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  • Sabato 15 agosto 2020

Trump vuole sabotare le poste?

Il voto per posta sarà importantissimo per le prossime elezioni, ma il governo non vuole dare i fondi straordinari per gestire il carico di lavoro aggiuntivo

(Scott Olson/Getty Images)
(Scott Olson/Getty Images)

Negli ultimi tempi i Democratici statunitensi si stanno preoccupando per la possibilità che il presidente Donald Trump stia portando avanti una strategia per ostacolare il voto per posta alle prossime elezioni presidenziali, limitando le capacità delle poste di gestire le schede elettorali. I timori dei Democratici sono stati confermati da un’intervista che Trump ha dato giovedì sera a Fox Business, in cui ha motivato così la decisione di non aumentare i fondi federali alle poste: «per far funzionare gli uffici postali e gestire milioni di schede elettorali hanno bisogno di quei soldi: ma se non li avranno, non potranno gestire i voti di tutti gli elettori».

Trump ha detto e scritto più volte – senza mai fornire le prove – che l’estensione del voto per posta a tutti gli stati esporrebbe le elezioni presidenziali a una manipolazione senza precedenti, falsandone il risultato. I funzionari del partito Repubblicano in vari stati si stanno muovendo per impedire l’estensione del voto per posta, proseguendo gli sforzi che compiono da anni per limitare le opzioni di voto e impedire la partecipazione di alcune fasce della popolazione poco inclini a votare per loro, come i giovani, le minoranze etniche e i più poveri (che grazie al voto via posta potrebbero votare senza dover prendere un giorno di ferie – visto che negli Stati Uniti si vota di martedì – e senza lunghe code).

Già oggi però, secondo un dettagliato calcolo del New York Times, circa tre elettori su quattro possono richiedere di votare per posta senza dover fornire alcuna giustificazione: significa che a meno di sorprese degli ultimi giorni, e se i dati sull’affluenza saranno rispettati, all’inizio di novembre gli uffici postati statunitensi dovranno gestire 80 milioni di schede elettorali, cioè più del doppio di quelle recapitate nel 2016.

È una cifra enorme, che  secondo molti le poste americane non saranno in grado di gestire senza fondi straordinari: sia perché da tempo non riescono a competere coi più efficienti corrieri privati – dal 2007 perdono ogni anno miliardi di dollari – sia perché il nuovo amministratore delegato nominato da Trump, Louis DeJoy, ha avviato una serie di riforme per tagliare i costi di gestione che potrebbero ostacolare ulteriormente la gestione delle schede elettorali.

La gestione delle poste è un tema più politico di quanto si possa pensare: secondo un recente sondaggio della rispettata Marquette Law School, l’81 per cento delle persone che intende votare via posta appoggia il candidato Democratico Joe Biden, mentre il dato scende al 26 per cento fra quelli che intendono presentarsi al seggio il giorno delle elezioni, martedì 3 novembre (i Repubblicani, fra cui soprattutto Trump, spingono da mesi per tornare il più possibile alla normalità nonostante la pandemia da coronavirus).

Lo stratega Democratico David Axlerod, ex collaboratore di Barack Obama, ha definito questi dati «la base per un potenziale disastro»: se le schede nei seggi fisici, conteggiate la notte del 3 novembre, favorissero Trump, il presidente in carica potrebbe cercare di rendere non valide quelle arrivate per posta, che invece potrebbero favorire Biden, magari facendo leva sui tribunali federali – che in questi anni ha potuto riempire di giudici conservatori – oppure proprio sulle poste, dato che DeJoy è uno dei principali finanziatori del comitato elettorale di Trump. Obama stesso, venerdì, ha detto che Trump sta esplicitamente «gambizzando» il sistema postale.

Le riforme di DeJoy, che Associated Press ha ricavato da alcuni documenti interni, prevedono un taglio delle ore di straordinari e delle consegne in serata, oltre che del monte ore complessivo dei dipendenti. DeJoy ha ribadito più volte che i cambiamenti non limiteranno le capacità degli uffici postali in vista delle elezioni presidenziali, come invece sostengono i principali sindacati dei dipendenti, ma è stato smentito da alcune comunicazioni arrivate nelle scorse settimane negli uffici elettorali di alcuni stati in bilico fra Repubblicani e Democratici.

In Pennsylvania, uno stato in cui nel 2016 Trump vinse per poche migliaia di voti e in cui i sondaggi danno avanti Biden di diversi punti, i funzionari locali sono stati avvisati dalle poste che alcuni elettori che chiederanno di votare per posta non riceveranno la scheda elettorale in tempo, perché gli uffici locali non saranno in grado di spedirle (le leggi locali prevedono che una scheda possa essere richiesta fino a una settimana prima delle elezioni). In Michigan, le poste hanno avvertito le autorità locali che per consentire l’arrivo di tutte le schede negli uffici postali, gli elettori dovrebbero imbucarle almeno una settimana prima, cioè alla fine di ottobre.

Per aiutare le poste a gestire le schede elettorali, i Democratici avevano proposto di includere nella prossima tranche di aiuti economici per contrastare la pandemia un finanziamento straordinario da 10 miliardi di dollari. Trump e i Repubblicani hanno rifiutato la proposta: se ne riparlerà a settembre, quando il Congresso tornerà dalla pausa estiva e Repubblicani e Democratici dovranno trovare un compromesso per approvare gli aiuti, dato che la misura deve passare sia alla Camera – controllata dai Democratici dal 2018 – sia al Senato, in cui i Repubblicani hanno la maggioranza.