Per i vaccini serviranno anche le borse frigo, diciamo

In alcuni casi serviranno frigoriferi passivi che mantengano i -70 °C e resistano agli urti: in Italia c'è un'azienda che li produce

Il frigorifero passivo porta vaccini (Il Post)
Il frigorifero passivo porta vaccini (Il Post)

Domenica 27 dicembre in Europa inizierà la somministrazione del vaccino contro il coronavirus e negli ultimi giorni si è parlato molto della “catena del freddo”, cioè della necessità di conservare e trasportare le dosi a -70 °C, tenendole a quella temperatura fino a poco prima della somministrazione. I vaccini saranno stoccati in grandi quantità nei cosiddetti ultra-frigoriferi, su cui da tempo c’è grande attenzione, ma dovranno poi essere spostati in piccole quantità nei molti punti vaccinali che saranno messi in piedi nei vari paesi.

Sarà una fase essenziale del trasporto dei vaccini contro il coronavirus, che saranno distribuiti su una scala molto grande, che richiede un’organizzazione impegnativa. Le dosi, infatti, devono poter arrivare in tutto il mondo, anche nei luoghi più difficili da raggiungere senza il rischio che il vaccino possa deperire. Anche in quelli dove non ci sono frigoriferi o dove l’energia elettrica scarseggia. Nel catalogo dell’OMS che mostra i prodotti testati e certificati per poter essere usati in fase del trasporto dei vaccini ci sono anche quelli di un’azienda italiana: Gio’Style.

Gio’Style ha sede a Urgnano, in provincia di Bergamo, e realizza contenitori ermetici per alimenti, borse termiche, frigoriferi portatili. È una delle aziende italiane più note per questo tipo di prodotti, che in tantissimi avranno probabilmente usato durante le loro vacanze.

Il prodotto di Gio’Style nell’elenco dell’OMS ha un nome didascalico: “PortaVaccino”. È un frigorifero passivo, cioè non ha un motore e quindi non ha bisogno di energia elettrica. Si presenta come una normale scatola grigia. Ha una capacità di 2,6 litri, e pesa poco: 1,8 chili vuoto, fino a 6,5 chili pieno. Ha tutte le caratteristiche di una borsa frigorifero rigida, come quelle che vengono usate in spiaggia o per i picnic, ma rispetto a un normale frigorifero passivo riesce a mantenere temperature basse per molte ore. L’azienda italiana produce “PortaVaccino” da circa trent’anni, però negli ultimi mesi il reparto ricerca e sviluppo di Gio’Style ha dovuto ripensare alcune parti e fare nuovi test perché il frigorifero non era stato studiato per mantenere una temperatura tra i -70 °C e i -80 °C, come invece richiede il vaccino dell’azienda farmaceutica statunitense Pfizer.

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Christian Abbadini, responsabile dell’ufficio tecnico di Gio’Style, dice che la differenza più grande è l’utilizzo del ghiaccio secco. «Per trasportare un vaccino normale bastano normali contenitori riempiti di acqua e congelati, come quelli che usiamo da sempre in questo prodotto. Nel caso del vaccino di Pfizer, invece, deve essere utilizzato il ghiaccio secco in pellets», spiega Abbadini. «I nostri test dimostrano che la temperatura si mantiene stabile a -70 °C per 26 ore, poi c’è una lenta risalita fino a 5 °C per altre 42 ore». Secondo la procedura spiegata nella circolare pubblicata dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (Sifo) e dalla Società Italiana farmacisti preparatori (Sifap), le fiale devono essere scongelate lentamente e il vaccino può essere conservato per un massimo di cinque giorni a una temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C. L’efficacia è garantita anche a 25 °C, ma solo fino a due ore.

