• Sport
  • Lunedì 2 luglio 2018

In che lingua si parlano i giocatori del Belgio?

Nè il francese né il fiammingo, nonostante siano le lingue principali del paese: ma in Belgio funziona così un po' per tutto

(ALEXANDER NEMENOV/AFP/Getty Images)
(ALEXANDER NEMENOV/AFP/Getty Images)

Nel mondo del calcio si dice spesso che per far integrare un giocatore arrivato in una nuova squadra dall’estero bisogna aspettare che impari la lingua del posto. C’è chi non impara mai, come Marouane Fellaini del Manchester United, che secondo l’allenatore Phil Neville ha il peggior inglese che abbia mai sentito; poi ci sono quelli come Mateo Kovačić, che a 24 anni ha girato quattro squadre di paesi diversi e perciò parla fluentemente cinque lingue. In alcuni rari casi, però, il problema è proprio la lingua del posto. Il Belgio ha 11 milioni di abitanti, e per ragioni storiche e culturali metà parlano fiammingo e metà francese. Quale delle due lingue si parla quindi in nazionale?

Nessuna delle due. In giocatori che vengono convocati nella nazionale di calcio del Belgio, infatti, si parlano in inglese per non creare tensioni o “fazioni” che parlino una sola lingua. In Belgio funziona un po’ tutto così: per non alimentare tensioni fra gli abitanti, o si cerca un compromesso oppure, più facilmente, si fanno cose separate.

Di fatto il Belgio è diviso in due: a nord abitano circa due terzi della popolazione, i fiamminghi di lingua olandese. A sud vivono i valloni, che parlano francese e sono all’incirca un terzo della popolazione. Il resto dei belgi vive a Bruxelles, una regione ufficialmente bilingue ma di fatto una specie di isola francofona in territorio fiammingo. Negli ultimi decenni il nord fiammingo si è industrializzato e ha sorpassato il sud francofono in quasi tutti i principali indici di sviluppo. Entrambi i popoli hanno tradizioni e usi diversi, e una identità molto sviluppata. Esistono scuole, ospedali, partiti politici che si rivolgono esclusivamente ai fiamminghi, oppure ai valloni.

Per tornare alla nazionale di calcio, gli addetti stampa della squadra organizzano conferenze separate per i giocatori francofoni, per esempio Axel Witsel, e per quelli che parlano fiammingo, come Kevin De Bruyne. Per i calciatori, ma anche per molti belgi comuni, «l’inglese è considerato come una buona via di mezzo», ha spiegato la giornalista belga di BBC Suzanne Vanhooymissen. Se anche volesse, l’allenatore del Belgio Roberto Martínez non potrebbe prendere posizione: è spagnolo e non parla né il fiammingo né il francese. Anche gli sponsor si sono adattati: Reuters fa notare che AB InBev, la più grande azienda produttrice di birra al mondo, ha scelto uno slogan in inglese «We are Belgium», evitando di usare il fiammingo o il francese.

Nonostante il paradosso di esprimersi in una lingua diversa da quelle che vengono parlate nel paese, qualcuno ha fatto notare che le vittorie della nazionale di calcio – che da qualche anno è una delle più forti al mondo – hanno già fatto molto per unire il paese e disinnescare il conflitto sociale, soprattutto fra i fan più giovani: i calciatori fiamminghi, valloni e belgi di seconda generazione o di lontana origine coloniale giocano insieme senza alcun problema.

Romelu Lukaku, centravanti della squadra e del Manchester United, è figlio di un calciatore professionista dello Zaire, è nato ad Anversa (nelle Fiandre) ma ha giocato per anni nell’Anderlecht (cioè nella periferia di Bruxelles, che è francofona). Parla sei lingue, e in una recente intervista ha raccontato: «a volte inizio una frase in francese e la finisco in fiammingo, e in mezzo uso un paio di espressioni in spagnolo, portoghese o lingala, a seconda di dove sono. Io vengo dal Belgio. Veniamo tutti dal Belgio. È questo che rende figo questo paese, no?».