Sono tornate le zone rosse locali

Vengono decise dalle singole regioni, e servono a limitare la velocità di circolazione delle varianti del coronavirus

Perugia in zona rossa
(ANSA/Danilo Nardoni)
Perugia in zona rossa (ANSA/Danilo Nardoni)

Nell’Italia che è quasi tutta in zona gialla, da oggi in molti comuni sono entrate in vigore misure restrittive più stringenti per contenere la diffusione del contagio da coronavirus. Si chiamano “zone rosse locali” e sono tornate dopo qualche mese in cui il ministero della Salute e le regioni avevano preferito provvedimenti su scala regionale classificati con i colori giallo, arancione e rosso. Al momento le zone rosse locali si trovano in Umbria, Alto Adige, Abruzzo, Molise, Toscana e Sicilia.

La possibilità di provare a contenere il virus nel caso di una situazione particolarmente critica in un territorio circoscritto è prevista fin dall’inizio dell’epidemia, ed è stata utilizzata in più occasioni soprattutto durante la prima ondata. L’Istituto superiore di sanità la considera una delle strategie più efficaci per contrastare la diffusione delle varianti del coronavirus, soprattutto le più note, cioè quelle chiamate “inglese”, “brasiliana” e “sudafricana”.

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Molti studi hanno dimostrato che queste varianti sono più contagiose rispetto alla prima versione del virus, e i dati rilevati anche a livello locale dimostrano come la trasmissione sia più rapida. La presenza delle varianti è il principale motivo per cui sono state approvate le zone rosse locali, un metodo che sarà utilizzato anche nei prossimi mesi per circoscrivere il virus e allo stesso tempo evitare chiusure totali generali.

I provvedimenti restrittivi previsti dalle zone rosse locali sono molto simili alle regole della zona rossa nazionale: divieto di uscire di casa se non per motivi di lavoro, salute o necessità urgente, scuole chiuse, così come negozi, bar e ristoranti. L’obiettivo è limitare gli spostamenti il più possibile, il metodo più efficace per limitare la trasmissione del virus in attesa di un’estensione della campagna vaccinale oltre le fasce della popolazione più a rischio. Ogni regione, però, può attivare provvedimenti più restrittivi oppure più permissivi: l’autonomia consente di derogare alcune misure più dure, quindi ogni zona rossa ha regole precise che i cittadini devono consultare sui siti ufficiali dei comuni o delle regioni.

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Alto Adige
Una delle aree più autonome in Italia è la provincia – autonoma, appunto – di Bolzano, che spesso negli ultimi mesi ha approvato provvedimenti in contrasto con le indicazioni del ministero della Salute. Già da ottobre in Alto Adige si sono avvicendate chiusure e aperture decise con ordinanze provinciali. L’ultima è stata firmata sabato 6 febbraio dal presidente Arno Kompatscher dopo il notevole aumento di contagi registrato nelle precedenti due settimane. Il provvedimento sarà in vigore in tutti i comuni della provincia per tre settimane, da oggi fino a domenica 28 febbraio.

Giovedì scorso, in Alto Adige è stata confermata la presenza di un caso di variante “inglese” in un malato, ora guarito, che abita a Lana, uno dei comuni con un’alta incidenza di contagi. Secondo gli ultimi dati, nella provincia autonoma di Bolzano è stata registrata l’incidenza più alta in Italia: 1.270 positivi ogni 100mila abitanti nelle due settimane da metà a fine gennaio.

La situazione è peggiorata dopo le feste natalizie nonostante gli sforzi della provincia, che a fine novembre aveva organizzato uno screening di massa per testare tutta la popolazione (screening che non ha dato i risultati sperati). «I tanti test effettuati per interrompere le tante catene infettive dovevano evitare un’impennata dei casi», ha spiegato il presidente della provincia autonoma Arno Kompatscher. «Nonostante questo, abbiamo dovuto constatare che negli ultimi giorni la curva non si è piegata. Pensavamo che dopo le feste ci sarebbero stati degli innalzamenti fisiologici ma poi un abbassamento. Purtroppo c’è stato un lieve ma continuo aumento, legato anche a delle novità».

(Mauro Scrobogna /LaPresse)

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Umbria
Da oggi anche in Umbria, una delle regioni dove la situazione dei contagi è più critica, è entrata in vigore una zona rossa locale. Le misure restrittive coinvolgono tutta la provincia di Perugia e sei comuni nella provincia di Terni: Amelia, Attigliano, Calvi dell’Umbria, San Venanzo, Lugnano in Teverina e Montegabbione. La zona rossa è prevista per due settimane, fino al 21 febbraio.

La settimana scorsa il direttore generale della Sanità della Regione Umbria, Claudio Dario, ha inviato all’Istituto superiore di sanità 42 campioni per rilevare l’eventuale presenza di varianti. In effetti i risultati hanno confermato i timori: 18 tamponi provenienti dall’area della provincia di Perugia erano positivi alla variante “inglese”, mentre 12 tamponi eseguiti per arginare i cluster all’ospedale di Perugia erano positivi alla variante “brasiliana”.

Dopo un confronto con il comitato tecnico scientifico nazionale e l’Istituto superiore di sanità, la presidente della Regione, Donatella Tesei, ha firmato l’ordinanza. Domenica Tesei ha spiegato di aver «adottato il principio di massima precauzione per evitare che il virus possa dilagare anche al resto dell’Umbria e alle regioni limitrofe. Credo che questo approfondimento fatto sia utile all’intero paese e adesso anche altre Regioni stanno cominciando a intervenire con esami più approfonditi per isolare le varianti».