La produzione del “PortaVaccino” non ha grandi segreti. Viene costruito con una tecnologia consolidata. «Per garantire una coibentazione efficiente utilizziamo uno spesso strato di poliuretano espanso, con celle molto ravvicinate per impedire lo scambio termico», continua Abbadini. «È molto importante anche la guarnizione, realizzata sempre in poliuretano, per sigillare il coperchio». Sul coperchio, come da prescrizione dell’OMS, c’è un’etichetta rossa con la scritta “STOP! Do you need to open it?” (“Hai davvero bisogno di aprirlo?”) per ricordare a chi lo dovrà maneggiare di non aprirlo prima del previsto rischiando di far deperire le dosi.

Tutti i prodotti che vengono inseriti nel catalogo ufficiale dell’Organizzazione mondiale della sanità devono prima superare un test chiamato “performance quality safety”, ma tutte le case produttrici di contenitori per trasportare i vaccini stanno attendendo le nuove specifiche che sono in fase di studio. Per il momento l’OMS considera validi i test realizzati dalle diverse aziende sui loro prodotti. Oltre a quello sul mantenimento delle basse temperature, uno dei test più curiosi riguarda la solidità del contenitore, che deve custodire le fiale in perfette condizioni anche in caso di lancio da un elicottero. I piccoli frigoriferi passivi, infatti, sono pensati soprattutto per gli stati dove è difficile avere una capillare rete di distribuzione mantenendo la catena del freddo a -70 °C.

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Abbadini spiega che i loro principali clienti sono la stessa OMS e i ministeri della Salute di paesi che devono organizzare campagne vaccinali in luoghi poco accessibili, dove non c’è la possibilità di installare troppi ultra frigoriferi a causa dell’ingente consumo di energia elettrica. Il vaccino prodotto da Pfizer deve essere somministrato in due dosi a distanza di 21 giorni una dall’altra, quindi in alcune aree più remote si dovranno inviare partite con piccole quantità a una maggiore frequenza di spedizione rispetto ad altri vaccini, rispettando sempre la catena del freddo.

Per esempio, l’utilizzo dei frigoriferi passivi (il loro costo non supera di solito i 100 euro) potrebbe essere utile in Africa, dove le vaccinazioni non inizieranno prima della metà del 2021. John Nkengasong, capo del Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha pubblicato su Nature un articolo in cui sostiene che sarà necessario garantire 1,5 miliardi di dosi per vaccinare il 60% degli 1,3 miliardi di persone che abitano in Africa. Sono numeri enormi, che richiedono sforzi organizzativi e una logistica particolare per raggiungere tutti gli abitanti del continente.

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I frigoriferi passivi non saranno quindi indispensabili in paesi come l’Italia, ma nei prossimi mesi si potrà capire se l’organizzazione della campagna vaccinale italiana sarà efficace così come è stata pensata: non è escluso che questi contenitori possano essere utili nei territori più lontani dalle grandi città. Possono essere portati ovunque, grazie al peso limitato, e potrebbero servire ai medici per vaccinare persone non autosufficienti, che non riescono a spostarsi da casa per raggiungere gli ambulatori o i punti vaccinali.

Anche Pfizer ha studiato una sua soluzione intermedia, da usare in caso non ci sia disponibilità di ultra congelatori. L’azienda farmaceutica produce scatole chiamate “cool box” che possono conservare tra mille e cinquemila dosi di vaccino, anche in questo caso grazie al ghiaccio secco, per un massimo di dieci giorni.


Considerando la grande quantità di dosi custodite, però, la cool box non sempre può essere usata per l’ultima fase della catena del freddo. Ai tempi di trasferimento, infatti, deve essere sommato il tempo necessario per somministrare le dosi e se si portano da qualche parte molte migliaia di dosi di vaccino poi bisogna essere ragionevolmente sicuri di poterle usare prima che deperiscano.

Tutto dipende, quindi, dall’organizzazione della campagna vaccinale, e soprattutto dal numero di persone a cui potrà essere somministrato il vaccino ogni giorno in un singolo punto vaccinale. Molti problemi sono inediti e potrebbero richiedere soluzioni più pratiche rispetto agli ultra frigoriferi o alle cool box. Gio’Style ha già a disposizione 20mila contenitori porta vaccini e nelle ultime settimane ha iniziato la produzione di un lotto da 100mila pezzi.