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  • Sabato 29 agosto 2020

La NBA ha trovato un accordo per ricominciare

Dopo la protesta per gli avvenimenti di Kenosha, i giocatori hanno accettato di tornare in campo in cambio dell'uso dei palazzetti come seggi per le elezioni presidenziali

(Kevin C. Cox/Getty Images)
(Kevin C. Cox/Getty Images)

Dopo aver deciso di boicottare i playoff in corso a Orlando come forma di protesta contro il razzismo della polizia e del sistema penale statunitensi, i giocatori della NBA hanno accettato di riprendere a giocare. Le partite ricominceranno sabato, dopo che la lega di basket nordamericana ha annunciato un piano per usare alcuni palazzetti come seggi elettorali alle elezioni presidenziali del 3 novembre, in modo da allargare la possibilità di voto.

È la cosa principale ottenuta dai giocatori della NBA che, con una decisione inedita e presa un po’ spontaneamente e all’improvviso, avevano messo in piedi una protesta visibile e simbolica in un momento di grandi tensioni razziali negli Stati Uniti. I giocatori avevano ricevuto un grande sostegno sui media e nel mondo dello sport e dello spettacolo, ma erano stati duramente criticati dal presidente Donald Trump, secondo cui «la gente è stanca della NBA». La lega di basket è notoriamente la più schierata e progressista tra i grandi campionati sportivi per quanto riguarda i diritti civili degli afroamericani, che rappresentano la grande maggioranza dei giocatori.

Erano stati per primi i Milwaukee Bucks a rifiutarsi di scendere in campo, subito prima della partita di mercoledì sera contro gli Orlando Magic, innescando una rapida reazione a catena che aveva fermato tutta la NBA e gran parte dello sport americano. Il boicottaggio era arrivato dopo l’uccisione di due manifestanti che protestavano per il ferimento di Jacob Blake a Kenosha, in Wisconsin.

La decisione dei Bucks era stata accolta con sorpresa dalle altre squadre e dalla NBA – la squadra avversaria lo aveva appreso mentre era già in campo per il riscaldamento – e ha creato 24 ore di confusione, discussioni e riunioni tra giocatori e dirigenti della lega. Era stato chiaro che si trattava di una protesta senza precedenti e di portata storica, anche per il contesto surreale della “bolla” allestita a Disney World per portare a termine la stagione durante l’epidemia da coronavirus. Ma era stato anche chiarissimo da subito che le riforme e i cambiamenti chiesti e pretesi dai giocatori della NBA non sarebbero potuti avvenire nel giro di qualche giorno.

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L’accordo raggiunto tra il sindacato che rappresenta i giocatori della NBA e la lega prevede la creazione di un organismo per promuovere l’accesso al voto e le riforme della polizia e del sistema giudiziario. Ma è il progetto per aprire al voto i palazzetti il contenuto principale dell’accordo che farà ricominciare i playoff, a partire da sabato sera. Saranno interessate le arene di proprietà delle squadre di NBA, e aprendole i giocatori sperano di poter garantire un maggiore accesso al voto di novembre.

Con la pandemia da coronavirus in corso, l’accesso agli spazi di voto alle presidenziali statunitensi sarà probabilmente più ridotto ed esclusivo, e per questo si sta pianificando un esteso utilizzo del voto per posta. Ma l’opposizione del presidente Donald Trump, accusato di voler restringere l’accesso al voto per fini elettorali, sta creando grandi preoccupazioni riguardo a uno scenario in cui per una parte importante della popolazione americana, in particolare le minoranze etniche e le fasce più povere, votare sarà difficile (più di quanto non sia normalmente, per gli storici problemi di esclusione del sistema di voto americano).

Secondo i giornalisti che stanno seguendo la NBA dall’interno della bolla di Orlando, sono stati due giorni di grande confusione: non tutti i giocatori sono stati d’accordo con le modalità del boicottaggio, principalmente perché i Bucks non hanno consultato le altre squadre e perché la decisione di sospendere i playoff è arrivata molto velocemente. Ma c’era anche un grande consenso sull’importanza di dare un segnale senza precedenti in un momento di grande sofferenza da parte della popolazione afroamericana, da tre mesi al centro di grandi proteste per la riforma del sistema penale e per una maggiore giustizia sociale.

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I giocatori, scrivono i giornalisti nella bolla, sono stati da subito consapevoli che i cambiamenti che auspicavano non si sarebbero potuti raggiungere nel giro di poco, e che la NBA doveva riprendere entro un paio di giorni, oppure fermarsi definitivamente. I rappresentanti dei giocatori hanno discusso con vari intermediari, tra cui Michael Jordan e l’allenatore dei Los Angeles Clippers Doc Rivers, convincendosi alla fine a riprendere le partite: si ricomincerà sabato con il recupero di quelle che erano previste giovedì. Alle 21.30 ora italiana ci sarà gara-5 della serie tra Milwaukee Bucks e Orlando Magic, seguita da Houston Rockets-Oklahoma City Thunder e Los Angeles Lakers-Portland Trail Blazers.

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