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  • Mercoledì 17 febbraio 2021

Anche in Slovenia si teme per la libertà di stampa

Il primo ministro Janez Janša, di estrema destra, è criticato per attaccare media e giornalisti che non stanno dalla sua parte

Il primo ministro sloveno Janez Jansa prima di un incontro dei leader europei a Bruxelles, in Belgio, lo scorso 10 dicembre. (EPA/ John Thys/ Pool via ANSA)
Il primo ministro sloveno Janez Jansa prima di un incontro dei leader europei a Bruxelles, in Belgio, lo scorso 10 dicembre. (EPA/ John Thys/ Pool via ANSA)

Di recente il governo sloveno è stato criticato perché accusato di voler limitare la libertà di stampa, soprattutto per via dei duri attacchi che il primo ministro di estrema destra Janez Janša rivolge puntualmente ai media nazionali e ai giornali che lo contestano. Le continue pressioni, e le minacce concrete di alcune leggi per limitare l’indipendenza dei media, hanno creato un clima di forte tensione tra diversi editori e giornalisti, tanto da spingerli a non voler trattare certi argomenti per timore di ritorsioni. La situazione sta creando forti preoccupazioni perché secondo i critici il governo starebbe adottando un atteggiamento sempre più antidemocratico, come già successo negli ultimi anni ad altri paesi dell’Europa orientale (per esempio Polonia e Ungheria).

Negli ultimi mesi Janša ha definito l’agenzia di stampa slovena (STA) «una disgrazia nazionale» e ha bloccato temporaneamente i fondi governativi, per poi sbloccarne solo una parte. Ha accusato un media statale, la Radiotelevisione nazionale (Radiotelevizija Slovenija, RTV) di diffondere bugie e disinformazione, e ha impedito alle autorità sanitarie di comparire sia nelle trasmissioni delle reti pubbliche che su un canale televisivo privato perché secondo lui diffondevano notizie false sulla pandemia da coronavirus.

La scorsa estate il suo governo aveva inoltre proposto alcune modifiche alle leggi sui media. Se le modifiche venissero approvate, lo stato avrebbe ancora più controllo sull’agenzia di stampa statale, inclusa la possibilità di ridurre notevolmente i fondi agli organi di informazione pubblica.

Nel frattempo, i media filo-governativi come Nova24TV stanno avendo un ruolo attivo nel dare risalto agli attacchi di Janša nei confronti dei giornalisti che non rientrano nelle grazie del governo: alcuni di questi media sono sostenuti in parte da investitori legati all’Ungheria, un paese in cui ormai esistono pochissimi media indipendenti dal governo e dal partito del primo ministro Viktor Orbán.

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Janša è una figura molto nota nella politica slovena, ed è stato uno dei protagonisti di tutta la storia recente del paese, cominciata nel 1991 con l’indipendenza dalla Jugoslavia. Dal 1993 è presidente del Partito democratico sloveno (SDS), e prima di essere eletto capo del governo, nel marzo del 2020, era già stato primo ministro altre due volte.

È stato in carcere due volte – la prima come dissidente politico e la seconda come condannato per corruzione – e ha cambiato orientamento politico in diverse occasioni: giovane comunista, è stato socialdemocratico, pacifista, fautore della guerra contro la Jugoslavia, poi liberale. Da tempo, però, è definito come un politico di estrema destra: sodale di Orbán, è ideologicamente allineato alla destra populista che in questi anni ha sostenuto con convinzione Donald Trump. Oggi ha posizioni molto nette sull’immigrazione che sfociano spesso nella discriminazione degli stranieri e, tra le altre cose, vorrebbe limitare l’indipendenza della magistratura.

Nonostante nel parlamento sloveno la coalizione che lo sostiene abbia una maggioranza di un solo deputato, Janša non sta facendo nulla per cercare compromessi con l’opposizione, e anzi, si comporta come un leader semi-autoritario.

