La fine del radiotelescopio di Arecibo

Due incidenti hanno reso inutilizzabile la grande antenna sull'isola di Porto Rico con cui abbiamo osservato l'Universo e provato a comunicare con gli alieni: sarà distrutta

L'antenna del radiotelescopio presso l'osservatorio di Arecibo (© El Nuevo Dia de Puerto Rico via ZUMA Press / ANSA)
L'antenna del radiotelescopio presso l'osservatorio di Arecibo (© El Nuevo Dia de Puerto Rico via ZUMA Press / ANSA)

Sull’isola di Porto Rico, tre le montagne a poca distanza dalla città di Arecibo, c’è una gigantesca antenna larga 305 metri. Fu costruita nei primi anni Sessanta, sfruttando un ampio avvallamento, e per quasi sessant’anni è stata lo strumento principale dell’Osservatorio di Arecibo, grazie al quale abbiamo scoperto molte cose sull’Universo e siamo rimasti per decenni in ascolto, provando a captare eventuali comunicazioni aliene. Due gravi incidenti avvenuti quest’anno hanno però reso inservibile la grande antenna, al punto da renderne necessaria la demolizione per motivi di sicurezza.

Dai messaggi alieni alle stelle di neutroni
Il radiotelescopio di Arecibo divenne piuttosto famoso verso la fine degli anni Novanta grazie al film Contact di Robert Zemeckis con Jodie Foster. Era ispirato al romanzo dallo stesso titolo pubblicato nel 1985 da Carl Sagan, il grande divulgatore statunitense, e raccontava il primo ipotetico contatto tra gli esseri umani e una specie aliena, affrontando soprattutto le implicazioni sul piano etico e religioso di questa scoperta.

Per il suo libro, Sagan aveva preso ispirazione da diverse iniziative avviate per captare messaggi alieni e comunicare con loro, compresa la più famosa di tutte: SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), il programma per la ricerca di vita intelligente extraterrestre. Nei suoi anni di esistenza, il radiotelescopio di Arecibo avrebbe fatto parte di diverse sperimentazioni legate a questo progetto.

Nel 1964, a meno di un anno dalla sua inaugurazione, il radiotelescopio di Arecibo fu centrale per ricalcolare il periodo di rotazione del pianeta Mercurio, consentendo di scoprire che dura appena 59 giorni e non 88 come stimato in precedenza. Pochi anni dopo, l’osservatorio consentì di ottenere le prime prove concrete sull’esistenza delle stelle di neutroni, l’ultimo stadio di vita delle stelle con massa molto grande (una decina di volte quella del Sole), che si verificano quando terminano le reazioni di fusione nucleare al loro interno dovute alla fine degli elementi leggeri che le alimentano, in pratica il loro carburante.

Immagine radar dell’asteroide 4769 Castalia, realizzata grazie alle strumentazioni dell’osservatorio di Arecibo

Nei decenni successivi, grazie all’osservatorio di Arecibo e alle sue strumentazioni fu possibile ottenere la prima immagine radar di un asteroide, intuire l’esistenza dei primi esopianeti (pianeti esterni al nostro sistema solare) e identificare SHGb02+14a, una sorgente radio che secondo alcuni potrebbe essere tra i migliori candidati come messaggio di natura aliena. Fu captata per la prima volta nel marzo del 2003, e annunciata dal progetto SETI@home (progetto per l’analisi di segnali radio sfruttando la capacità di calcolo messa a disposizione da chi ha il proprio computer collegato a Internet) con grandi cautele e inviti a non arrivare a conclusioni affrettate, potendosi trattare di un banale errore di ricezione legato a interferenze, rumori di fondo o problemi tecnologici.

