Come comunicare con le mascherine

Farsi sentire è più difficile e bisogna ricordarsi che gli altri non vedono quando sorridiamo, ma possiamo abituarci a usare di più il linguaggio del corpo

In un bar di Las Vegas, il 9 maggio 2020 (Ethan Miller/Getty Images)
In un bar di Las Vegas, il 9 maggio 2020 (Ethan Miller/Getty Images)

Indossare le mascherine come richiesto dalle regole per contrastare i contagi da coronavirus è scomodo. Si suda sopra il labbro, si appannano gli occhiali e si fa un po’ fatica a respirare. Ma soprattutto comunicare con altre persone, per strada o nei negozi, è più difficile se si porta la mascherina. Se si parla con un normale tono di voce, specialmente rispettando il distanziamento fisico, la persona a cui ci si rivolge potrebbe non sentire. In particolare per chi ha problemi di udito, poi, non poter leggere il labiale è un grande svantaggio. Inoltre bisogna fare a meno dei sorrisi per rendere più amichevoli le conversazioni.

Un articolo pubblicato nella sezione Future del sito di BBC spiega perché avere la faccia coperta complichi le conversazioni, secondo la psicologia e andando oltre le considerazioni che ognuno può fare dopo essere entrato in un bar con la mascherina. Quando una persona parla, non comunica solo con la voce, ma con l’insieme di voce, corpo ed espressioni del viso; al tempo stesso il destinatario della comunicazione non si limita ad ascoltare il suo interlocutore, ma inconsapevolmente analizza i suoi gesti, le sue espressioni e le sue parole tutte insieme. Per questo, ha spiegato a BBC la psicologa Rebecca Brewer, che studia le funzioni delle espressioni facciali alla Royal Holloway University di Londra, «quando non possiamo vedere una faccia per intero questa analisi olistica è compromessa».

Ovviamente la bocca e gli occhi sono le zone che osserviamo di più perché essendo le parti più espressive del viso sono anche quelle che trasmettono più informazioni. Senza rendercene conto, ne analizziamo i movimenti, combinandoli insieme, per interpretare correttamente ciò che ci viene detto. Alcune emozioni e reazioni però sono comunicate meglio dalla bocca. Per esprimere la sensazione di felicità o gioia, per esempio, usiamo soprattutto la bocca e per questo con la bocca coperta è più difficile presentarsi come amichevoli e disponibili: chi ci vede non si accorge che sorridiamo e ci potrebbe percepire come ostili o indifferenti.

Alcuni medici e infermieri che negli ultimi mesi hanno lavorato nei reparti con i malati di COVID-19 hanno cercato di risolvere questo problema attaccando alle proprie divise protettive fotografie in cui sorridevano.

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I sorrisi però non comunicano sempre una sensazione di gioia, così come una persona che non sorride può essere molto felice. Secondo alcuni studi ci sono 19 diversi tipi di sorriso e solo sei sono associati a sensazioni di felicità e piacere: ci capita di sorridere quando siamo intimiditi, a disagio, e anche quando abbiamo paura o proviamo del dolore. Aleix Martinez, un ricercatore di ingegneria informatica dell’Ohio State University, ha spiegato a BBC che per insegnare ai computer a interpretare correttamente le immagini di persone che comunicano qualcosa è importante considerare le espressioni facciali insieme alla postura del corpo, ai suoi movimenti (ad esempio a come si gesticola con le mani), alla scelta delle parole, al tono di voce e infine al contesto. Le persone lo fanno automaticamente, senza accorgersene.

Togliendo dall’equazione uno di questi fattori le cose si complicano, ma secondo Martinez dovrebbe ancora essere possibile riuscire a capirsi, usando tutte le altre chiavi di lettura che si hanno a disposizione.

Non si sa per quanto tempo sarà consigliabile indossare le mascherine per evitare il contagio, ma è possibile che abituandoci a farlo riusciremo a fare a meno di vedere le bocche altrui, e a comunicare certe cose usando altre parti del corpo. Secondo l’articolo di BBC, è possibile che finiremo per adottare gli stessi trucchi, più o meno consapevoli, usati dai milioni di donne che per motivi religiosi si coprono parte del volto, ad esempio con il niqab.

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Samar al Zayer, una psicologa di origine saudita che vive nei Paesi Bassi, ha raccontato a BBC che parlare con persone con la mascherina le ha ricordato di quando da bambina, in Arabia Saudita, cercava di interpretare cosa pensassero le donne con il niqab. «Ero molto più attenta ai loro segnali non verbali, mantenevo un maggiore contatto visivo con i loro occhi per cercare di capire cosa pensassero, per scorgere le loro emozioni. Ero anche più attenta al loro tono di voce e alle loro mani», ha spiegato al  Zayer: «Non era difficile, ma diverso da come facciamo di solito». E chi indossa il velo, di solito, adotta strategie per farsi capire meglio.

BBC ne parlato con alcune donne che portano il niqab. Marium Zafar, una studentessa di 23 anni che vive vicino ad Atlanta, in Georgia, ha raccontato di parlare con una maggiore enfasi quando è velata: «Cambio tono di voce per far capire bene come mi sento». Marjaan Ali, 23enne di Thuwal, in Arabia Saudita, si è accorta che le sue espressioni facciali sono diverse quando indossa il niqab: «Negli anni ho notato che ho imparato a usare le mie sopracciglia in modo molto espressivo».

Giovani sauditi in un parco di Gedda, il 22 giugno 2018 (Sean Gallup/Getty Images)

Non potendo fare affidamento sui movimenti delle labbra, guardarsi negli occhi è importante. Secondo la psicologia basta guardarli per capire come si sente chi ci sta attorno: è per via della cosiddetta teoria della mente, cioè la capacità di attribuire stati mentali agli altri e capire che possano essere diversi dai propri. Uno dei test per capire se una persona ha un disturbo nello spettro autistico si basa proprio sulla capacità di interpretare lo stato d’animo di qualcun altro guardandone gli occhi.

Ovviamente per chi ha disturbi dell’udito guardare gli occhi può non essere sufficiente, mentre può essere importante leggere le labbra. Per questo negli ultimi mesi sono stati sviluppati vari tipi di mascherine trasparenti, realizzate da associazioni e artigiani: se chi lavora nei negozi, negli ospedali e sui mezzi pubblici le indossasse, sarebbe più facile comunicare con le persone sorde o con problemi di udito.

Il consiglio generale di al Zayer è di «essere enfatici», in ogni modo possibile: «Usare molte più parole del solito e fare più domande può essere una buona strategia per essere sicuri di aver capito l’altra persona. Bisogna imparare a coinvolgere gli altri sensi oltre all’udito e a usare il linguaggio del corpo».

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