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  • Venerdì 13 novembre 2020

Com’è fallita la quotazione in borsa di Ant, la più grande di sempre

La piattaforma finanziaria creata da Jack Ma avrebbe dovuto essere un trionfo dell'economia cinese, ma il governo ha bloccato tutto

Jack Ma. (AP Photo/Thibault Camus, File)
Jack Ma. (AP Photo/Thibault Camus, File)

Il 5 novembre avrebbe dovuto essere il giorno in cui l’azienda cinese Ant Group diventava uno dei più grandi operatori finanziari del mondo. Ant, che è una società di fintech, cioè un’azienda tecnologica che offre servizi finanziari per il pagamento, il credito e gli investimenti, avrebbe dovuto quotarsi in Borsa contemporaneamente a Shanghai e Hong Kong, nel più grande debutto di sempre: il valore delle azioni vendute, secondo le previsioni, avrebbe dovuto superare i 37 miliardi di dollari, e la capitalizzazione totale di Ant avrebbe dovuto essere 316 miliardi, più della maggior parte delle grandi banche sia cinesi sia americane. Finora, la quotazione più grande è stata quella della compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco, che ha raccolto 29 miliardi di dollari.

Ma meno di 48 ore prima del debutto, la borsa di Shanghai ha annunciato a sorpresa che avrebbe ritirato la quotazione di Ant. Le regolamentazioni del settore sono cambiate improvvisamente, hanno detto i funzionari di borsa, e la quotazione deve essere rimandata. Poco dopo ha fatto lo stesso anche la borsa di Hong Kong. Il ritiro della quotazione di Ant è stato un fiasco terribile per Jack Ma, l’uomo più ricco della Cina, che ha fondato l’azienda di ecommerce Alibaba e che ha creato e controlla Ant. È stato un fiasco anche per l’economia cinese, che in Ant aveva un campione nazionale: l’ascesa dell’azienda era considerata come un segnale di forza del settore finanziario, e le sue disgrazie sono state viste all’estero come un sintomo di immaturità del mercato.

La ragione per cui la quotazione è stata ritirata con così poco anticipo è ancora incerta. C’è una ragione ufficiale: appena prima della quotazione, il governo cinese ha annunciato un cambiamento molto importante delle regole per gli operatori finanziari digitali (ci torniamo). Ma le motivazioni di questo cambiamento improvviso sono difficili da comprendere, perché gran parte delle decisioni di alto livello nella politica cinese è presa in maniera riservata e non è resa pubblica. Ci sono però alcune interpretazioni e un po’ di indizi. Molti media, per esempio Reuters, indicano un discorso tenuto da Jack Ma il 24 ottobre a Shanghai come una delle probabili cause: durante il discorso, tenuto durante un forum al quale partecipavano le più importanti personalità politiche ed economiche del paese, Jack Ma ha criticato con parole durissime le regolamentazioni del settore finanziario, dicendo che le autorità hanno una «mentalità da banco dei pegni» che non consente l’innovazione.

Questo discorso, hanno detto molti, ha fatto molto arrabbiare le autorità cinesi ed è arrivato fino al presidente Xi Jinping. Secondo il Wall Street Journal, sarebbe stato lui in persona a ordinare l’apertura delle procedure che avrebbero portato, di lì a poco, al ritiro della quotazione. Ci sono però anche ragioni più profonde, che in questi giorni sono state raccontate da analisti ed esperti del settore.

(Chinatopix Via AP)

Un po’ di storia: cos’è Ant
Per capire cos’è Ant bisogna partire da Alibaba. L’azienda di ecommerce fu fondata nel 1999 da Jack Ma, allora un insegnante d’inglese, nel suo appartamento, e ben presto ottenne un successo eccezionale. Alibaba non deve essere confusa come «l’Amazon cinese». Due dei suoi prodotti più importanti sono Taobao e Tmall, due piattaforme che rispettivamente consentono la compravendita tra privati e tra aziende e consumatori. Per facilitare queste transazioni, nel 2004 Jack Ma creò Alipay, un servizio per facilitare e garantire i pagamenti sulle sue piattaforme, simile per certi versi a PayPal.

Il successo di Alipay fu così grosso che nel 2011 Jack Ma decise di separare Alipay da Alibaba, trasformandola in un’azienda indipendente. Questa decisione fu molto contestata, perché Jack Ma la prese senza consultare i due principali investitori di Alibaba, la giapponese Softbank e l’americana Yahoo!, che da un giorno all’altro si videro privati di uno dei prodotti di punta dell’azienda di cui possedevano grosse quote. Ci furono molte vertenze legali, ma alla fine la questione fu risolta.

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Per Jack Ma, Alipay è sempre stata importantissima. Al tempo delle dispute legali, disse che era pronto ad andare in prigione pur di garantirne l’indipendenza, e dentro ad Alibaba si fecero programmi su come continuare il lavoro nel caso in cui fosse stato arrestato – non successe. Porter Erisman, ex vicepresidente di Alibaba e autore di un libro sul tema, disse che secondo Jack Ma Alipay aveva le potenzialità per diventare «la banca più grande della Cina». In vari discorsi pubblici Jack Ma ha detto che l’obiettivo di Alipay era quello di rivoluzionare il mercato finanziario cinese. Nel 2008 disse che gli istituti finanziari non erano in grado di sostenere l’imprenditoria perché le regole erano soffocanti, e aggiunse: «Se le banche non cambiano, cambieremo noi le banche».

