• Italia
  • Giovedì 14 gennaio 2021

Ci sono nuovi parametri per decidere i colori delle regioni

Il governo ha deciso due modifiche importanti al vecchio schema: l'estensione dell'area arancione e la creazione di un'area bianca

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che fissa nuovi parametri per classificare le regioni secondo i colori associati a diversi livelli di rischio epidemiologico, che determinano le conseguenti misure restrittive per limitare il contagio. L’ultima modifica fatta era piuttosto recente, e risaliva al 5 gennaio. La novità principale del decreto legge approvato mercoledì sera è l’introduzione di un nuovo colore: oltre a giallo, arancione e rosso, infatti, ci sarà un’area bianca. Ma sono stati previsti anche nuovi parametri che rendono più facile l’applicazione della zona arancione. I nuovi parametri saranno validi dal 16 gennaio fino al 5 marzo, salvo interventi correttivi con nuovi DPCM.

I colori delle regioni dipendono da tre macroaree: l’incidenza settimanale dei contagi da coronavirus ogni 100mila abitanti, i livelli di rischio e gli scenari. Per valutare l’incidenza settimanale è stata fissata una soglia a 50 casi ogni 100mila abitanti, ma questo indicatore deve essere considerato e incrociato con altri due: i livelli di rischio – basso, medio e alto – e i quattro scenari, chiamati semplicemente 1, 2, 3 e 4.

In tutto, quindi, ci sono 24 possibili combinazioni. Secondo l’ultimo monitoraggio settimanale diffuso dall’Istituto di sanità, nella settimana a cavallo della fine dell’anno tutte le regioni erano sopra la soglia dei 50 casi settimanali per 100mila abitanti, e la regione con il dato più basso era la Sardegna con 78 casi per 100mila abitanti. Tuttavia sono già passati diversi giorni, e l’incidenza settimanale – sulla base dei dati della Protezione Civile – risulta questa:

Il livello di rischio basso, medio o alto si ricava dall’analisi dei 21 indicatori scelti per monitorare l’andamento dell’epidemia. Ogni giorno le regioni inviano una serie di dati alla cabina di regia che ha il compito di valutare a che punto è l’epidemia. La valutazione si basa soprattutto sul numero di nuovi focolai individuati grazie ai tamponi, l’andamento degli accessi al pronto soccorso per coronavirus, il tasso di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive, l’efficienza del sistema di contact tracing.

Per determinare gli scenari, invece, si considera il valore dell’indice Rt, cioè l’indice che serve a misurare quanto viene trasmesso il virus e che, per usare la definizione del ministero della Salute, «rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento dell’epidemia stessa». Con indice Rt inferiore a 1 si va nello scenario 1, con un indice Rt tra 1 e 1,25 si va nello scenario 2, con indice Rt tra 1,25 e 1,5 si va nello scenario 3 e infine c’è lo scenario 4 con indice Rt superiore a 1,5.

Le differenze rispetto all’ultimo schema di attribuzione dei colori sono l’introduzione dell’area bianca e l’estensione dell’area arancione. Nell’area bianca entreranno le regioni con uno scenario di “tipo 1”, un livello di rischio “basso” e una incidenza settimanale dei contagi, per tre settimane consecutive, inferiore a 50 casi ogni 100mila abitanti. Non sappiamo ancora come funzioneranno concretamente le cose nelle regioni in zona bianca. Non si applicheranno le misure restrittive previste dai decreti e dai DPCM per le aree gialle, arancioni e rosse, ma le attività si svolgeranno secondo protocolli specifici, presumibilmente più permissivi. Potranno comunque essere adottate, con nuovi DPCM, specifiche misure restrittive in relazione a determinate attività particolarmente rilevanti dal punto di vista epidemiologico.

Nel suo intervento alla Camera, inoltre, il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto che entreranno «in area arancione tutte le regioni a rischio alto, secondo i 21 parametri». In realtà, come si legge nel testo del decreto legge, questo sembra valido soltanto per le regioni sopra la soglia dei 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti: per quelle sotto la soglia, infatti, al momento valgono i criteri previsti nel primo decreto che ha introdotto i colori.

In questo schema, il riassunto del nuovo sistema di classificazione

L’altra novità importante che riguarda i dati per monitorare a che punto è l’epidemia riguarda la comunicazione degli aggiornamenti quotidiani relativi alla quantità di tamponi antigenici eseguiti dalle regioni. Dopo la circolare pubblicata la settimana scorsa dal ministero della Salute, infatti, in molti casi è stato autorizzato l’utilizzo del tampone antigenico rapido per determinare un “caso Covid-19”, oltre al classico tampone molecolare.

Nel bollettino quotidiano, in pratica, saranno aggiunti due dati importanti: il numero di nuovi positivi trovati grazie ai test antigenici e il numero di test antigenici eseguiti ogni giorno. In questo modo si potrà valutare con più accuratezza l’impatto dei test antigenici rapidi nella strategia di testing delle regioni. Questi dati potrebbero influire soprattutto sul calcolo della percentuale di positività dei tamponi. Eseguire un test antigenico è molto più rapido e semplice rispetto a un test molecolare: con il previsto aumento di tamponi conteggiati, quindi, la percentuale di positività potrebbe calare in molte regioni. È un dato che negli ultimi mesi è servito molto per valutare l’andamento dell’epidemia, ma che ora deve essere interpretato in modo un po’ diverso, separando quello relativo ai tamponi molecolari da quello complessivo.