Il colpo di stato in Myanmar, dall’inizio
Chi comanda ora, dov'è finita Aung San Suu Kyi e chi sta protestando contro i militari che hanno preso il potere
Lunedì primo febbraio in Myanmar l’esercito ha preso il potere con un colpo di stato: ha arrestato tutti i principali leader del partito di maggioranza, tra cui Aung San Suu Kyi, che era di fatto capo del governo, ha dichiarato un anno di stato d’emergenza, ha interrotto le linee telefoniche nella capitale Naypyitaw e nella città di Yangon, e ha sospeso le trasmissioni della televisione di stato. A guidare il golpe è stato il capo delle forze armate birmane, il generale Min Aung Hlaing, che in seguito ha assunto il ruolo di capo del governo, mentre l’ex generale Myint Swe, che dal 2016 era uno dei due vicepresidenti, è stato nominato presidente ad interim.
Il colpo di stato è avvenuto nel giorno in cui si sarebbe dovuto riunire per la prima volta il nuovo Parlamento dopo le elezioni dello scorso novembre, vinte nettamente dalla Lega nazionale per la democrazia (NLD), il partito di Aung San Suu Kyi, e perse dal Partito per la solidarietà e lo sviluppo dell’Unione (USDP), sostenuto dai militari. Dopo le elezioni, i militari avevano contestato i risultati accusando la NLD di brogli, e negli ultimi giorni il clima si era fatto particolarmente teso.
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Il 27 gennaio il generale Min Aung Hlaing aveva tenuto un discorso in videoconferenza con l’Accademia militare in cui sosteneva la possibilità che la Costituzione venisse abolita. In molti avevano temuto che in quelle parole si nascondesse l’avvertimento di un possibile colpo di stato, ma l’esercito aveva diffuso successivamente un comunicato in cui sosteneva che il discorso del generale era stato male interpretato.
Lunedì mattina, però, quell’ipotesi è diventata realtà, con i militari che hanno bloccato l’accesso alla strada principale che conduce al Parlamento e con gli arresti dei parlamentari della NLD. Dopo essere diventato nuovo capo del governo, il generale Min Aung Hlaing ha detto che la giunta militare avrebbe garantito «un autentico sistema democratico multipartitico, basato sulla disciplina», e ha promesso di indire nuove elezioni, senza specificare quando, al termine delle quali il potere sarà trasferito al partito vincitore. Nel frattempo ha nominato 11 ufficiali dell’esercito come ministri del suo nuovo governo, e rimosso i 24 ministeri esistenti.
Molti osservatori, comunque, hanno espresso enormi dubbi sulla reale volontà di Min Aung Hlaing di avviare un processo di democratizzazione: nonostante la presenza di un governo civile, infatti, negli ultimi anni i militari non si erano mai ritirati veramente dalla vita politica del paese, mantenendo grandissimi poteri e influenza.
Il colpo di stato ha riguardato anche centinaia di parlamentari birmani che sono stati tenuti rinchiusi per quasi due giorni in un complesso governativo della capitale Naypyitaw, seppur con la possibilità di comunicare con l’esterno via telefono. Uno di loro ha raccontato che all’interno del complesso erano sorvegliati dalla polizia, mentre l’esterno era controllato dai militari, e ha detto che molti di loro avevano passato la notte tra lunedì e martedì senza dormire, con il timore di essere portati via da un momento all’altro. Un altro parlamentare ha parlato ad AFP descrivendo il luogo in cui era rinchiuso come «un campo di prigionia a cielo aperto». Mercoledì Kyi Toe, portavoce della NLD, ha detto ad Associated Press che i parlamentari rinchiusi nel complesso erano stati fatti uscire e erano tornati nelle loro case.
Non si hanno invece notizie chiare di cosa sia successo ad Aung San Suu Kyi e dove si trovi. Secondo Kyi Toe, lunedì sarebbe stata portata in una località diversa dagli altri parlamentari della NLD, dove si troverebbe ancora adesso. Al momento non si sa come Kyi Toe abbia ottenuto queste informazioni. Inoltre, secondo un documento della polizia visto da Reuters, Aung San Suu Kyi sarebbe stata accusata di aver violato una legge sulle importazioni, dopo che in una perquisizione nella sua abitazione sarebbe stata trovata una radio importata illegalmente. Per questo la sua detenzione è stata prolungata fino al 15 febbraio.
Il fatto che Aung San Suu Kyi sia stata portata in un luogo segreto e che la giunta militare non abbia dato informazioni al riguardo si spiega con l’enorme popolarità di cui la leader del partito gode nel paese. Aung San Suu Kyi è stata infatti una delle figure più note e importanti a sostenere il ritorno alla democrazia e la fine della dittatura militare che ha governato il Myanmar per quasi mezzo secolo; per il suo impegno politico ha trascorso 15 anni agli arresti domiciliari e ha vinto il premio Nobel per la Pace.
A seguito della sua liberazione, nel 2010, è diventata capo dell’opposizione, e infine leader di fatto del Myanmar, dopo la vittoria alle elezioni del 2015, le prime davvero libere in 25 anni. Nonostante la sua popolarità, negli ultimi anni aveva ricevuto molto critiche dall’estero perché il suo governo, che in parte ha continuato a dipendere dal potere dei militari, aveva dapprima ignorato e poi difeso la persecuzione della minoranza musulmana dei rohingya.
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Martedì sera ci sono state diverse proteste nella città di Yangon, la più grande del paese, dopo che diversi gruppi di attivisti per la democrazia avevano chiesto alla popolazione di manifestare pacificamente facendo rumore alle otto di sera. Molte persone hanno suonato i clacson delle proprie automobili, e altre hanno usato pentole e utensili da cucina come tamburi. Una delle persone che hanno partecipato alle proteste ha detto ad Associated Press che «battere i tamburi nella cultura birmana serve a scacciare i demoni».
Mercoledì è iniziata anche una grande protesta di disobbedienza civile negli ospedali del paese: diversi medici di 70 ospedali di 30 città hanno scioperato per contestare il colpo di stato militare, avvenuto per di più nel bel mezzo della pandemia da coronavirus, per cui in Myanmar sono morte più di 3.100 persone. «Non lo possiamo accettare», ha detto Myo Myo Mon, una dei medici che hanno partecipato allo sciopero. «Lo faremo in maniera ragionevole e non violenta. È questa la strada che ci ha indicato il nostro consigliere di stato», riferendosi alla carica che Aung San Suu Kyi aveva creato per sé e che le ha consentito di gestire il governo in maniera ufficiosa, dato che la Costituzione birmana rendeva inaccessibile la presidenza a chiunque avesse sposato un cittadino straniero, come nel suo caso.
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