L’Armenia e l’Azerbaijan si sono accusati a vicenda di aver violato la tregua umanitaria decisa ieri

Un razzo azero sparato vicino a Stepanakert, la principale città del Nagorno-Karabakh, il 18 ottobre 2020 (La Presse/AP Photo)
Un razzo azero sparato vicino a Stepanakert, la principale città del Nagorno-Karabakh, il 18 ottobre 2020 (La Presse/AP Photo)

L’Armenia e l’Azerbaijan si sono accusati a vicenda di aver violato la tregua umanitaria che imponeva la sospensione dei combattimenti per il Nagorno-Karabakh, un territorio separatista in Azerbaijan ma controllato dall’Armenia. La tregua sarebbe dovuta cominciare alla mezzanotte di domenica, quando in Italia erano le 22 di sabato. I due paesi si erano messi d’accordo ieri, dopo che nella notte un missile armeno aveva ucciso 12 persone nella città di Ganja.

Una portavoce del ministero della Difesa armeno ha detto che l’Azerbaijan ha rotto la tregua quattro minuti dopo la mezzanotte sparando colpi di artiglieria e razzi. Secondo l’Azerbaijan invece è stata l’Armenia a rompere la tregua, due minuti prima. Sabato 10 ottobre i due paesi avevano firmato un altro accordo per il cessate il fuoco con la mediazione della Russia, ma gli scontri erano ripresi quasi subito.

Il Nagorno-Karabakh è un territorio di circa 11 mila chilometri quadrati che si trova all’interno dell’Azerbaijan ma la cui popolazione è a maggioranza armena e cristiana (la religione più comune in Azerbaijan è l’islam sciita). Nel 1988 dichiarò la sua indipendenza, sostenuto dall’Armenia: seguirono anni di scontri etnici molto violenti, fino alla guerra tra Armenia e Azerbaijan, che cominciò nel 1992, finì nel 1994 e provocò almeno 30 mila morti. Oggi il Nagorno-Karabakh si dichiara stato indipendente ma non è riconosciuto da nessun paese al mondo, nemmeno dall’Armenia. Nella pratica, la regione è controllata dall’Armenia, anche se per la comunità internazionale farebbe ancora parte dell’Azerbaijan. Gli attuali scontri tra i due paesi per il territorio sono cominciati a fine settembre.

– Leggi anche: Il problema del Nagorno-Karabakh