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  • Martedì 26 gennaio 2021

Perché la Sardegna chiede di tornare in zona gialla

Non è una questione di dati sbagliati, ma di dati superati: sembra però difficile che la richiesta venga accolta dal ministero della Salute

Claudio Furlan/LaPresse
Claudio Furlan/LaPresse

Negli ultimi giorni anche in Sardegna, come in Lombardia, ci sono state molte polemiche sui dati che hanno portato la regione in zona arancione dopo una settimana in zona gialla. A differenza della Lombardia, dove è ormai chiaro che ci sia stato un errore nella trasmissione dei dati, in Sardegna la vicenda è meno controversa: gli aggiornamenti trasmessi all’Istituto superiore di sanità e analizzati dalla cabina di regia sono molto chiari e confermano che la scelta del ministero della Salute è stata corretta. Ma i dati dicono anche che bastava poco per evitare la zona arancione, e per questo la Regione ha annunciato di voler presentare un ricorso al TAR.

L’obiettivo è chiedere all’Istituto superiore di sanità di valutare dati più aggiornati, soprattutto quelli relativi al tasso di saturazione delle terapie intensive, per tornare in zona gialla fin dalla prossima settimana. L’ordinanza del ministero che ha portato la Sardegna in zona arancione, infatti, è valida attualmente fino al 7 febbraio.

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I dati della Sardegna
Sabato 23 gennaio il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato l’ordinanza che ha portato la Sardegna in zona arancione. La decisione sui colori delle regioni viene presa seguendo il parere del rapporto settimanale dell’ISS che valuta il rischio epidemiologico delle regioni in base a diversi indicatori. Le ordinanze del ministero hanno una validità di almeno 14 giorni, ma nel caso in cui la situazione sia in peggioramento possono essere introdotte subito misure più restrittive, come è successo in Sardegna. Quindi non si può passare da zona rossa a zona arancione nel giro di una sola settimana, salvo che si prenda atto di errori palesi come nel caso della Lombardia.

Dall’analisi del monitoraggio settimanale pubblicato dal ministero della Salute, in Sardegna sono peggiorati quattro indicatori importanti: la percentuale di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive, l’incidenza dei casi attivi ogni 100mila abitanti, l’andamento dei focolai e la completezza e la velocità di trasmissione dei dati.

Secondo i criteri scelti per la definizione dei colori, le regioni con un rischio alto devono essere inserite in zona arancione oppure in zona rossa, se alcuni indicatori sono particolarmente negativi. Per determinare il livello di rischio – basso, moderato o alto – servono due valutazioni: impatto e probabilità di diffusione del coronavirus. Negli ultimi quattordici giorni la Sardegna ha registrato 203,81 casi ogni 100mila abitanti, con un andamento dei casi e dei focolai in aumento. Nonostante l’indice Rt medio sia di 0.95, quindi meno di 1 che è il valore di riferimento oltre il quale c’è un aumento del contagio, questi dati hanno portato a una classificazione di probabilità “moderata” di diffusione del coronavirus.

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Per capire l’impatto, invece, bisogna rispondere a tre domande: “Sono stati segnalati nuovi casi nei soggetti sopra i 50 anni?”; “vi sono segnali di sovraccarico dei servizi sanitari?”; “vi è evidenza di nuovi focolai negli ultimi sette giorni in RSA/case di riposo/ospedali o in altri luoghi che ospitino popolazioni vulnerabili?” Nel caso della Sardegna la risposta è affermativa a tutte e tre le domande, quindi il l’impatto è risultato “alto”.

Con una probabilità di diffusione moderata e un impatto alto, la classificazione del rischio viene definita “alta” e la Sardegna è stata classificata in zona arancione: quindi con il divieto per gran parte degli spostamenti fuori dal comune, e con i bar e ristoranti chiusi.

Questo è lo schema di classificazione del rischio adottato dal ministero della Salute. La Sardegna ha probabilità di diffusione “moderata” e un impatto “alto”, quindi il rischio è “alto”.

(Ministero della Salute)

Il dato contestato
Sabato 23 gennaio il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas ha detto che già venerdì aveva manifestato perplessità sulla zona arancione al ministro della Salute Roberto Speranza. «È un paradosso, siamo qui a inaugurare un nuovo reparto di terapia intensiva con 30 posti e altri 14 saranno disponibili tra qualche giorno al Binaghi. Questo mentre il ministero ha preso una decisione per superamento percentuale dei ricoveri» ha detto Solinas durante l’inaugurazione del nuovo reparto di terapia intensiva dell’azienda ospedaliero universitaria di Sassari.