Struttura
Nei suoi circa 60 anni di esistenza, il radiotelescopio di Arecibo ha resistito alle violente tempeste e agli uragani che talvolta interessano Porto Rico, e a diversi terremoti. La grande antenna è formata da quasi 40mila pannelli di alluminio, montati su una rete di cavi di acciaio. Il disco è sormontato a 150 metri di altezza da una piattaforma triangolare mantenuta sospesa da 18 cavi ancorati a tre alte torri di cemento lungo la circonferenza dell’antenna. Costruire l’intero complesso non fu semplice, farne la manutenzione nemmeno, e ora a causa di due incidenti sembra essere diventato ancora più difficile, se non impossibile.

L’antenna del radiotelescopio di Arecibo ancora intera, fotografata nel giugno del 2019 (Wikimedia)

Cedimenti
Lo scorso agosto uno dei cavi di sostegno si è sfilato dal suo ancoraggio ed è precipitato sull’antenna distruggendo decine di pannelli. Il cavo era stato installato negli anni Novanta ed era quindi relativamente recente, se confrontato con l’età del radiotelescopio. Ashely Zauderer, responsabile delle attività ad Arecibo per conto dell’agenzia governativa statunitense National Science Foundation (NSF) proprietaria dell’osservatorio, ha detto in una conferenza stampa che quel cavo “non avrebbe dovuto rompersi nel modo in cui si è rotto”.

Il radiotelescopio di Arecibo in un’immagine satellitare realizzata il 17 novembre 2020, con i danni evidenti all’antenna causati dal cedimento dei cavi (EPA/MAXAR via ANSA)

Il danno non era indifferente, ma ricercatori e ingeneri si erano da subito messi al lavoro per studiare un piano di riparazione che consentisse di salvare il radiotelescopio. I lavori sarebbero dovuti iniziare qualche settimana fa, ma prima che fossero avviati un altro cavo installato negli anni Sessanta aveva ceduto, provocando un ulteriore danno all’antenna. Era stato analizzato di recente: mostrava i segni del tempo, ma secondo i tecnici era ancora in grado di sostenere le sollecitazioni cui era sottoposto. Ne era stata programmata la sostituzione entro la fine dell’anno, ma ha ceduto prima che si potesse intervenire.

Altri responsabili della NSF hanno spiegato che il radiotelescopio di Arecibo rischia di “collassare catastroficamente” in seguito al cedimento dei due cavi, e ai danni che questi hanno causato sul resto della struttura. Il livello di rischio è tale da non rendere possibili nemmeno le ispezioni nell’avvallamento da parte dei tecnici. L’antenna è ormai pericolante e l’installazione di nuovi cavi porterebbe a nuove pericolose sollecitazioni, dagli esiti imprevedibili.

I danni causati dal crollo di uno dei cavi sulla struttura del radiotelescopio (© El Nuevo Dia de Puerto Rico via ZUMA Press / ANSA)

Constatata l’impossibilità di aggiustare l’antenna, gli ingegneri e i responsabili dell’osservatorio stanno ora lavorando a un piano per demolirla in maniera controllata, evitando che crolli su se stessa. La fine di Arecibo non implica la fine delle ricerche con i radiotelescopi di grandi dimensioni. Da qualche anno in Cina è entrato in funzione FAST (Five hundred meter Aperture Spherical Telescope), un radiotelescopio dal diametro di 500 metri e fino a tre volte più sensibile di Arecibo, che rimarrà comunque a lungo nei ricordi dei ricercatori e non solo.

Nel 1974, proprio grazie alla sua antenna fu possibile inviare un messaggio, diventato poi noto proprio come “messaggio di Arecibo”, verso l’ammasso globulare di Ercole (M13) a 25mila anni luce di distanza da noi. Il messaggio radio – che conteneva rappresentazioni schematiche del sistema solare, della molecola di DNA, di un essere umano e del radiotelescopio stesso – è ancora in viaggio e continuerà a propagarsi per molti millenni. Nel caso in cui fosse effettivamente captato da qualcuno in grado di risponderci, potremmo ricevere un messaggio di risposta non prima di 50mila anni. In un certo senso, anche il viaggio del radiotelescopio di Arecibo non è finito.