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  • Venerdì 23 ottobre 2020

A Milano le cose peggiorano in fretta

Non solo i numeri dei nuovi positivi, ma anche la pressione sulle terapie intensive: oggi riapre l'ospedale in Fiera, e si è cominciato a parlare di "zona rossa"

(ANSA/ MATTEO CORNER)
(ANSA/ MATTEO CORNER)

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla regione Lombardia, tra mercoledì e giovedì nella città di Milano sono stati registrati 917 nuovi casi da coronavirus, e nella provincia oltre 2mila. Sono numeri in crescita rispetto ai giorni precedenti, e che in generale confermano una tendenza che si era già vista nelle ultime settimane (dall’11 al 17 ottobre i nuovi casi registrati a Milano erano triplicati rispetto alla settimana precedente).

A Milano però non preoccupano solo i numeri dei nuovi positivi: gli ospedali si stanno riempiendo a ritmo sostenuto, le terapie intensive cittadine, almeno quelle delle strutture pubbliche, sono sempre più sotto pressione, il sistema di contact tracing, come ammesso dallo stesso direttore sanitario di ATS Milano, Vittorio Demicheli, è completamente saltato, e ora si parla di una possibile “zona rossa”.

Giovedì Massimo Galli, direttore del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Sacco (Milano), ha detto ad Agorà su Rai3 che «adesso stiamo per averla, la battaglia di Milano, che fu risparmiata dalla tempestività del lockdown dell’altra volta».

A Milano la situazione, già preoccupante la scorsa settimana, è notevolmente peggiorata negli ultimi giorni. La prima cosa ad essere saltata è stato il contact tracing, cioè la capacità di tracciare i contatti delle persone risultate positive al test per il coronavirus. L’ATS di Milano può contare su 150 tracer, che però da oltre una settimana sono stati travolti dall’aumento delle nuove positività, tra cui parecchi “casi scolastici”, cioè di studenti positivi, i più lunghi da ricostruire. Diversi medici di famiglia sentiti dal Post hanno raccontato che oggi sono loro a mettere in isolamento i contatti dei positivi, molto prima che intervenga l’autorità sanitaria, che arriva spesso in ritardo. Moltissime persone risultate positive al tampone vengono contattate dai tracer dell’ATS molti giorni dopo la conferma della positività, rendendo di fatto inutile l’attività di contact tracing, che dovrebbe bloccare per tempo le catene di contagio prima che vadano fuori controllo.

Le foto del primo giorno di coprifuoco a Milano:

A Milano si stanno iniziando a notare anche diverse crepe nella catena diagnostica, cioè nei tempi di attesa del tampone. Fino a un paio di settimane fa i tamponi si riuscivano a fare nel giro di uno o due giorni, anche grazie alla possibilità messa a disposizione dell’ATS Milano ai medici di famiglia di prenotare direttamente il tampone per i loro pazienti tramite un portale apposito. Oggi non è più così, e i tempi si sono dilatati.

– Leggi anche: Il contact tracing non funziona più

La situazione è peggiorata sensibilmente anche negli ospedali. Le strutture milanesi che erano state individuate per accogliere i pazienti malati di COVID- 19, tra cui Policlinico, Niguarda, San Paolo e Sacco, hanno quasi completamente riempito le proprie terapie intensive, cioè i reparti riservati ai più gravi.

Da diversi giorni gli ospedali milanesi, con i posti letto tutti pieni, hanno iniziato a trasferire pazienti con la COVID-19 in altri ospedali della Lombardia (c’è comunque un piano per aumentare ulteriormente i posti in terapia intensiva). Il sistema è finito ancora più sotto pressione a causa di alcuni focolai all’interno degli ospedali. All’ospedale Galeazzi, per esempio, ci sono 21 casi positivi tra operatori sanitari e amministrativi, e un’altra dozzina di persone in quarantena perché considerate “contatti stretti”. Nei giorni scorsi c’erano state anche diverse positività nel reparto di Cardiologia dell’ospedale Sacco, dove ora la situazione sembra però sotto controllo.

Giovedì il governo regionale ha quindi deciso di riaprire l’ospedale in Fiera, che era stato temporaneamente chiuso alla fine della prima ondata e che ha a disposizione circa duecento posti letto. La riapertura è stata anticipata rispetto alla tabella di marcia stabilita a giugno dalla regione Lombardia, che prevedeva un graduale aumento dei posti letto destinati ai pazienti con la COVID-19 negli ospedali lombardi. I primi trasferimenti nella struttura avverranno oggi, venerdì 23 ottobre.

Poliziotti ai Navigli durante il coprifuoco di giovedì (AP Photo/Luca Bruno)

Un’altra situazione preoccupante si sta osservando al Pio Albergo Trivulzio, uno dei più famosi centri di assistenza sanitaria per anziani di Milano che già la scorsa primavera aveva avuto molti morti per coronavirus. Nella struttura, che è stata poi al centro di un’indagine della procura di Milano, sono risultati positivi 14 ospiti, dopo esami di screening eseguiti nella settimana dal 12 al 16 ottobre, oltre a 5 dipendenti. In una nota diffusa dall’istituto, si legge che «stante l’incremento della curva epidemica a Milano, i ricoveri in cure intermedie sono temporaneamente sospesi sino al 25 ottobre e le palestre nelle sezioni di degenza sono temporaneamente chiuse».

Considerata la difficile situazione di Milano, si è cominciato a parlare di una possibile “zona rossa”, che si aggiungerebbe al coprifuoco regionale in vigore da giovedì 22 ottobre. Per il momento però non è stata presa alcuna decisione, e ci sono idee diverse al riguardo.

Marco Trivelli, direttore generale dell’assessorato al Welfare della Lombardia, ha detto a RaiNews24 di non escludere alcuna misura, in caso di ulteriore peggioramento della curva dei contagi, tra cui l’imposizione di un qualche tipo di “zona rossa”. Giovedì Sandra Zampa, sottosegretaria alla Salute, aveva detto a 24Mattino su Radio 24 che al momento non ci sarebbero le condizioni per una decisione di questo tipo, e ha ricordato che l’eventuale istituzione di una “zona rossa” dovrà essere decisa dal sindaco insieme al presidente della regione, oppure dal governo «facendo azione di commissariamento».