Perché le parole di Christine Lagarde sono diventate un problema

Una frase della presidente della BCE giovedì pomeriggio ha fatto crollare i mercati finanziari e arrabbiare Sergio Mattarella

(Thomas Lohnes/Getty Images)
(Thomas Lohnes/Getty Images)

Giovedì pomeriggio, durante la presentazione delle misure che la BCE intende intraprendere per fronteggiare la pandemia di coronavirus, la presidente della banca centrale Christine Lagarde ha commesso quella che è stata immediatamente definita una gravissima gaffe. Parlando dell’Italia e degli altri paesi che adottano l’euro come moneta, Lagarde ha dato l’impressione che la BCE non sia disposta a difendere la stabilità dei loro conti ad ogni costo, nonostante il momento straordinario che stanno attraversando, innescando una fuga dai titoli di Stato italiani che ha causato la peggiore perdita nella storia della borsa italiana.

Poco dopo la conferenza stampa Lagarde ha provato a correggere la sua affermazione nel corso di un’intervista televisiva, ma questo non le ha evitato moltissime critiche da parte di osservatori ed esperti, compresi moltissimi non italiani. In un gesto senza precedenti, persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pubblicato una nota in cui, senza mai nominarla, critica duramente la dichiarazione di Lagarde.

La frase incriminata è stata pronunciata giovedì intorno alle 15 ed è stata immediatamente notata e ampiamente ripresa da tutti coloro che seguono le attività della banca centrale. Mentre rispondeva alle domande dei giornalisti sul pacchetto di aiuti che aveva annunciato (e che, in quei minuti, aveva già discretamente deluso gli investitori), Lagarde ha detto: «Noi non siamo qui per accorciare gli spread. Non è questa la funzione né la missione della BCE. Ci sono altri strumenti e altri attori deputati a queste materie».

Come probabilmente sapete, gli “spread” sono la differenza tra quanto rendono di interesse i titoli di stato dei paesi più ricchi e stabili dell’eurozona, come la Germania, e quanto rendono quelli dei paesi economicamente più fragili, come l’Italia. Questa differenza di rendimento è una delle principali caratteristiche dell’eurozona e una delle ragioni della sua instabilità. In periodo di crisi, infatti, gli investitori si allontanano dai paesi che ritengono a rischio di bancarotta (come l’Italia) e spostano il loro denaro in paesi percepiti come sicuri come la Germania. In questo modo l’Italia è costretta a offrire interessi più alti per convincere gli investitori a comprare i propri titoli e gli squilibri tra le economie dell’eurozona si acuiscono invece che attenuarsi, con tutti i problemi che ne derivano e che abbiamo visto in questi anni.

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Per cercare se non di risolvere, ma almeno di attenuare questo problema, nel 2012 l’allora presidente della BCE Mario Draghi intervenne con il famoso discorso del “whatever it takes”. In quei mesi l’Europa era all’apice della crisi economica e il governo italiano, guidato da Mario Monti, non stava riuscendo a contenere lo spread, che era tornato ai livelli che avevano portato alla caduta del precedente governo Berlusconi. Draghi, in sostanza, disse che la banca centrale avrebbe fatto tutto quando le era consentito dal suo mandato per preservare l’euro. In quelle circostanze, preservare l’euro significava aiutare paesi come Italia e Spagna a ridurre i loro spread, per esempio acquistando i loro titoli di stato.

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Dopo le parole di Draghi, in realtà, non ci fu bisogno di intraprendere grossi programmi di acquisto. Agli investitori fu sufficiente la forte rassicurazione del presidente della BCE per smettere di scommettere contro il debito italiano, cioè investire il loro denaro sulla base della previsione che lo spread si sarebbe alzato, creando così una profezia che si autoavvera. Quando una banca centrale si impegna in questo modo per difendere un titolo, infatti, speculare contro quel titolo e scommettere sul suo ribasso è un suicidio: nessun investitore, per quanto forte, ha la capacità teoricamente infinita di stampare denaro che ha una banca centrale, e quindi la sua capacità di sostenere il prezzo di un titolo che intende proteggere a ogni costo (“whatever it takes”, appunto).

Quello che ha fatto ieri Lagarde, in un certo senso, è stato l’esatto opposto. Ha detto che la BCE non ha il compito di “accorciare” gli spread, il che, per gli investitori, è stato un segnale per scommettere liberamente contro l’Italia e gli altri paesi periferici. E infatti lo spread è aumentato in poche ore di più di 60 punti, dopo il discorso di Lagarde. Resasi conto dell’errore insieme al suo staff, Lagarde si è affrettata a organizzare un’intervista con la rete televisiva CNBC per correggere il tiro.

Nell’intervista Lagarde ha spiegato che gli spread troppo alti «danneggiano la trasmissione delle politiche monetarie» e che lei è fermamente intenzionata a bloccare qualsiasi forma di «frammentazione» dell’eurozona. In un altro gesto senza precedenti, la sua correzione televisiva è stata aggiunta ai documenti ufficiali della BCE che illustrano le comunicazioni avvenute ieri pomeriggio. Oggi lo spread è stabile e gli indici della borsa italiana sono in recupero, segno che le parole di Lagarde hanno spinto molti ad approfittare della situazione di ieri ma che, allo stesso tempo, non ci sono troppi dubbi sull’intenzione della BCE di tutelare l’eurozona andando in soccorso dei paesi che si dovessero trovare in crisi.