Alipay, che nel frattempo è diventata Ant (inizialmente il nome completo era Ant Financial, adesso è Ant Group), c’è riuscita. L’azienda ha 700 milioni di utenti e nel tempo ha creato prodotti che sono stati capaci di cambiare in maniera radicale il mercato finanziario cinese. Nel 2013 presentò Yu’e Bao, un fondo di investimento monetario (cioè un fondo che di solito investe in obbligazioni a breve termine e basso rischio) con caratteristiche mai viste prima: il limite minimo di deposito era appena 1 yuan (cioè 0,13 euro), i rendimenti garantiti erano belli alti e si potevano ritirare i propri soldi in qualsiasi momento, senza penali. Il tutto si poteva fare comodamente, tramite app sul telefono. Nel giro di un mese i cinesi avevano già investito in Yu’e Bao 1,6 miliardi di dollari, e nel marzo del 2018 era diventato il più grande fondo di investimento monetario del mondo, con 267 miliardi di dollari di asset. Il fondo era così grande che a un certo punto le autorità cinesi temettero che potesse costituire un rischio per la tenuta dell’intera economia (se ci fossero stati problemi con Yu’e Bao, centinaia di milioni di piccoli risparmiatori sarebbero stati rovinati), e intervennero: Ant cambiò alcune regole in Yu’e Bao e aprì la sua piattaforma ad altri, riducendo la dimensione del fondo e di conseguenza il rischio.

Episodi come questo, in cui Ant spinge al limite l’innovazione nel sistema finanziario, fino a generare possibili rischi sistemici, sono una parte consistente della storia dell’azienda.

L’app di Alipay (AP Photo/Ng Han Guan)

Ant preoccupa il governo cinese
Secondo i documenti depositati da Ant prima della sua mancata quotazione, l’azienda opera in quattro settori principali: il credito, che genera il 39 per cento delle entrate, i pagamenti (36 per cento delle entrate), gli investimenti (16 per cento) e le assicurazioni (8 per cento). Già da qui si può capire che Ant si comporta in gran parte come una banca.

Il settore di gran lunga più redditizio, quello che negli ultimi anni ha generato poco più di metà della crescita di Ant, è il credito. Come spiega molto bene Rui Ma in un articolo su Tech Buzz China, un sito specializzato e molto informato, nel settore del credito Ant ha due prodotti principali: Huabei, un sistema di carte di credito virtuali, e Jiebei, un sistema di microprestiti. Huebei fornisce credito a un tasso di interesse annuale del 15 per cento, che è appena sotto la soglia dello strozzinaggio secondo la legge cinese. I due servizi, assieme, negli ultimi 12 mesi hanno erogato credito e prestiti a 500 milioni di utenti: è più di un terzo della popolazione di tutta la Cina, e la metà di tutti gli utenti di internet cinesi.

Queste cifre enormi sono giustificate dal fatto che, quando si parla di sistemi di pagamento e di finanza, la Cina è passata direttamente dal contante al digitale, senza sviluppare un sistema diffuso di carte di credito e di debito. Per i cittadini cinesi, il modo più facile per ottenere credito o piccoli prestiti è passare da servizi digitali e facilmente accessibili tramite app come Huabei e Jiebei, non dalle banche.

I servizi di credito di Ant hanno avuto così tanto successo che anche le altre grandi compagnie di internet sono entrate nel mercato, e ben presto  Tencent, Baidu e JD, tra le altre, hanno presentato i loro sistemi di microprestiti. Tra le aziende si è sviluppata una competizione molto forte, che ha portato a forzature notevoli: secondo Rui Ma, negli ultimi tempi in Cina sono circolate moltissime pubblicità che spingevano i cittadini a chiedere prestiti in maniera apparentemente impropria, come uno spot di Huabei in cui sembrava che un padre di famiglia della classe operaia dovesse chiedere un microprestito per fare alla figlia un «regalo presentabile» nel giorno del suo compleanno.

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Una situazione del genere è già abbastanza peculiare: sarebbe come se in Occidente Amazon, Google e Facebook si mettessero a offrire prestiti alle famiglie, pubblicizzandoli anche in maniera piuttosto aggressiva. La media dei prestiti concessi da Ant è di 300 dollari: sembra poco, ma bisogna ricordare che la stragrande maggioranza della popolazione cinese vive in condizioni modeste. Fuori dalle grandi città della costa, 300 dollari sono più o meno le entrate medie di un mese, e questo significa che molti prestiti concessi da Ant hanno un certo grado di rischio. Questo ha fatto preoccupare le istituzioni finanziarie, anche perché negli scorsi anni in Cina ci sono stati scandali pesanti che hanno coinvolto operatori finanziari rapaci o inesperti che hanno rovinato molte persone con servizi di prestiti sconsiderati.

