• Mondo
  • Sabato 29 agosto 2020

Cosa succede in Giappone dopo Shinzo Abe

Sostituire il primo ministro più longevo nella storia del paese non sarà facile per i Liberal Democratici, ma c'è chi si sta facendo avanti

Passanti guardano la conferenza stampa con cui Shinzo Abe ha annunciato le sue dimissioni da primo ministro su uno schermo a Tokyo, il 28 agosto 2020 (Carl Court/Getty Images)
Passanti guardano la conferenza stampa con cui Shinzo Abe ha annunciato le sue dimissioni da primo ministro su uno schermo a Tokyo, il 28 agosto 2020 (Carl Court/Getty Images)

Con le dimissioni del primo ministro Shinzo Abe, per il Giappone e per i Liberal Democratici, il partito che ne domina la politica quasi ininterrottamente dal 1955, comincia una nuova fase. Abe è stato finora il primo ministro in carica più a lungo nella storia del Giappone democratico e quello che ha passato più tempo consecutivo in carica: un risultato notevole se si considera che tra il 2007 e il 2012, tra il suo primo e secondo mandato, si erano avvicendati cinque diversi primi ministri. Come per tutti i leader carismatici e popolari, anche nel caso di Abe non sarà facile trovare un successore e la persona che alla fine verrà scelta avrà il difficile compito di provare a portare a termine ciò che Abe non era riuscito a fare.

L’eredità di Shinzo Abe
Nel suo editoriale sulle dimissioni di Abe il Wall Street Journal, l’importante quotidiano finanziario di orientamento liberista, ha riassunto la sua azione politica come una «campagna su più fronti per trasformare il Giappone in un paese più normale». Abe ha infatti introdotto o cercato di introdurre grandi e ambiziosi riforme in ambiti diversi.

Quelle economiche, riunite nella cosiddetta Abenomics, sono state le più riuscite: Abe ha portato avanti una serie di liberalizzazioni e ha promosso un’ampia concessione di credito per rilanciare i consumi e aumentare l’inflazione, in particolare dopo i danni causati dallo tsunami del 2011. Per molti critici però non ha fatto abbastanza, nonostante il Giappone sia la terza economia mondiale e il tasso di disoccupazione sia molto diminuito: la crescita del PIL è modesta, il tasso di inflazione è rimasto più basso di quanto progettato e il paese ha un grosso debito pubblico. E la pandemia da coronavirus ha portato nuovi problemi, tra cui il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo, per cui Abe si era molto speso.

– Leggi anche: Il picco di nuovi contagi in Francia

Per quanto riguarda le riforme politiche, ha reso più semplice l’immigrazione in Giappone dall’estero, storicamente molto limitata ma considerata sempre più importante per via dell’alto tasso di invecchiamento della popolazione. In politica estera Abe ha migliorato i rapporti con alleati stranieri importanti, in particolare gli Stati Uniti e l’Australia, anche se non è riuscito a evitare che Donald Trump facesse uscire gli Stati Uniti dalla Trans-Pacific Partnership (TPP), un importante accordo commerciale internazionale. Inoltre non è riuscito a chiudere la contesa con la Russia sulle isole Curili, né a risolvere diplomaticamente i disaccordi con la Corea del Sud sui trattati internazionali firmati dopo la Seconda guerra mondiale. Il suo principale insuccesso comunque è stato non riuscire a cambiare l’articolo 9 della Costituzione, che proibisce al paese di avere un vero e proprio esercito. Chi prenderà il posto di Abe dovrà cercare di portare avanti questo progetto, tra le altre cose.

Come sarà scelto il successore di Abe
Se non si fosse dimesso per motivi di salute, Abe avrebbe dovuto rimanere il primo ministro del Giappone e il presidente dei Liberal Democratici giapponesi fino al settembre del 2021. Annunciando il suo ritiro anticipato, ha detto che rimarrà in carica finché il partito non avrà scelto un successore.

