Come funziona un’app per il contact tracing

COVIDSafe in Australia è stata scaricata un milione di volte in poche ore dal suo lancio, e insegna qualcosa su come potrebbe essere il tracciamento sociale da noi

Da poche ore in Australia è disponibile COVIDSafe, un’applicazione per il tracciamento dei contatti (“contact tracing”) sviluppata con l’obiettivo di ridurre la diffusione dell’epidemia da coronavirus. L’app è già stata scaricata più di un milione di volte, segnando una forte partecipazione al progetto da parte degli australiani, anche se ci sono dubbi sull’efficacia dello strumento e la tutela della privacy degli utenti. COVIDSafe ha un funzionamento simile a quello descritto per Immuni, l’applicazione scelta in Italia per fare contact tracing, ma sulla quale il governo non sembra avere ancora le idee molto chiare.

Tracciare i contatti durante un’epidemia è importante per identificare le persone che potrebbero essere state infettate. Il contact tracing viene effettuato per lo più intervistando le persone risultate positive al coronavirus, con l’obiettivo di ricostruire con quali individui siano entrate in contatto e che potrebbero avere contagiato. È un lavoro che richiede tempo e personale adeguatamente formato, due risorse che possono scarseggiare durante un’emergenza dovuta a una pandemia.

La tecnologia può aiutare ad attenuare il problema, con soluzioni per rendere più diffuso e condiviso il contact tracing. Esperienze in questo senso sono state condotte nella Corea del Sud e a Singapore, con un’applicazione sulla quale è stato basato lo sviluppo di COVIDSafe in Australia e che si chiama TraceTogether. Il loro impiego ha portato a risultati ancora difficili da interpretare: da un lato ha reso sicuramente più semplice la ricerca di alcune persone potenzialmente esposte, ma al tempo stesso ha messo in evidenza gli ostacoli tecnici per realizzare applicazioni pratiche a sufficienza per gli utenti, senza contare i dubbi sulla tutela della loro privacy.

Come funziona COVIDSafe
COVIDSafe è disponibile sui due principali store per le applicazioni, l’App Store di Apple e il Play Store di Google (nelle loro versioni per l’Australia). Dopo averla scaricata, l’app offre alcune spiegazioni di base, chiarendo di essere stata realizzata dal governo australiano per ridurre la diffusione del coronavirus: “COVIDSafe registrerà in maniera sicura le altre persone che usano l’app con cui sei venuto in contatto”.

L’app spiega poi di essere basata sulla tecnologia Bluetooth, la stessa che si utilizza per collegare le cuffie senza fili o per collegare lo smartphone all’automobile. COVIDSafe emette periodicamente un identificativo univoco (ID) che può essere captato dagli agli smartphone che utilizzano l’applicazione, e che si trovano nei paraggi. Se uno degli utenti dell’app scopre in un secondo momento di essere positivo al coronavirus, può dare il consenso alle autorità sanitarie per utilizzare questa informazione in un registro centralizzato online.

Periodicamente COVIDSafe si collega al registro e confronta l’elenco degli ID segnalati con quelli che ha raccolto, passando vicino ad altri smartphone che usano l’applicazione. Nel caso in cui trovi una corrispondenza, invia una notifica per avvisare l’utente che può poi contattare il personale sanitario.

L’ID per ogni utilizzatore dell’applicazione viene fornito al momento dell’iscrizione, sempre tramite l’app. Per potersi iscrivere è necessario inserire nome e cognome, l’età e il codice di avviamento postale della zona in cui si risiede. L’app chiede quindi un numero di cellulare per avere un riferimento univoco sull’utente, ed evitare che singole persone creino più ID complicando la gestione del sistema. Si riceve quindi un SMS con un PIN da inserire nella app per confermare la propria identità.

Una volta impostata, l’applicazione fa tutto da sola e non richiede interventi da parte degli utenti. L’interfaccia è semplice e comprende comunque alcune sezioni informative sull’andamento dell’epidemia, consigli su come ridurre il rischio dei contagi e uno strumento per segnalare l’esistenza di COVIDSafe ai propri contatti, invitandoli a scaricarla e a utilizzarla.

Chi accede ai dati
Il governo australiano ha confermato che sarà responsabile della gestione del registro online, dove confluiscono gli ID dei risultati positivi. Saranno però le autorità sanitarie dei singoli stati (l’Australia ha un assetto federale) ad avere accesso alle informazioni, mentre queste non saranno rese disponibili alle forze dell’ordine o ad altre agenzie federali. La polizia non potrà avere accesso nemmeno con un mandato e i tribunali non potranno obbligare il governo a fornire informazioni sui singoli utenti.

