Serviranno anche i freezer, per il vaccino

Alcuni vaccini sperimentali contro il coronavirus devono essere conservati fino a -70 °C, e questo potrebbe complicare la tempestiva distribuzione di milioni di dosi in tutto il mondo

(AP Photo/Carolyn Kaster)
(AP Photo/Carolyn Kaster)

Non è ancora chiaro quale tra le decine di vaccini sperimentali in fase di sviluppo e test in questi mesi sarà il più efficace e sicuro contro il coronavirus, ma è certo che una volta identificata la soluzione migliore le aziende farmaceutiche e i sistemi sanitari dovranno affrontare uno sforzo produttivo e logistico senza precedenti per fornire dosi a centinaia di milioni di persone. Il settore si sta organizzando per potenziare capacità produttive e di trasporto, ma secondo alcuni osservatori potrebbe comunque avere un problema: la mancanza di freezer potenti a sufficienza per conservare il vaccino.

L’azienda farmaceutica statunitense Pfizer, per esempio, sta lavorando a uno dei vaccini ritenuti più promettenti contro il coronavirus. La sua soluzione sperimentale deve essere conservata a -70 °C e, se dovesse essere approvata dalle autorità sanitarie, bisognerà distribuirla in giro per il mondo mantenendo una temperatura così bassa per non interrompere la catena del freddo. Non sarà semplice.

Per conservarne le caratteristiche, i vaccini devono essere conservati spesso al fresco, a una temperatura compresa tra i 2 e gli 8 °C a seconda della tipologia. Alcuni vaccini richiedono temperature più basse, intorno ai -25 °C, ma sono più un’eccezione che la regola. Un comune frigorifero è quindi sufficiente per mantenere un vaccino alla giusta temperatura: le farmacie e i magazzini ne utilizzano di piuttosto economici e che permettono di non correre rischi.

I congelatori più potenti in grado di raggiungere i -70 °C sono meno comuni e di solito sono disponibili solamente nei laboratori, dove si rende necessaria la conservazione di campioni e principi attivi a temperature molto basse. Oltre a costare di più, i freezer di questo tipo consumano più energia e sono quindi installati solo nel caso di stretta necessità e per particolari attività di conservazione. Un vaccino contro il coronavirus come quello sperimentale di Pfizer potrebbe richiedere l’installazione e la gestione di un’enorme quantità di congelatori, complicando la catena di distribuzione delle dosi per la quale si dovranno già affrontare altri problemi legati alla prevista domanda molto alta.

Per ora le autorità sanitarie federali negli Stati Uniti hanno consigliato ai singoli stati di non acquistare nuovi congelatori così potenti, perché è ancora presto e il vaccino sperimentale di Pfizer potrebbe rivelarsi poco o per nulla efficace nel prevenire le infezioni da coronavirus. Alcuni stati si sono comunque attivati e stanno valutando se prenotarli, in modo da non farsi cogliere impreparati nel caso di un’approvazione del vaccino. Qualcosa di analogo sta avvenendo anche in altri paesi, seppure senza un particolare coordinamento e in attesa di linee guida da parte delle istituzioni sanitarie internazionali.

Pfizer è consapevole dell’ulteriore complicazione che potrebbe comportare la conservazione e il trasporto del suo vaccino a -70 °C. Di recente l’azienda ha annunciato di avere preparato container per conservare e trasportare fino a 5mila dosi del vaccino mantenendolo fino a -75 °C per dieci giorni, utilizzando un sistema relativamente economico e che prevede l’impiego del ghiaccio secco (anidride carbonica allo stato solido). Pfizer ha inoltre avviato una collaborazione con la società di logistica UPS per impiegare un magazzino nel Kentucky e uno nei Paesi Bassi in grado di conservare poco meno di 50mila dosi ciascuno. Ma sono numeri minuscoli rispetto alle necessità.

Il vaccino sperimentale di Pfizer non deve essere comunque tenuto necessariamente a -70 °C fino all’ultimo momento: una volta scongelato, dice l’azienda, può essere conservato in un normale frigorifero per cinque giorni. Questa circostanza dovrebbe ridurre le difficoltà nella distribuzione, ma potrebbe comunque essere problematica per le aree rurali e più remote, che richiederanno più giorni di trasporto per essere raggiunte. Ai tempi di trasferimento deve essere inoltre sommato il tempo necessario per somministrare le dosi, che nel caso di partite da diverse migliaia di fiale potrebbe richiedere svariati giorni.

Pfizer sta valutando di gestire la distribuzione aumentando il più possibile la frequenza. In questo modo si potrebbero ridurre le quantità per ogni spedizione, riducendo i problemi legati alla conservazione e al deperimento del vaccino una volta scongelato. L’azienda farmaceutica ha già adottato questo sistema in passato in alcune circostanze e ritiene che l’approccio possa essere ripetuto, anche se complessivamente su una scala molto più grande e impegnativa.

L’approccio delle consegne contenute potrebbe però non funzionare nel caso di una campagna vaccinale di massa, soprattutto in aree dove saranno disponibili pochi punti per la somministrazione del vaccino. Le vaccinazioni di massa comportano l’impiego di migliaia di dosi ogni giorno, e potrebbero quindi esserci problemi non solo di trasporto, ma anche di conservazione nei normali frigoriferi una volta che il vaccino si è scongelato.

Oltre a quello di Pfizer, negli Stati Uniti ci sono grandi aspettative intorno al vaccino sperimentale sviluppato dall’azienda di biotecnologie Moderna. I test clinici hanno dato finora risultati incoraggianti, ma anche questa soluzione richiederà una conservazione a temperature più basse del solito per i vaccini: almeno -20 °C. È una temperatura sicuramente più semplice da raggiungere e gestire rispetto ai -70 °C del vaccino di Pfizer, ma comporterebbe comunque qualche problema organizzativo e logistico.