Il vaccino di Pfizer è efficace al 95 per cento

L'azienda e BioNTech hanno terminato il test clinico e chiederanno ora un'autorizzazione di emergenza per distribuire le prime dosi contro il coronavirus

(AP Photo/Bebeto Matthews)
(AP Photo/Bebeto Matthews)

L’azienda farmaceutica statunitense Pfizer e quella tedesca di biotecnologie BioNTech hanno annunciato di avere terminato l’ultima parte (su 3) del test clinico dedicata alla valutazione dell’efficacia del loro vaccino contro il coronavirus. Stando ai dati appena resi pubblici, il vaccino sperimentale offre un’efficacia del 95 per cento, superiore al dato preliminare pari al 90 per cento comunicato una decina di giorni fa su un primo set di dati preliminari. L’annuncio è stato accolto positivamente da esperti e osservatori, anche se resta da chiarire la durata della protezione eventualmente offerta dal vaccino.

Pfizer e BioNTech hanno confermato di volere presentare a breve una richiesta per ottenere un’autorizzazione di emergenza da parte della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di farmaci. La procedura consente di accelerare l’introduzione di nuovi farmaci e vaccini, per i quali sono ancora in corso studi e verifiche. Le due aziende faranno domanda per autorizzazioni simili anche in altre aree del mondo, compresa l’Europa.

La fase 3 dei test clinici per il vaccino di Pfizer e BioNTech era stata avviata lo scorso luglio ed era poi entrata a pieno regime con l’arruolamento di circa 44mila volontari, divisi in due gruppi: il primo ha ricevuto il vaccino, mentre il secondo una sostanza che non fa nulla (placebo). I ricercatori avevano poi atteso per vedere in quanti contraessero un’infezione da coronavirus e si ammalassero, in modo da valutare la capacità del vaccino di offrire una protezione.

Oggi le due aziende hanno comunicato di avere rilevato 170 casi tra i volontari (si erano date un limite minimo di 164 per trarre conclusioni sul test clinico): 162 si sono verificati nel gruppo che aveva ricevuto il placebo e solo i restanti 8 sono avvenuti tra i volontari che avevano ricevuto le due dosi del vaccino, a distanza di 28 giorni una dall’altra.

Tra i 170 casi ne sono stati rilevati 10 con sintomi gravi: 9 nel gruppo di controllo con il placebo e uno nel gruppo dei vaccinati. Questo risultato è ritenuto importante, perché sembra indicare la capacità del vaccino di prevenire non solo i casi lievi, ma anche quelli che portano a sintomi più gravi e che in alcune circostanze possono rivelarsi letali. Il vaccino si è inoltre dimostrato efficace tra gli individui al di sopra dei 65 anni di età, che tendono ad avere un rischio più alto di sviluppare sintomi gravi.

Pfizer e BioNTech dicono inoltre di non avere rilevato effetti avversi nel test clinico tali da suscitare preoccupazioni: i più ricorrenti sono stati affaticamento e mal di testa per il 2 per cento dei partecipanti.

Il vaccino sperimentale è basato sull’RNA messaggero (mRNA), la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni contenute nel DNA per produrre le proteine. I vaccini basati su questo sistema impiegano forme sintetiche di mRNA – realizzate in laboratorio – che contengono le istruzioni per produrre alcune proteine specifiche del coronavirus. In questo modo il sistema immunitario impara a riconoscerle e a contrastarle, ma senza i rischi che si correrebbero nel caso di un’infezione con il coronavirus vero e proprio. Le conoscenze acquisite nel contrastare queste proteine possono poi essere impiegate dal sistema immunitario per contrastare un’eventuale infezione vera e propria.

La tecnica basata sull’mRNA consente di produrre dosi più velocemente e semplifica alcuni passaggi rispetto ai metodi tradizionali, ma è piuttosto recente e a oggi nessun vaccino basato sull’mRNA è stato commercializzato o impiegato su larga scala. Da questo derivano alcuni dubbi sulle potenzialità e l’affidabilità di questo sistema, anche se le notizie circolate finora sui vaccini sperimentali che lo impiegano sono piuttosto incoraggianti.

Pfizer e BioNTech non sono infatti le uniche ad avere sviluppato un vaccino basato sull’mRNA. Lo ha fatto, per esempio, anche l’azienda statunitense di biotecnologie Moderna, che proprio questa settimana ha comunicato di avere riscontrato un’efficacia del 94,5 per cento del proprio vaccino. La stima è basata su un’analisi parziale e preliminare dei dati raccolti nel corso dei test clinici di fase 3. Anche Moderna ha nei piani di concludere presto la sperimentazione, avviando poi le richieste per ottenere un’autorizzazione di emergenza.

Nei giorni scorsi Pfizer aveva annunciato di poter produrre circa 50 milioni di dosi entro la fine dell’anno, e di prevedere per il 2021 una produzione di 1,3 miliardi di vaccini. La società ha già avviato la produzione, in modo da avere in magazzino dosi da impiegare non appena riceverà l’autorizzazione.

A differenza degli altri vaccini, quello di Pfizer e BioNTech deve essere conservato a una temperatura intorno ai -70 °C, e questo potrebbe essere un problema per la sua distribuzione. Garantire la catena del freddo sarà una delle principali sfide per la logistica del nuovo vaccino, anche se Pfizer ha annunciato di avere sviluppato contenitori con materiale isolante e ghiaccio secco, che dovrebbero garantire il mantenimento dei -70 °C per diversi giorni.

Anche il vaccino di Moderna deve essere tenuto a basse temperature, ma l’azienda ha di recente comunicato che la sua soluzione si conserva a -20 °C e che, una volta scongelata, rimane stabile per una trentina di giorni se conservata tra 2 e 8 °C. Queste temperature da frigorifero, e non da congelatori molto potenti, dovrebbero porre meno difficoltà per il trasporto e la conservazione del vaccino nelle farmacie e negli ospedali, già attrezzati con frigoriferi per mantenere vaccini di altro tipo.

Il governo degli Stati Uniti ha prenotato 100 milioni di dosi del vaccino di Pfizer e BioNTech per un valore stimato di circa 1,9 miliardi di dollari. La Commissione Europea ha prenotato 300 milioni di dosi, che si aggiungono agli oltre 800 milioni di dosi prenotate da altri produttori, i cui vaccini sono ancora nella fase di sperimentazione.

I risultati comunicati oggi da Pfizer e BioNTech sono incoraggianti soprattutto per quanto riguarda la capacità del loro vaccino di proteggere anche gli individui il cui rischio di avere sintomi gravi, talvolta letali, è più alto. È bene però ricordare che a oggi non sappiamo quanto duri nel tempo la protezione offerta dal vaccino, né quanto sia realmente efficace al di fuori dei test clinici. Accade spesso che i vaccini si rivelino meno efficaci di quanto siano risultati nelle sperimentazioni, una volta che sono impiegati su larga scala e somministrati a milioni di persone. I test clinici condotti finora hanno comunque riguardato un alto numero di persone, e in diverse parti del mondo, quindi dovrebbero avere una rilevanza statistica sufficiente.