Localizzazione
L’applicazione raccoglie solamente gli ID anonimi emessi dagli smartphone nei paraggi, con l’orario in cui ha captato i dati. L’ID e l’orario sono due dati sufficienti per ricostruire un eventuale contatto con una persona poi risultata positiva. COVIDSafe non raccoglie quindi informazioni geografiche e non utilizza il GPS, offrendo secondo i suoi sviluppatori qualche garanzia in più per la privacy.

Problemi tecnici
Come altre app finora realizzate per il tracciamento dei contatti, anche COVIDSafe è lontana da essere perfetta. Il problema tecnico di base dipende dal fatto che per motivi di sicurezza i sistemi operativi pongono alcune limitazioni all’impiego del Bluetooth, che finora è esistito per scopi diversi. Il sistema operativo degli iPhone, iOS, mantiene per esempio un sistema per impedire al Bluetooth di funzionare in continuazione, condizione che potrebbe ridurre la sicurezza dello smartphone e la durata della sua batteria.

Le limitazioni imposte da Apple erano diventate evidenti nelle scorse settimane a Singapore, dove l’applicazione TraceTogether poteva funzionare sugli iPhone solo se sempre attiva e in primo piano (alcune app eseguono alcune attività in secondo piano, “background”, ma con funzioni molto limitate anche per il Bluetooth). Un aggiornamento di TraceTogether ha permesso di attenuare il problema: ora il tracciamento continua a funzionare anche se non si sta utilizzando l’app, a patto che questa sia stata l’ultima applicazione a essere stata aperta sull’iPhone prima di averne bloccato lo schermo, per esempio per metterselo in tasca.

Anche COVIDSafe soffre di queste limitazioni su iOS, ma le cose dovrebbero cambiare nelle prossime settimane non appena Apple e Google avranno terminato lo sviluppo di uno standard condiviso per l’impiego del Bluetooth per il tracciamento dei contatti. Entrambe le aziende aggiorneranno i loro sistemi operativi consentendo di sviluppare applicazioni con funzionalità comuni, e superando il problema delle attuali limitazioni.

Facoltativa
L’utilizzo di COVIDSafe in Australia è facoltativo, anche se ampiamente consigliato da parte del governo federale e dei singoli stati. Il governo si è comunque riservato di verificare quanto diventerà diffusa l’app e i primi risultati che offrirà, senza quindi escludere che in un secondo momento possa diventare obbligatoria.

Privacy
In generale, le soluzioni basate sul Bluetooth e non sul GPS sono considerate meno invasive dal punto di vista della privacy, perché anche se un utente malintenzionato entrasse in possesso degli ID raccolti da uno smartphone non avrebbe comunque dati a sufficienza per ricostruire gli spostamenti del suo proprietario. L’impiego in forma aggregata dei dati potrebbe comunque offrire qualche informazione sui singoli, ma potrebbe avvenire solo in seguito a un furto consistente di dati dal registro centralizzato online.

Il governo australiano si è inoltre impegnato a mantenere temporanea l’intera soluzione. A emergenza finita, COVIDSafe invierà una notifica chiedendo di essere disinstallata e i dati che ha raccolto saranno eliminati.

E in Italia?
COVIDSafe ha diverse cose in comune con Immuni, l’applicazione che il governo italiano ha scelto di fare sviluppare per introdurre il tracciamento sociale tramite app anche nel nostro paese. Il meccanismo degli ID dovrebbe essere simile, anche se nel caso di Immuni prevederà l’impiego di più ID che cambiano di frequente per ogni smartphone, in modo da tutelare meglio la privacy.

Fino a un paio di settimane fa, l’idea di Immuni era stata accolta e promossa molto dal governo, ma negli ultimi giorni le cose sembrano essersi complicate. L’app avrebbe dovuto essere al centro della cosiddetta “fase 2”, per tracciare meglio il contagio, ma nel discorso di domenica sera del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non sono state fornite informazioni chiare su Immuni né sul suo sviluppo. Si parla di un confronto nel governo e nelle varie “task force” sul coronavirus che sta rallentando lo sviluppo, con uno scontro soprattutto sul rendere o meno obbligatorio l’impiego dell’applicazione.

Funzionano?
A oggi non ci sono ancora dati sufficienti per sostenere con certezza che le app per il tracciamento sociale aiutino a ridurre la diffusione del contagio. Nella Corea del Sud sono state impiegate ampiamente, ma il paese ha comunque compreso il loro utilizzo in un piano molto più ampio e articolato che ha soprattutto previsto l’utilizzo di un’enorme quantità di test, per rilevare il prima possibile i positivi e isolarli dal resto della popolazione.

Le app per il tracciamento sociale possono funzionare, ma solo se utilizzate da un’ampia porzione della popolazione e solamente se inserite in un piano più ampio e organico per la gestione dell’epidemia, segnalano da tempo gli esperti e gli stessi sviluppatori delle applicazioni.