Lo scorso ottobre 22 editori sloveni avevano scritto una lettera aperta per denunciare le «bugie, insinuazioni, manipolazioni e gli insulti espressi da chi è al potere, a partire dai vertici del governo» e segnalare che nonostante la libertà di stampa fosse in pericolo loro non avrebbero «ceduto alle pressioni». Ciononostante, le cose non stanno andando proprio così.

Secondo diversi giornalisti intervistati da Politico e rimasti anonimi per paura di ritorsioni, i ripetuti attacchi di Janša ai media pubblici e ai giornalisti hanno creato un clima di grande incertezza e timore.

Molti lo accusano di fomentare l’odio nei confronti dei media, tanto che diversi direttori hanno detto di ricevere quotidianamente telefonate, lettere, e-mail e messaggi minatori sui social network. Parecchi giornalisti, inoltre, hanno detto di sentirsi sotto pressioni così forti da aver smesso di scrivere di alcuni argomenti per paura di ritorsioni: per esempio del ruolo dei movimenti di estrema destra nel paese e degli interessi ungheresi in Slovenia, oltre che, naturalmente, delle politiche del governo.

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I giornalisti intervistati hanno detto che le persone «hanno iniziato ad avere paura». Una di loro ha detto che sono in particolare le giornaliste donne a essere prese di mira: «Se una donna scrive una storia, tutti dicono “è una troia, è una stronza”».

In un saggio dello scorso maggio chiamato “Guerra con i media”, Janša aveva detto che certi media si erano «arrogati il diritto di un monopolio di conoscenza e giudizi» e che «una piccola cerchia di direttrici donne, che hanno legami familiari e di soldi con le fondamenta del deep state [una delle tipiche teorie complottiste della destra radicale], hanno creato un’atmosfera di odio e intolleranza».

La scorsa settimana cinque partiti dell’opposizione di sinistra avevano presentato una mozione di sfiducia contro il governo, criticando la gestione della pandemia da coronavirus e varie politiche antidemocratiche, tra cui anche quella sulla stampa: con la votazione in Parlamento di lunedì, però, il governo ha mantenuto la fiducia, seppur con soli sei voti di scarto.

Un manifestante indossa una maschera di carta che raffigura Janša. Gli altri volti sono quelli dei membri del Parlamento che avrebbero potuto esprimere i voti decisivi per la sfiducia al governo. Lubiana, Slovenia, 15 febbraio 2021 (Luka Dakskobler/ SOPA Images via ZUMA Wire / ANSA)

La presidente dell’Associazione dei giornalisti sloveni, Petra Lesjak Tušek, ha detto che «in Europa pochi paesi hanno vissuto una regressione così rapida nella libertà di stampa e in quella dei media». Secondo Barbara Štrukelj, la direttrice di STA, anche l’indipendenza dell’agenzia è «assolutamente» a rischio.

Le politiche del governo di Janša vanno contro le linee guida dell’Unione Europea sulla libertà dei media, secondo cui «i giornalisti dovrebbero poter fare il loro lavoro senza paura né favori». La situazione della Slovenia peraltro si aggiunge alla preoccupazione degli ultimi mesi per l’atteggiamento di altri paesi dell’Europa centrale e orientale, in particolare Polonia e Ungheria. Entrambi questi paesi sono guidati da governi semi-autoritari che hanno consolidato il proprio potere grazie al controllo dei media tradizionali e più di recente stanno facendo pressione affinché i social network permettano la condivisione di notizie false e contenuti discriminatori: esattamente il contrario di quello che sta facendo la maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale.

L’amministrazione di Janša ha respinto tutte le accuse dei partiti dell’opposizione e dei critici, sostenendo che il governo non abbia «esercitato alcuna forma di pressione sulla STA» e che le proposte di modifica alla legge sui media «non mettano in alcun modo a rischio la libertà di stampa». Il ministro per gli Affari esteri, Anže Logar, ha detto che il problema è che in Slovenia «i media non sono distribuiti in maniera equa tra destra e sinistra, perciò è tutto molto unilaterale»; secondo Logar, ci sarebbe bisogno di più «professionalità» per distinguere «il giornalismo dall’attivismo politico».