazen Petrovic nel 1991 (Ken Levine/Getty Images)

Tra gli anni Novanta e i primi Duemila nel New Jersey ci furono alcune buone stagioni, favorite dall’ingaggio nel 2001 del playmaker Jason Kidd, il cui arrivo coincise con le annate in cui i Nets arrivarono a giocare consecutivamente le prime e finora uniche due finali della loro storia. Ma, a conferma della fama di squadra incompleta, non furono particolarmente combattute: prima vennero stracciati 4-0 dai Lakers, poi 4-2 dai San Antonio Spurs. Le finali perse diedero inoltre inizio al peggior periodo nella storia dei Nets: il fatto di non essere né tra i migliori né tra i peggiori del campionato — quindi senza vittorie e senza i benefici che le ultime squadre del campionato possono ricevere, come le prime scelte al draft — li portò in una fase stagnante che durò anni.

Per dare una smossa alla situazione, l’allora dirigenza dei Nets decise di fare quello che  nel gergo americano viene chiamato “tanking”. Formò di proposito squadre scadenti per finire tra le peggiori del campionato e ottenere così le prime scelte al draft del 2010. Solo che il piano riuscì a metà. Quell’anno i Nets furono la peggior squadra della NBA — non solo, una delle peggiori di sempre — concludendo la stagione con 12 vittorie e ben 70 sconfitte. Alla lotteria che assegnò le scelte ai draft, però, non ricevettero la prima scelta, ma la terza: persero quindi la possibilità di selezionare il promettentissimo John Wall e chiamarono Derrick Favors, che rimase in New Jersey una sola stagione, lasciando alle avversarie nelle chiamate successive giocatori come DeMarcus Cousins, Gordon Hayward e Paul George, che ebbero delle carriere di gran lunga migliori.

Mikhail Prokhorov nel 2010 (Mike Stobe/Getty Images)

Il draft del 2010 fu la prima strategia disastrosa della gestione di Mikhail Prokhorov, oligarca all’epoca ritenuto il secondo uomo più ricco in Russia, divenuto proprietario della squadra nel 2009 senza conoscere nulla della NBA. Per sua stessa ammissione comprò i Nets per sviluppare di riflesso il basket russo e la polisportiva di Mosca di cui era proprietario, il CSKA, che all’epoca nel basket non riusciva a generare profitti nonostante i successi. Per Greg Hrinya, giornalista per anni al seguito dei Nets, Prokhorov «fece vedere a tutti come non gestire una squadra di NBA».

Con la proprietà spesso assente che delegava la gestione a terzi (i quali a loro volta facevano particolare affidamento alla figura pubblica del rapper Jay-Z, proprietario di una piccola quota della squadra), nel 2012 i Nets completarono il loro trasferimento dal New Jersey a Brooklyn. Era una svolta attesa da tempo — e per alcuni il vero motivo dietro l’investimento di Prokhorov, vista l’enorme attrattiva del luogo — che però non servì a invertire l’andamento della squadra nel breve termine.

Soltanto nella stagione del debutto a Brooklyn, i Nets arrivarono a spendere per i giocatori oltre 83 milioni di dollari, una cifra superata soltanto dai Los Angeles Lakers e addirittura più alta del budget annuale usato dai Miami Heat di LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh. Anche negli anni successivi continuarono a spendere molto per vecchie glorie a fine carriera, come Kevin Garnett, ingaggiato a 37 anni, e Paul Pierce, di appena un anno più giovane, e a scambiare scelte ai draft per giocatori sbagliati. Le decisioni non portarono nessun risultato e così i Nets si ritrovarono con squadre mediocri e il monte ingaggi bloccato per le troppe spese sostenute.

Le cose iniziarono a cambiare soltanto nel 2017 quando Joseph Tsai, co-fondatore e vice presidente di Alibaba, nato a Taiwan e cresciuto negli Stati Uniti, comprò il 49 per cento dei Nets da Prokhorov fino a raggiungere il controllo della maggioranza nel 2019 per una cifra complessiva di 3 miliardi e mezzo di dollari. Tsai spiegò il suo investimento dicendo: «È come comprare un grande appartamento a Park Avenue [ambito viale residenziale di Manhattan]: le squadre NBA non perdono mai il loro valore patrimoniale».

Il Barclays Center di Brooklyn (Roy Rochlin/Getty Images)

Al suo arrivo il general manager Sean Marks aveva già iniziato una strategia per risanare i bilanci: liberarsi degli ingaggi più onerosi e cercare discreti giocatori ancora giovani con buone possibilità di crescita, con l’obiettivo di alleggerire il monte salariale e di conseguenza tornare sotto il tetto imposto dalla NBA per avere nuovamente la possibilità di ingaggiare i migliori giocatori in circolazione.

Con la spinta positiva della nuova proprietà, la strategia di Marks ebbe successo. Nel 2019 i Nets sono tornati ai playoff dopo quattro anni con una squadra formata da diversi giovani interessanti come Jarrett Allen, Spencer Dinwiddie e soprattutto D’Angelo Russell, usato successivamente nello scambio con Golden State che ha portato a Brooklyn il due volte campione NBA Kevin Durant. Nella stessa stagione, prima di Durant, i Nets avevano potuto ingaggiare Irving, campione nel 2016 con i Cleveland Cavaliers di LeBron James. Pur giocando senza Durant per tutta la stagione e con Irving a mezzo servizio, l’anno scorso i Nets hanno raggiunto nuovamente i playoff, fermandosi però ancora al primo turno.

A completare la trasformazione in una squadra altamente competitiva, lo scorso gennaio Brooklyn ha costruito un intricato sistema di scambi di giocatori e scelte ai draft per assicurarsi James Harden, il miglior giocatore offensivo del campionato. Per averlo, Brooklyn ha rinunciato a rinnovare la propria rosa con i migliori giovani fino al 2027 per provare a vincere subito e costruirsi un’identità attorno al trio. Ora, a stagione inoltrata e dopo un inizio altalenante, il nuovo allenatore Steve Nash — insieme ai suoi due famosi assistenti, l’espertissimo Mike D’Antoni e l’ex giocatore Amar’e Stoudemire — pare abbia trovato il modo per far funzionare al meglio una squadra dal grandissimo potenziale offensivo, che in tanti si aspettano di vedere alle finali.