Normalmente i leader dei Liberal Democratici vengono scelti con le primarie, in cui la metà del potere elettivo spetta ai tesserati del partito, che sono più di un milione, e l’altra metà agli eletti in parlamento. Dato che Abe si è dimesso prima di concludere il mandato però il partito ha un’alternativa per scegliere il suo nuovo capo: in caso di emergenza il suo statuto consente di votare il successore coi soli voti dei parlamentari, e di tre rappresentanti per ciascuna delle 47 prefetture – cioè gli enti amministrativi in cui è diviso il Giappone – per un totale di 535 votanti.

– Leggi anche: Come va con le scuole nel mondo

Venerdì il segretario generale dei Liberal Democratici Toshihiro Nikai ha detto che il partito non ha ancora deciso quale delle due strade percorrere, ma secondo gli esperti di politica giapponese è molto probabile che venga organizzata l’elezione ristretta, con successivo ballottaggio se nessun candidato otterrà al primo turno più del 50 per cento dei voti.

Una volta che il partito avrà deciso quale sarà il nuovo leader, la sua nomina a primo ministro sarà sottoposta a un voto del parlamento durante una sessione straordinaria, durante la quale Abe dovrà dare formalmente le dimissioni. Potrebbe succedere tutto a settembre se i Liberal Democratici saranno veloci a scegliere il loro nuovo capo. Dato che in Parlamento il partito ha la maggioranza, l’opposizione non ha i mezzi per evitare che il nuovo leader dei Liberal Democratici prenda il posto di Abe come primo ministro. Ciò però non significa per forza, spiega il New York Times, che il prossimo capo del governo riuscirà a restare in carica fino alla fine del mandato: se si escludono gli ultimi anni in cui Abe è stato in carica, il Giappone ha avuto governi molto brevi e instabili.

I possibili candidati alla guida dei Liberal Democratici
Sui giornali giapponesi e internazionali sono stati fatti i nomi di diversi politici che potrebbero ambire al posto di Abe ed essere scelti per succedergli, e alcuni hanno già detto che si faranno avanti. Uno è l’ex ministro degli Esteri Kishida Fumio, che sarebbe una scelta conservativa per il partito, sicura a breve termine, anche se forse non la più adatta in vista delle elezioni del 2021: non è infatti particolarmente popolare.

Un’altra scelta prudente sarebbe quella dell’attuale vice primo ministro e ministro delle Finanze Taro Aso, che è già stato primo ministro in passato, anche se la sua guida dei Liberal Democratici era finita con il peggior risultato elettorale nella storia del partito. Anche Abe aveva avuto poco successo ai tempi del suo primo mandato, quindi il vecchio fallimento di Aso non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile per la sua eventuale elezione.

– Leggi anche: La NBA ha trovato un accordo per ricominciare

Un altro ministro che potrebbe provare a sostituire Abe è l’ambizioso e carismatico ministro della Difesa Taro Kono, che però potrebbe essere troppo divisivo per il partito a causa di alcune sue opinioni in contrasto con quelle della maggioranza. Secondo un sondaggio dell’agenzia di stampa Kyodo, il ministro dell’Ambiente Shinjiro Koizumi, che ha 39 anni ed è principalmente noto in quanto marito della popolare presentatrice televisiva Christel Takigawa, sarebbe il secondo politico più apprezzato come successore di Abe ma è improbabile che venga scelto perché ha poca esperienza e in passato ha criticato alcune posizioni del partito.

Al primo posto nello stesso sondaggio c’è il 71enne Yoshihide Suga, un importantissimo e rispettato membro dei Liberal Democratici, considerato il braccio destro di Abe. Negli ultimi mesi ha partecipato meno alle decisioni importanti, specialmente quelle relative alla gestione della pandemia, e in una recente intervista ha detto che non sarebbe disposto a succedere ad Abe. Ma negli ultimi giorni il suo nome è stato assai spinto dai media giapponesi, secondo cui potrebbe essere il favorito.

Infine si sono fatti i nomi di Shigeru Ishiba, che alle primarie del 2012 era stato sconfitto da Abe con un margine ristretto, e che nel 2015 aveva creato una corrente di opposizione interna al partito, e quello di Tomomi Inada, unica donna della lista, che ha posizioni di estrema destra; se scelta, sarebbe la prima donna a diventare prima ministra del Giappone.

– Leggi anche: In Germania ci sarà un esperimento sul reddito universale