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  • Mercoledì 8 aprile 2020

Il caso virtuoso della Nuova Zelanda

Grazie all'intervento tempestivo del governo, dopo due settimane di restrizioni i contagi sono in calo e il tasso di letalità è tra i più bassi al mondo

La prima ministra neozelandese Jacinda Ardern (Photo by Mark Mitchell - Pool/Getty Images)
La prima ministra neozelandese Jacinda Ardern (Photo by Mark Mitchell - Pool/Getty Images)

La strategia adottata dalla Nuova Zelanda per contenere la diffusione dei contagi da coronavirus si sta rivelando fin qui una delle più efficaci al mondo. Dopo due settimane di rigide restrizioni in tutto il paese, il numero di nuovi infettati è in costante calo dopo aver raggiunto un picco di 98 persone il 2 aprile. In un articolo uscito ieri sul Washington Post, la giornalista neozelandese Anna Fifield ha spiegato l’efficacia dell’approccio della Nuova Zelanda definendo la sua una strategia “di eliminazione”, anziché “di contenimento” come quella degli Stati Uniti e di altri paesi europei.

La Nuova Zelanda, che ogni anno ospita 4 milioni di turisti (su una popolazione di 5 milioni di abitanti), aveva chiuso i suoi confini il 19 marzo, quando le condizioni in Italia erano già gravi e i casi stavano aumentando anche negli Stati Uniti. Due giorni dopo la prima ministra Ardern aveva annunciato un piano in quattro fasi per contenere la diffusione del virus, e nei giorni successivi aveva incontrato diversi esperti che avevano insistito per passare velocemente alla fase 4, quella con le restrizioni più severe, nonostante i contagi del paese fossero ancora pochi. Lunedì 23 marzo è stato annunciato alla popolazione che aveva due giorni di tempo per prepararsi a un mese di isolamento e mercoledì 25 marzo, quando i casi di persone contagiate da COVID-19 nel paese avevano superato i 100, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale.

Sono state introdotte quindi rigide restrizioni per la popolazione e sono stati chiusi uffici, scuole e servizi non essenziali come bar, ristoranti, caffetterie, palestre, cinema, piscine, musei, biblioteche e parchi gioco. In Nuova Zelanda le persone possono camminare e andare in bicicletta all’aperto solo nelle vicinanze di casa e rispettando le distanze di sicurezza. Finora 367 persone, soprattutto surfisti, sono state redarguite dalle forze dell’ordine; 45 persone sono state multate per non aver rispettato le restrizioni.

Finora in Nuova Zelanda ci sono stati in tutto 1.210 contagiati di cui 282 guariti: dei malati, 12 sono in ospedale, di cui 4 in terapia intensiva e 2 in gravi condizioni. Il tasso di letalità della Nuova Zelanda è uno dei più bassi al mondo: per il momento è morta una persona, una donna di 70 anni con problemi di salute pregressi. I nuovi casi di oggi sono 50, il numero più basso da due settimane nonostante il numero di tamponi effettuati sia stato il più alto: 4.098, per un totale di 46.875 dall’inizio dei contagi. Per avere un termine di paragone, ieri in Lombardia – che ha 10 milioni di abitanti e una larghissima diffusione del contagio – i tamponi analizzati dai laboratori sono stati 4.342. Martedì e lunedì i positivi in Nuova Zelanda erano stati rispettivamente 54 e 67.

Il ministero della Salute ha implementato misure di tracciamento delle persone venute a stretto contatto con persone poi risultate infette: le misure prevedono una telefonata iniziale per invitare a un rigido auto isolamento e per controllare lo stato di salute, e altre telefonate di controllo nei giorni successivi. Il ministero ha detto che traccia ogni giorno circa 700 persone. In questo modo è stato possibile verificare che la maggior parte dei casi di infettati da coronavirus in Nuova Zelanda era riconducibile a viaggi internazionali e individuare e circoscrivere i focolai nel paese. La trasmissione del virus all’interno della popolazione sembra per ora molto ridotta.

Da quando a fine febbraio i letti per la terapia intensiva nel paese erano 173 in totale, gli ospedali si sono attrezzati per riuscire ad allestirne fino a un massimo di 563 nel caso in cui il numero di malati gravi fosse cresciuto. Sulla base della disponibilità degli ospedali, l’università di Otago ha calcolato che il tetto massimo di casi nel paese è di 24mila.

Jacinda Ardern, prima ministra neozelandese da più di due anni, ha detto che è ottimista sul rallentamento della diffusione del virus, ma che non ha intenzione di allentare le restrizioni almeno fino al weekend di Pasqua, durante il quale tutti i cittadini sono invitati a rimanere a casa. Le chiese e i luoghi di culto rimarranno chiusi e Ardern ha invitato i cittadini a prendere parte alle funzioni religiose sui social network. Ardern ha anche rassicurato i bambini aggiungendo che quello della Fatina dei denti e del Coniglio pasquale è considerato “lavoro essenziale”, ma che vista la situazione particolare potrebbero non arrivare in tempo.

Oggi, dopo due settimane, lo stato di emergenza è stato prorogato per altri sette giorni e i cittadini hanno davanti ancora almeno due settimane di quarantena, ma il governo non si è ancora pronunciato sulla data ufficiale di fine della fase 4. Il partito di centrodestra all’opposizione ha dichiarato che non ostacolerà l’attività del governo e anzi che è a disposizione per agevolarla.

Michael Baker, docente di Salute pubblica all’Università di Otago e uno dei più autorevoli epidemiologi del paese, ha sostenuto l’approccio per “eliminazione” fin dall’inizio e ha definito il caso neozelandese «un trionfo di scienza e leadership». Baker ha aggiunto che la Nuova Zelanda non riaprirà i confini finché il virus non sarà stato debellato in tutto il mondo, e in questo modo le restrizioni per la popolazione potranno essere un po’ allentate. Il fatto che la Nuova Zelanda sia composta da due isole con pochi milioni di abitanti contribuisce a rendere l’isolamento nazionale particolarmente efficace.

L’unica cosa andata storta, fin qui, è il comportamento del ministro della Sanità David Clark, che ieri si è scusato pubblicamente e ha consegnato le sue dimissioni dopo essere stato visto in spiaggia con la famiglia a 20 chilometri da casa nel primo weekend dall’ingresso della Nuova Zelanda nella fase 4. La prima ministra ha dichiarato che in circostanze normali avrebbe accettato le dimissioni, perché ciò che ha fatto Clark non ha scuse, ma che Clark rimarrà ministro finché la Nuova Zelanda non sarà uscita dall’emergenza sanitaria. Ardern ha aggiunto che Clark sarà sollevato dal suo ruolo di sottosegretario del ministro delle Finanze e che la sua posizione all’interno del governo sarà retrocessa.