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  • Mercoledì 2 dicembre 2020

Europa e Stati Uniti torneranno amici?

Le istituzioni europee ci sperano e alcuni documenti fanno intravedere un futuro riavvicinamento

(AP Photo/Markus Schreiber)
(AP Photo/Markus Schreiber)

Negli ultimi giorni le istituzioni dell’Unione Europea hanno mosso i primi passi nel tentativo di ricucire i rapporti con gli Stati Uniti, danneggiati dai quattro anni di presidenza di Donald Trump. Sia la Commissione sia l’ufficio di presidenza del Consiglio Europeo hanno diffuso dei documenti in cui delineano una collaborazione più stretta con l’amministrazione del futuro presidente Joe Biden, elencando una serie di temi su cui si può ricostruire quella che negli scorsi decenni era stata una delle alleanze più solide dell’Occidente.

«Una relazione transatlantica robusta tra partner uguali è essenziale per la sicurezza e la prosperità sia dell’UE sia degli Stati Uniti e per la promozione di un ordine mondiale liberale», si legge nel documento del Consiglio, parzialmente pubblicato dal Foglio.

Negli ultimi anni Trump ha più volte definito l’Unione Europea un nemico: sia per ragioni elettorali – la base del Partito Repubblicano si è ormai spostata su posizioni isolazioniste – che politiche. Trump infatti tendeva ad inquadrare i rapporti con gli altri paesi solamente nell’ottica del commercio: e dato che l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno da tempo alcune divergenze in materia, la sua amministrazione ha avviato una piccola guerra diplomatica e commerciale contro l’UE, prima nominando ambasciatori sostanzialmente irricevibili in mezza Europa – persone scelte soprattutto per la fedeltà e i finanziamenti garantiti a Trump durante la campagna elettorale – e poi imponendo dazi su alluminio e acciaio europei, a partire dal 2018.

Per mesi, soprattutto nell’ottica di una eventuale rielezione di Trump, si è discusso se l’Unione Europea potesse acquisire quella che gli esperti chiamano «autonomia strategica»: se cioè potesse trovare il modo di diventare una potenza sempre meno dipendente sia dagli alleati storici come gli Stati Uniti sia da partner-avversari come la Cina. Lo avevano suggerito apertamente sia Angela Merkel sia Emmanuel Macron, i leader politici più potenti fra i capi di governo europei.

– Leggi anche: L’eredità di Margaret Thatcher

Le recenti prese di posizione suggeriscono però che le istituzioni europee preferiscano un’altra strada, più prudente: provare a ricucire un rapporto con gli alleati storici.

Sia il documento della Commissione sia quello del Consiglio auspicano che con Biden le cose tornino alla normalità, o quasi: cioè che gli Stati Uniti guardino con favore al progetto di integrazione europea, come del resto hanno fatto fin dal Secondo dopoguerra, e che ritornino ad affiancare l’Unione Europea nella promozione del multilateralismo, cioè della collaborazione di più stati verso un obiettivo comune.

Alcune prese di posizione di Biden vanno effettivamente in questa direzione. Già in campagna elettorale il prossimo presidente degli Stati Uniti aveva annunciato fra le altre cose che il paese rientrerà negli Accordi di Parigi sul clima e che resterà nell’Organizzazione mondiale della Sanità. Biden, che ha origini irlandesi, ha inoltre preso una posizione molto netta su Brexit, spiegando che la sua amministrazione non appoggerà alcun accordo che preveda una nuova barriera fisica fra Irlanda e Irlanda del Nord e che lavorerà a stretto contatto sia col Regno Unito sia con l’Unione Europea.

I leader europei sperano inoltre di convincere Biden ad approvare una riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio proposta due anni fa dall’Unione Europea, che Trump aveva messo da parte per il suo scetticismo nei confronti dell’Organizzazione (da qualche tempo ha anche bloccato le nomine del tribunale interno).

Ma il nuovo approccio proposto dall’Unione Europea non si limita a un maggiore coordinamento. Nel documento della Commissione – presentato il 2 dicembre, e che dovrebbe essere esaminato nel prossimo Consiglio Europeo del 10-11 dicembre – vengono citati una serie di settori su cui l’Unione Europea ha deciso da tempo di impegnarsi, e sui quali una Casa Bianca controllata dai Democratici ha sicuramente una maggiore sensibilità rispetto a quella attuale: la lotta al cambiamento climatico e alla deforestazione, regole comuni per la protezione dei dati personali, uno sforzo condiviso per distribuire il vaccino per il COVID-19 in tutto il mondo.

Nei suoi documenti l’Unione Europea ha anche inserito uno dei pochi tratti comuni fra l’approccio di Trump e quello suggerito da Biden in campagna elettorale: l’intransigenza contro il modello economico e sociale della Cina. Nel documento della Commissione si legge per esempio che «come società democratiche aperte e economie di mercato, l’Unione Europea e gli Stati Uniti concordano sulla sfida strategica posta dalla crescente aggressività internazionale della Cina, anche se non sono sempre d’accordo sul modo migliore per affrontarla». Come a dire: proviamo a trovare un approccio comune. Magari in un summit fra Biden e le principali cariche istituzionali dell’Unione Europea, che queste ultime dovrebbero proporre di tenere di persona nella prima metà del 2021.

Nessuno si aspetta che le divergenze che si sono sviluppate negli anni spariscano con l’elezione di Biden. «L’eredità di Trump comprende anche aver reso di nuovo gli accordi commerciali un tema all’ordine del giorno nel dibattito pubblico americano» scrive Politico e ciò «significa che rafforzare i rapporti commerciali con l’amministrazione Biden potrebbe essere più facile, ma prevederà comunque un negoziato complesso».

Il surplus commerciale dell’Unione Europea nei confronti degli Stati Uniti – cioè il bilancio positivo dei beni scambiati fra le due entità, tradizionalmente favorevole all’UE – è aumentato di molto negli ultimi dieci anni fino a raggiungere i 170 miliardi di dollari all’anno. Biden potrebbe comunque cercare di abbassarlo – per esempio imponendo nuovi dazi sui prodotti europei – anche per conservare il consenso degli stati e dei settori più colpiti dagli accordi commerciali.

Poi ci sono questioni in sospeso da tempo per cui «non esistono soluzioni facili», come sintetizza Politico: ad esempio i dazi imposti reciprocamente, dietro una decisione dell’Organizzazione mondiale per il commercio, per i sussidi garantiti dalle due parti ad Airbus e Boeing, le principali industrie aeronautiche di Europa e Stati Uniti. Oppure la cosiddetta digital tax, che diversi paesi europei hanno già adottato nei confronti delle aziende americane di tecnologia (Apple, Google e Microsoft) e che la Commissione vorrebbe risolvere in sede OCSE (anche se per ora gli ostacoli sono stati parecchi).

Eppure la sensazione è che con la progressiva riapertura del mondo dopo la pandemia e il nuovo approccio dell’amministrazione Biden, si possa trovare un modo per tornare a collaborare insieme: «La sensazione di molti è che bisogna cogliere questa opportunità per riscoprire i valori che abbiamo in comune, per promuovere il cambiamento attraverso un progetto comune e senza disunirci, per accelerare e rilanciare sull’obiettivo di salvare il nostro fragile pianeta e rivitalizzare e riformare il multilateralismo», come ha scritto qualche tempo fa su Politico l’ex presidente del Parlamento Europeo, Pat Cox.