(Wang Jingqiang / Xinhua via ZUMA Press / ANSA)

In Corea del Sud c’è un nuovo focolaio

Ci sono oltre 450 contagiati in una chiesa guidata da un pastore di estrema destra che aveva organizzato manifestazioni contro il governo (che ora ha rafforzato le restrizioni)

Secondo i dati ufficiali diffusi dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive della Corea del Sud (KCDC), negli ultimi cinque giorni sono stati registrati quasi 1.000 nuovi contagi da coronavirus. In particolare, più di 450 contagi riguardano i fedeli della chiesa protestante Sarang Jeil di Seongbuk – un quartiere del nord di Seul, la capitale della Corea del Sud – che ha come pastore il reverendo Jun Kwang-hun, un conservatore di estrema destra che è a sua volta risultato positivo al coronavirus.

Trattandosi dell’aumento di contagi più significativo degli ultimi mesi, il governo della Corea del Sud ha iniziato a rafforzare le misure restrittive per contenere una possibile diffusione del virus. Ma se ne sta parlando molto anche per le attività di Jun Kwang-hun in queste settimane. Secondo le autorità locali una buona parte dei contagi sarebbe avvenuta durante alcuni eventi a cui avevano preso parte centinaia di seguaci della chiesa Sarang Jeil. Sabato scorso, per esempio, Jun Kwang-hun ha guidato una protesta antigovernativa contro il presidente della Corea del Sud, il liberale Moon Jae-in.

Sia il ministero della Salute sudcoreano sia il governo locale di Seul hanno denunciato Jun accusandolo di non aver rispettato le norme per contrastare la diffusione del coronavirus e aver scoraggiato i fedeli della chiesa a sottoporsi al tampone: Jun, infatti, avrebbe anche mentito sul numero dei presenti durante i riti religiosi e le proteste per evitare sanzioni. Finora ha scritto il Korea Herald, è stata testata più o meno la metà dei circa 4mila fedeli della chiesa Sarang Jeil, mentre 500 di questi non si riuscirebbero a rintracciare.

Durante una conferenza stampa di lunedì 17 agosto, la direttrice del KCDC, Jung Eun-kyeong, ha detto che se questo focolaio non verrà bloccato tempestivamente ci potrebbe essere «un’esplosione esponenziale» di contagi. Inoltre, ha aggiunto Jung, circa la metà dei pazienti contagiati ha più di 50 anni ed è a rischio di sviluppare sintomi più acuti, mettendo potenzialmente in crisi i posti di terapia intensiva negli ospedali.

Il governatore della provincia di Gyeonggi, Lee Jae-myung (al centro), durante la conferenza stampa del 18 agosto 2020. (EPA/YONHAP SOUTH KOREA OUT / ANSA)

Il Korea Times ha scritto che il 15 agosto è stata avviata una petizione online per chiedere l’arresto di Jun per aver «vanificato» gli sforzi del paese contro il coronavirus e aver «danneggiato la sicurezza della società nascondendosi dietro alla maschera della religione». Già lo scorso marzo la chiesa di Sarang Jeil aveva violato le norme per contrastare la diffusione del coronavirus e come conseguenza al pastore Jun fu imposto il divieto di organizzare messe. Jun, inoltre, era stato arrestato con l’accusa di diffamazione contro il presidente Moon Jae-in, ma venne poi liberato su cauzione.

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Mentre a fine febbraio Wuhan, la città cinese da cui era partita l’epidemia da coronavirus, si trovava in una rigidissima quarantena da un mese, la Corea del Sud era riuscita ad arrestare la crescita dei contagi e a contenere efficacemente la diffusione del virus. L’approccio della Corea del Sud fu esplicitamente lodato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: in proporzione ai contagi accertati, i morti per cause legate al coronavirus erano pochi, ma questo era dovuto sia a un’estesa politica sui tamponi, sia al sofisticato sistema di tracciamento dei contagi sudcoreano.

Attorno al 10 maggio e poi ancora a fine mese, dopo che erano stati individuati due picchi rispettivamente di 50 e 79 contagi, il governo sudcoreano aveva reintrodotto alcune restrizioni nell’area metropolitana di Seul, tuttavia erano circa due mesi che non si registravano più di pochi contagi al giorno. Quello riscontrato in questi giorni è il focolaio più grande dopo quello che era stato individuato lo scorso febbraio alla congregazione Shincheonji di Gesù, a partire da Daegu, la quarta città del paese. Allora risultarono contagiate 5.214 persone, mentre attualmente i casi accertati legati alla chiesa Sarang Jeil sono 457. Le autorità locali hanno invitato i cittadini di Seul e della vicina provincia di Gyeonggi, la più popolosa del paese, a indossare le mascherine, stare a casa ed evitare gli spostamenti non essenziali. Il primo ministro sudcoreano ha annunciato che le messe e i servizi religiosi saranno vietati a partire da mercoledì 19 agosto.

Attualmente i casi totali di contagio accertati in Corea del Sud, che ha circa 51 milioni di abitanti, sono 15.761 e le morti per cause legate al coronavirus 306.

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