Quali sono i nuovi parametri per decidere i colori delle regioni

Si dividono in tre macro-aree e portano a 24 possibili combinazioni, che determinano se una regione è in zona gialla, arancione o rossa

Roma vuota durante il lockdown di Natale (Cecilia Fabiano/ LaPresse)
Roma vuota durante il lockdown di Natale (Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Con il decreto legge pubblicato in Gazzetta ufficiale il 5 gennaio sono state introdotte alcune modifiche ai parametri utilizzati dal governo per classificare le regioni secondo i colori associati a diversi livelli di rischio epidemiologico e alle conseguenti misure restrittive. Il sistema a colori – giallo, arancione e rosso – è stato introdotto lo scorso 6 novembre e impone una serie di progressive misure da adottare per limitare la trasmissione del coronavirus. Le regole basate sulla classificazione a colori erano state superate, solo provvisoriamente, dal “decreto Natale”, che è scaduto il 6 gennaio. Con il nuovo decreto che dura fino al 15 gennaio, il governo ha reintrodotto i parametri che si basano sul monitoraggio settimanale pubblicato dall’Istituto superiore di sanità, ma con qualche modifica.

Lo schema di attribuzione dei colori si divide in tre macroaree: l’incidenza settimanale ogni 100mila abitanti, i livelli di rischio e gli scenari. I livelli di rischio e gli scenari erano già presenti nel decreto pre-natalizio. Rispetto a quella versione, invece, è stato aggiunto il parametro relativo all’incidenza settimanale dei casi, cioè quante persone sono risultate positive ogni 100mila abitanti negli ultimi sette giorni.

Per valutare l’incidenza settimanale è stata fissata un’unica soglia, pari a 50 casi ogni 100mila abitanti: le regioni possono essere sopra o sotto, ma in ogni caso può diventare rossa anche una regione con incidenza inferiore alla soglia, oppure può essere gialla un’altra con incidenza superiore. Questo perché il parametro dell’incidenza viene considerato insieme ad altri due: i livelli di rischio – basso, medio e alto – e i quattro scenari, chiamati semplicemente 1, 2, 3 e 4. In tutto ci sono 24 possibili combinazioni.

Il livello di rischio basso, medio o alto viene definito dall’analisi dei 21 indicatori scelti per monitorare l’andamento dell’epidemia. I dati più importanti sono il numero di nuovi focolai, il numero di accessi al pronto soccorso per coronavirus, il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva, l’efficienza del contact tracing.

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Gli scenari, invece, sono stati definiti nel documento “Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale” studiato dall’Istituto superiore di sanità insieme al ministero e alle regioni. Gli scenari 1 e 2 dovrebbero corrispondere a focolai localizzati e gestibili dal sistema sanitario. Gli scenari 3 e 4 sono invece quelli in cui la trasmissibilità del virus è diffusa e più grave, e pertanto necessitano misure restrittive più drastiche.

L’aspetto determinante per la valutazione degli scenari è il valore dell’indice Rt,, cioè l’indice che serve a misurare quanto viene trasmesso il virus e che «rappresenta – per usare la definizione del ministero della Salute – il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento dell’epidemia stessa». Con indice Rt inferiore a 1 si va nello scenario 1, con un indice Rt tra 1 e 1,25 si va nello scenario 2, con indice Rt tra 1,25 e 1,5 si va nello scenario 3 e infine c’è lo scenario 4 con indice Rt superiore a 1,5.

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Riassumendo, e per fare qualche esempio: una regione finisce direttamente in area rossa se ha un’incidenza di positivi settimanali sopra i 50 casi ogni 100mila abitanti, livello di rischio moderato e scenario 3 oppure 4. Una possibilità – ma non automatica stavolta, perché i criteri sono quelli precedenti all’ultimo decreto – per la zona rossa è avere meno di 50 positivi settimanali ogni 100mila abitanti, ma livello di rischio alto e scenario 4.

La nuova classificazione è stato riassunta in questo schema dal ricercatore Vittorio Nicoletta

Secondo l’ultimo report settimanale dell’Istituto superiore di sanità, al momento tutte le regioni sono sopra la soglia di 50 positivi settimanali per 100mila abitanti, e il livello di rischio è alto in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, provincia autonoma di Bolzano, provincia autonoma di Trento, Puglia, Umbria. L’unica regione con rischio basso è la Toscana.

Le uniche regioni nello scenario 2 sono la Calabria, l’Emilia-Romagna e la Lombardia, le altre sono nello scenario 1. È importante precisare, però, che per assegnare lo scenario non viene considerato l’indice Rt medio della settimana, ma il valore inferiore all’interno del range che emerge dal monitoraggio settimanale. Come ha fatto notare l’analista di YouTrend Lorenzo Ruffino, nell’ultimo aggiornamento la Lombardia è stata inserita nello scenario 2, e di conseguenza in area arancione, perché il valore inferiore di Rt è a 1,24. Il valore massimo è a 1,3 e il valore medio 1,27. Se l’estremo inferiore dell’Rt lombardo fosse stato di 0,01 più alto, a 1,25, la regione sarebbe stata classificata in area rossa.

Il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro ha spiegato gli ultimi dati e alcuni dei nuovi parametri durante la conferenza stampa organizzata per mostrare i risultati dell’ultimo monitoraggio settimanale.


Queste regole saranno valide fino al 15 gennaio, ma non è escluso che vengano confermate anche in un nuovo DPCM. Tutto dipende dall’evoluzione del contagio nei prossimi giorni e quindi dall’efficacia delle misure restrittive.