Toscana
La Toscana è in zona gialla, ma da domenica 7 febbraio il comune di Chiusi, ottomila abitanti in provincia di Siena, è in zona rossa e lo rimarrà per una settimana fino al 14 di febbraio.

L’ordinanza è stata firmata dal presidente della Toscana, Eugenio Giani, in seguito al notevole aumento di contagi rilevati nel Comune e alla presenza di due tipi di varianti, la “brasiliana” e la “sudafricana”. «Varianti al virus più aggressive e di rapida trasmissione sono state registrate al confine con la regione Umbria, nel comune di Chiusi», ha scritto su Facebook il presidente della Regione, Eugenio Giani. «Con il sindaco Juri Bettollini abbiamo concordato, in modo preventivo e precauzionale, le misure della zona rossa per una settimana all’interno del territorio municipale da domenica 7 al 14 febbraio».

A Chiusi è stato organizzato uno screening di massa per individuare i positivi e isolarli. Cinquemila degli ottomila abitanti si sono prenotati per i tamponi molecolari che verranno eseguiti nel corso della settimana.

Molise
Sono 28 i comuni del Basso Molisano entrati in zona rossa da oggi, fino al 21 febbraio: Termoli, Acquaviva Collecroce, Casacalenda, Castelmauro, Civitacampomarano, Colletorto, Guardialfiera, Guglionesi, Larino, Mafalda, Montecilfone, Montefalcone del Sannio, Montemitro, Montenero di Bisaccia, Montorio nei Frentani, Palata, Petacciato, Portocannone, Ripabottoni, Rotello, San Felice del Molise, San Giacomo degli Schiavoni, San Giuliano di Puglia, San Martino in Pensilis, Santa Croce di Magliano, Tavenna e Ururi.

Al contrario di altri comuni in Italia, in quest’area non è stata ancora accertata la presenza di varianti, ma il significativo aumento dei contagi e dei ricoveri ha convinto il presidente della Regione, Donato Toma, a firmare un’ordinanza che prevede misure ancor più restrittive rispetto alla zona rossa del decreto Natale. Nei 28 comuni molisani, infatti, oltre agli spostamenti all’interno del territorio comunale sono vietate anche le visite ai parenti.

Abruzzo
Da sabato 6 febbraio, in Abruzzo, ci sono tre comuni in zona rossa: Atessa e San Giovanni Teatino in provincia di Chieti, e Tocco da Casauria in provincia di Pescara.

Alcuni dei tamponi analizzati dall’Istituto superiore di sanità hanno rilevato la presenza della variante inglese. Per limitare la diffusione del contagio, inizialmente è stata studiata una zona rossa “rinforzata” che prevedeva il divieto di spostarsi dal comune anche per motivi di lavoro. Il presidente della Regione, Marco Marsilio, ha firmato un’ordinanza correttiva, valida fino al 13 febbraio, per consentire gli spostamenti per motivi di lavoro. «Anche a seguito di un confronto con i sindaci interessati si è ritenuto opportuno riscrivere i punti relativi alla disciplina da adottare, per evitare che si potesse ingenerare alcuna confusione», ha spiegato in una nota lo staff del presidente.

Sicilia
Anche un comune siciliano, Tortorici, in provincia di Messina, è in zona rossa da venerdì 5 a lunedì 14 febbraio. La Sicilia invece rimane in zona arancione. Nei giorni scorsi, nel comune sui monti Nebrodi che conta circa seimila abitanti sono stati trovati 64 nuovi positivi con i test molecolari e 4 con i test antigenici. Non si può entrare e uscire dal comune, se non per motivi di lavoro, salute o urgenza.

Le indicazioni del ministero della Salute
La possibilità di emanare zone rosse locali è prevista dal documento di “classificazione del rischio” che regola il monitoraggio dell’epidemia fatto dall’Istituto superiore di sanità. I dati rilevati devono rispondere, tra le tante domande, anche a quella che chiede se nel territorio vi sia «un’evidenza di trasmissione non gestibile in modo efficace con misure locali (zone rosse)». Se la risposta è affermativa, il rischio è “alto”. Altrimenti la regione viene classificata in rischio “moderato”.

Secondo Giovanni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero della Salute, le zone rosse locali sono molto importanti per limitare la velocità di trasmissione del virus soprattutto durante la campagna vaccinale, per impedire che la circolazione del coronavirus aumenti la possibilità di creare mutazioni.

Venerdì scorso, durante la conferenza di presentazione dell’analisi dei dati regionali, Rezza ha parlato di «corsa contro il tempo». «Insieme all’Istituto superiore di sanità abbiamo attivato un sistema di sorveglianza epidemiologica e molecolare basato sui centri di riferimento regionale e altri laboratori, tra cui quelli universitari, per aumentare la capacità di monitoraggio». «Abbiamo previsto “flash survey”, studi di prevalenza diffusi in tutto il paese per valutare l’eventuale presenza della circolazione delle varianti». Grazie a questi studi si possono prendere provvedimenti in tempi più rapidi per circoscrivere subito i focolai, anche all’interno di un singolo comune. «È importante agire prontamente, anche con le zone rosse, che possono essere emanate anche in regioni gialle. Dove viene identificata la presenza di varianti si può, anzi si devono fare mini lockdown temporanei nei comuni o nelle province».