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  • Giovedì 13 agosto 2020

Il Belgio non è mai stato così tanto tempo senza un governo con pieni poteri

Ha superato i 600 giorni, battendo il record del 2010, e di questi tempi è un gran problema

La prima ministra ad interim belga, Sophie Wilmes (Dirk Waem, Pool Photo via AP)
La prima ministra ad interim belga, Sophie Wilmes (Dirk Waem, Pool Photo via AP)

Il Belgio è da oltre 600 giorni senza un governo con pieni poteri: un record, anche per un paese che negli ultimi anni ha attraversato diverse crisi politiche. La mancanza di un governo con pieni poteri – e quindi l’impossibilità di aumentare la spesa pubblica – sta diventando un grosso problema, ha scritto Politico, soprattutto a causa della crisi provocata dall’epidemia da coronavirus e degli interventi che richiede. Ora i due partiti con il maggior numero di seggi in parlamento, i nazionalisti fiamminghi e i socialisti francofoni, hanno trovato una sorta di intesa: ma non sarà votata fino alla seconda metà di settembre, quando il parlamento belga si riunirà dopo la pausa estiva.

La crisi è iniziata nel dicembre 2018, quando l’allora primo ministro, Charles Michel, si dimise a causa di tensioni interne legate per lo più al tema dell’immigrazione, e dopo che la Nuova alleanza fiamminga (N-VA), partito fiammingo indipendentista di destra, lasciò il governo. Le successive elezioni si tennero nel maggio 2019, ma non produssero alcuna maggioranza. Iniziarono quindi diversi negoziati, senza successo, durante i quali fu nominata nel ruolo di primo ministro ad interim Sophie Wilmès, dello stesso partito di Michel. Nel marzo 2020, per gestire l’epidemia da coronavirus, re Filippo nominò Wilmès a capo di un governo di minoranza, che però non ha mai ricevuto la fiducia del parlamento e che continua a operare senza pieni poteri.

Il Belgio è quindi un paese senza un governo nel pieno delle sue capacità da oltre 600 giorni: ha superato il suo precedente record, 541 giorni, registrato nel 2010.

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Uno dei motivi principali della crisi politica belga è la difficoltà a mettere d’accordo i partiti che appartengono alle due comunità in cui è diviso il paese: quella fiamminga e quella vallona.

Di fatto il Belgio è diviso in due: a nord abitano circa due terzi della popolazione, i fiamminghi di lingua olandese. A sud vivono i valloni, che parlano francese e sono all’incirca un terzo della popolazione. Il resto dei belgi vive a Bruxelles, una regione ufficialmente bilingue ma di fatto una specie di isola francofona in territorio fiammingo. Negli ultimi decenni il nord fiammingo si è industrializzato e ha sorpassato il sud francofono in quasi tutti i principali indici di sviluppo. Entrambi i popoli hanno tradizioni e usi diversi, e una identità molto sviluppata. Esistono scuole, ospedali, partiti politici che si rivolgono esclusivamente ai fiamminghi, oppure ai valloni.

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La complessità del Belgio ha contribuito negli ultimi anni a provocare diverse crisi politiche, come quella in corso, ma allo stesso tempo ha permesso di attutirne la gravità: lo stato belga, infatti, delega molte importanti competenze ai governi regionali e locali, che anche in assenza di una guida federale continuano a esercitare le loro funzioni. Per questa ragione, oggi come nel 2010, molti si chiedono se il fatto di non avere un governo con pieni poteri in Belgio sia davvero un problema, dal momento che gli “affari correnti” sono garantiti dall’esecutivo uscente e le spese dell’apparato di governo ridotte al minimo. Durante la crisi del 2010, per esempio, l’economia nazionale crebbe del 2 per cento e la disoccupazione si ridusse.

Secondo Politico, però, ci sono almeno quattro ragioni per cui la mancanza di un governo federale sarebbe un grosso problema in Belgio, soprattutto con l’epidemia da coronavirus in corso, che richiede leadership politiche forti.

La prima riguarda il bilancio dello stato. Il parlamento belga, infatti, non approva un vero bilancio dal 2017, e secondo le leggi in vigore il governo che svolge gli “affari correnti” può spendere ogni mese solo un dodicesimo della spesa sostenuta l’anno precedente. Dall’inizio dell’epidemia, comunque, il parlamento belga ha trovato di volta in volta soluzioni per affrontare la crisi, permettendo all’attuale governo guidato da Sophie Wilmès di adottare politiche più ampie di quelle incluse formalmente nel suo incarico. Come in molti altri paesi europei, anche in Belgio la crisi provocata dal coronavirus si è rivelata particolarmente grave: secondo i dati Eurostat di luglio, nel primo trimestre del 2020 il deficit del Belgio è aumentato più di qualsiasi altro paese dell’Unione Europea, ad eccezione di Malta.

La seconda ragione riguarda l’impossibilità per il governo belga di adottare un piano ampio di ripresa post COVID-19, che richiederebbe grandi riforme soprattutto in campo economico. Nonostante in Belgio diverse competenze relative all’economia siano affidate ai governi regionali – quelli della regione di Bruxelles, delle Fiandre e della Vallonia –, il governo federale mantiene un ruolo importante di coordinamento. Questo ruolo è necessario per definire programmi economici nazionali, ma anche in vista degli impegni presi lo scorso mese dai leader dell’Unione Europea sul Fondo per la ripresa.

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La terza ragione, ha scritto Politico, è legata alla perdita di attrattiva degli incarichi di governo, il quale essendo sempre più ridotto attira meno persone talentuose e di valore. Questo sembra poter essere un problema nel lungo periodo, soprattutto perché già alcuni ministeri, come quelli della mobilità e degli affari digitali, stanno soffrendo una perdita di rilevanza notevole, perché non inclusi nella categoria dei ministeri legati alla gestione della crisi provocata dall’epidemia.

La quarta e ultima ragione è legata alla mancanza di una riforma strutturale delle pensioni, che non è possibile avviare senza un governo con pieni poteri. Anche in Belgio, come nel resto dell’Europa, il sistema pensionistico è sotto pressione a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, senza contare che negli ultimi 20 anni la quantità di denaro destinato alle pensioni è cresciuta due volte più velocemente del PIL. Nel 2014 l’allora governo di Michel aveva alzato l’età pensionabile da 65 a 67 anni a partire dal 2030, ma la misura potrebbe non risolvere il problema della durata della vita lavorativa in Belgio, 33,6 anni, ben al di sotto di quella media dell’Unione Europea, 35,9 anni.

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