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Il dato più contestato dalla Regione, infatti, riguarda il sovraccarico dei servizi sanitari. Secondo l’ultimo monitoraggio settimanale, in Sardegna la percentuale di occupazione dei posti letto in terapia intensiva è al 31%, solo un punto percentuale sopra la soglia d’allerta del 30%. Questo minimo superamento della soglia ha inciso sulla classificazione dell’impatto.

Nei giorni successivi al 20 gennaio, quando sono stati inviati i dati all’Istituto superiore di sanità, la percentuale è scesa fino al 24% registrato domenica 24 gennaio. Lunedì la percentuale è risalita al 26%, ma sempre sotto la soglia del 30%.

Nel portale Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionale, si possono consultare i dati di occupazione dei posti letto in terapia intensiva.

(Agenas)

Non è chiaro se il calo della percentuale sia dovuto a un’effettiva diminuzione dei pazienti ricoverati oppure ai nuovi posti letto inaugurati sabato. L’assessore alla Sanità, Mario Nieddu, ha detto che il dato dei nuovi posti letti è stato inviato sabato, quando sono stati aperti perché «prima non era possibile». Sulla base dei nuovi dati, Regione Sardegna ha chiesto al ministero di essere riportata in zona gialla già dalla prossima settimana. Nieddu ha detto che c’è un dialogo aperto con il governo per modificare l’ordinanza «visti i nuovi dati che abbiamo trasmesso».

L’assessore ha anche spiegato che il ministro Speranza «si è giustificato con un rispetto pedissequo della norma che gli impone, in presenza di un report dell’Istituto superiore di sanità e con un rischio alto, di inserire automaticamente in zona arancione». Se l’ordinanza non verrà modificata, e quindi verrà confermata la zona arancione, Nieddu ha detto che la Regione presenterà ricorso al TAR, come ha fatto la settimana scorsa Regione Lombardia.

Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, non sembra lasciare molte speranze agli amministratori sardi. Secondo Ricciardi il ciclo dell’epidemia è almeno bisettimanale e gli effetti delle restrizioni devono essere valutati nell’arco di quindici giorni, e quindi è difficile che la Sardegna possa ritornare in zona gialla prima del 7 febbraio. «Siamo davanti a una polemica francamente inutile perché non c’è nulla su cui discutere», ha detto Ricciardi all’Unione Sarda. «Il passaggio della Sardegna in zona arancione è il frutto di un automatismo in base ai dati inviati dalla Regione. Non c’è possibilità di errore e il governo, va detto chiaramente, non ha margini per fare ulteriori ragionamenti o interpretazioni».

(Claudio Furlan/LaPresse)

Il ritardo di comunicazione
C’è anche un altro dato che ha fatto discutere. Ma le polemiche stavolta sono arrivate dall’opposizione e sono nate da un asterisco comparso nel monitoraggio settimanale dell’ISS accanto al dato del «numero di casi riportati alla protezione civile negli ultimi 14 giorni». L’asterisco spiega che nei dati inviati dalla Sardegna «è stato rilevato un forte ritardo di notifica dei casi nel flusso all’Istituto Superiore di Sanità che potrebbe rendere la valutazione di questi indicatori meno affidabile».

Massimo Zedda, consigliere regionale del gruppo Progressisti ed ex sindaco di Cagliari, in un post su Facebook ha spiegato che già a metà gennaio il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità avevano comunicato alla Regione la mancanza di alcuni dati relativi ai malati e ai guariti. «La Regione ha trasmesso schede incomplete e questa criticità era già stata segnalata dal governo settimane fa», ha scritto Zedda. «I dati incompleti non vengono caricati e risultano inesistenti, anche questo ha determinato l’ingresso in zona arancione».

Anche molti sindaci sentiti dall’Unione Sarda confermano anomalie sui dati dei casi attivi. Stefano Anni, sindaco di Nuraminis, comune nella provincia Sud Sardegna, ha detto che da diversi giorni riceve comunicazioni imprecise. «Ci danno 33 positivi, ma tra questi ci sono cittadini deceduti due mesi fa e altri negativizzati da tre mesi. I positivi effettivi nel nostro paese oggi sono 4, non 33», ha spiegato Anni. «Temo che dati errati possano portare facilmente a decisioni errate».

A Nuragus, un comune a nord di Cagliari nella provincia Sud Sardegna, l’azienda sanitaria continua a segnalare 23 persone positive, mentre secondo il sindaco Giovanni Daga sono zero. «Speriamo che questa discrepanza tra dati formali e dati reali si possa risolvere presto e che il sistema provveda all’aggiornamento, per avere un monitoraggio attendibile» ha detto Daga. Le parole dei sindaci sardi sono molto simili a quelle dei colleghi lombardi, che anche negli ultimi giorni hanno segnalato molte incongruenze tra i dati ufficiali e i dati reali.