Ant inoltre aveva un’altra ragione per preoccupare il governo: da tempo le autorità sostengono che l’azienda non abbia abbastanza capitale per rendere sicuri tutti i suoi prestiti. Ant infatti non concede i prestiti dalle sue casse, ma li esternalizza in gran parte alle banche: come ha scritto il Financial Times, con 450 milioni di dollari capitale Ant eroga 45 miliardi di dollari di prestiti.

Tutto questo si inserisce in un contesto in cui le autorità cinesi sono molto sospettose sia dell’eccessivo rischio finanziario (l’ultimo crollo dei mercati è dell’estate del 2018) sia della libertà delle imprese private, specie quelle che occupano settori strategici: in molteplici occasioni il presidente cinese Xi Jinping ha detto in maniera esplicita che l’attività imprenditoriale non può essere in contraddizione con l’interesse del popolo cinese, e in alcuni casi il governo ha anche messo in pratica queste minacce.

La mascotte di Ant. (AP Photo/Kin Cheung)

Il discorso di Jack Ma
Considerando che Jack Ma è l’imprenditore più importante di tutta la Cina, e uno dei meglio collegati (come molti suoi colleghi, è membro del Partito comunista), è probabile che, quando ha tenuto il suo discorso durissimo davanti alle istituzioni finanziarie cinesi il 24 ottobre, già sapesse che le autorità stavano preparando nuove regole molto onerose per le compagnie fintech. Il discorso attaccava ferocemente proprio le figure e gli enti che devono regolare il mercato finanziario, che Jack Ma definisce obsoleti, incapaci di correre rischi e con una «mentalità da banco dei pegni», come già detto. Attaccava particolarmente le regole che impongono che chi fa credito abbia riserve di capitale molto alte, esattamente quello che Ant non ha.

Il discorso del 24 ottobre si è tenuto a Shanghai durante il Bund Summit, uno dei principali eventi della comunità finanziaria cinese (il Bund è il distretto della città che affaccia sui grattacieli). Ad ascoltare Jack Ma c’erano il governatore della Banca centrale, il vicepresidente Wang Qishan (fidatissimo alleato di Xi Jinping), e altri funzionari di alto livello.

Alcuni analisti sostengono che il discorso di Jack Ma sia stato un atto di disperazione: l’imprenditore sapeva che le istituzioni stavano concependo nuove regole che avrebbero penalizzato il suo business e ha deciso di attaccare i regolatori per portare la comunità degli affari e l’opinione pubblica dalla sua parte. Altri sostengono che sia stato un atto di tracotanza: Jack Ma sapeva che i regolatori stavano concependo nuove regole e ha deciso di attaccarli convinto dell’invincibilità sua e delle sue aziende.

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Secondo le fonti di alcuni media americani, tra cui Reuters e il Wall Street Journal, il discorso ha peggiorato le cose, e questo giustificherebbe la decisione improvvisa di interrompere la quotazione. Dopo aver sentito Jack Ma parlare, il governo ha deciso di accelerare la pubblicazione di nuove regole per l’erogazione di microprestiti. Il 2 novembre, a tre giorni dalla quotazione di Ant, le autorità hanno convocato Jack Ma «per un tè» (è il termine che si usa per le convocazioni ufficiose) e gli hanno annunciato le nuove regole. Due in particolare riguardano Ant: un limite di 45 mila dollari a prestito (non un grosso problema) e soprattutto l’obbligo che almeno il 30 per cento del prestito sia erogato direttamente dal prestatore, con il suo capitale. Contando che finora Ant aveva erogato con capitale proprio appena il 2 per cento dei prestiti, la nuova regola è devastante per l’azienda. Secondo alcuni calcoli, per rispettare i nuovi criteri Ant dovrebbe aumentare il suo capitale di 20 miliardi di dollari. Poche ore dopo la pubblicazione delle nuove regole (che non sono ancora definitive), la borsa di Shanghai ha deciso di ritirare la quotazione.

Cosa succede adesso ad Ant
Secondo il Financial Times, la quotazione dell’azienda non è stata abolita del tutto, ma soltanto rimandata. Ritarderà però di almeno sei mesi, e il suo valore di mercato potrebbe essere molto ridotto, perché le nuove regole potrebbero cambiare in maniera consistente il modello di business di Ant e le sue fonti di entrata.

La vicenda dell’azienda è stata vista soprattutto in Cina come un intervento necessario, anche se tardivo, da parte del governo: alcune attività di Ant costituivano un rischio per il sistema finanziario e dovevano essere regolate. D’altro canto, soprattutto in Occidente, è stata vista come la prova dell’interventismo dannoso del governo cinese sulla libertà d’impresa. Pochi giorni dopo aver provocato il ritiro della quotazione di Ant, il governo ha promulgato un’ulteriore regolamentazione antitrust delle piattaforme digitali, che in una settimana ha fatto perdere ad Alibaba, Tencent, Xiaomi e Meituan oltre 290 miliardi di dollari in valore di mercato.