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  • Domenica 7 febbraio 2021

Cuba vuole meno economia di stato

Il governo ha approvato una riforma che apre all'impresa privata la stragrande maggioranza dei settori produttivi

Un venditore di zucchero filato a Cuba (AP Photo/Ramon Espinosa, File)
Un venditore di zucchero filato a Cuba (AP Photo/Ramon Espinosa, File)

Sabato, il governo di Cuba ha annunciato la più grande riforma economica negli ultimi anni, che consentirà all’impresa privata di entrare in migliaia di settori produttivi che finora erano stati esclusiva dello stato. La riforma, di cui si era cominciato a parlare in agosto e che è stata approvata venerdì dal Consiglio dei ministri cubano, prevede che i settori dell’economia in cui sarà consentita l’attività privata, senza intervento statale, passeranno da 127 a oltre 2mila.

L’economia di Cuba, un’isola sotto il governo autoritario del Partito comunista, è da decenni basata su un ruolo centrale dello stato. Secondo la ministra del Lavoro Marta Elena Feitó Cabrera, citata dal giornale del Partito comunista Granma, i lavoratori nel settore privato sono il 13 per cento della popolazione attiva, cioè 600 mila persone. Questi dati non tengono conto però di un mercato parallelo molto fiorente, di cui è complicato stimare la grandezza.

I lavoratori privati finora sono stati impiegati in piccole cooperative attive soprattutto nel settore turistico, che è stato duramente colpito dalla crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus, e in altri come l’artigianato, il commercio e i trasporti locali, come i taxi. Appartengono ufficialmente al settore privato anche centinaia di migliaia di piccoli agricoltori.

La riforma appena approvata dovrebbe aprire all’impresa privata praticamente tutti i settori dell’economia: degli oltre 2mila settori di attività economica riconosciuti ufficialmente dallo stato (in un registro che si chiama Clasificador Nacional de Actividades Económicas), soltanto 124 rimarranno parzialmente o del tutto riservati all’economia statale, ha detto la ministra Feitó Cabrera. Non è chiaro quali rimarranno i settori di esclusiva pertinenza dello stato, ma secondo AFP dovrebbero includere i media, la sanità e la difesa, tra le altre cose.

Secondo Granma la riforma dovrebbe favorire «lo sviluppo economico e sociale della nazione». L’economia cubana è in grave crisi, aggravata dalla pandemia: nel 2020 il PIL è calato dell’11 per cento, ma anche negli anni precedenti era capitato che a causa di difficoltà economiche fosse necessario il razionamento di alimenti e beni di prima necessità.

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Già l’anno scorso il presidente cubano Miguel Díaz Canel aveva indicato nell’espansione del settore non statale «una priorità immediata» per cercare di rivitalizzare l’economia. Negli ultimi mesi, il governo ha approvato altre riforme che dovrebbero consentire una maggiore libertà economica, tra cui garantire alle piccole imprese un limitato accesso alle importazioni ed esportazioni estere e l’eliminazione del sistema della doppia valuta.

Secondo Pavel Vidal, un economista della banca centrale cubana sentito da Reuters, inizialmente la liberalizzazione del settore pubblico potrebbe penalizzare molti cittadini, che potrebbero cominciare a vedere benefici soltanto gradualmente. Non è ancora chiaro però quali potrebbero essere gli effetti sul lungo termine di queste liberalizzazioni, né quanto il governo intenda intraprendere una riforma complessiva dell’economia.