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  • Venerdì 28 febbraio 2020

Il bombardamento contro i soldati turchi in Siria, in ordine

Sono stati uccisi 33 militari, ma non è chiaro se dal regime siriano di Assad o dalla Russia, e potrebbero esserci conseguenze notevoli

Convoglio militare turco nella provincia di Idlib (AP Photo/Ghaith Alsayed)
Convoglio militare turco nella provincia di Idlib (AP Photo/Ghaith Alsayed)

Giovedì sera c’è stato un bombardamento contro diversi soldati turchi tra le città siriane di Bara e Balyoun, a sud di Idlib, capoluogo dell’unica provincia della Siria ancora sotto il controllo dei ribelli. Nell’attacco, il peggiore contro obiettivi turchi dall’inizio della guerra civile siriana, sono stati uccisi almeno 33 militari turchi, mentre i feriti sono 30.

Non è chiaro chi abbia compiuto il bombardamento: inizialmente era circolata la notizia che fossero stati i russi, che in Siria appoggiano il regime del presidente Bashar al Assad, ma poi stampa e funzionari turchi hanno accusato l’aviazione di Assad.

Situazione aggiornata del nordovest della Siria: le forze fedeli ad Assad sono indicate in rosso, i curdi siriani in giallo, i ribelli a Idlib (per lo più jihadisti) in verde scuro, Turchia e alleati siriani in azzurro, esercito siriano di Assad e Forze democratiche siriane (coalizione anti-ISIS di curdi e arabi) in arancione. L’attacco è avvenuto nella zona verde. (Syrian Civil War Map)

I soldati turchi sono in territorio siriano dal 2016, con la prima incursione militare decisa dal governo turco contro l’ISIS e i curdi nel nord della Siria. Dalla fine del 2017 la Turchia ha messo in piedi i cosiddetti “punti di osservazione” nella provincia di Idlib, con l’obiettivo di estendere l’influenza turca e di prevenire un’eventuale offensiva militare delle forze fedeli ad Assad contro i ribelli, alleati del governo turco. Negli ultimi mesi il governo turco ha provato a far funzionare una tregua negoziata con la Russia, senza però ottenere grandi risultati.

L’attacco non è arrivato inaspettato: era da settimane che i rapporti a Idlib erano diventati sempre più tesi, in particolare tra Turchia e Russia. Carlotta Gall, giornalista del New York Times esperta di Medio Oriente, ha scritto che la Turchia potrebbe avere scelto di non incolpare direttamente la Russia per evitare uno scontro militare contro i russi in Siria e per mantenere aperte le linee di comunicazione con il presidente russo Vladimir Putin. Nelle ultime settimane, ha scritto Gall, a condurre la maggior parte degli attacchi aerei nella zona colpita giovedì sera erano stati proprio i russi.

Dopo il bombardamento, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha convocato una riunione di emergenza con diversi membri del suo governo e consiglieri per la sicurezza nazionale. Alla riunione è seguita una ritorsione militare turca contro le forze siriane di Assad nella parte nordorientale della provincia di Idlib.

Il governo turco ha anche chiesto una riunione straordinaria alla NATO, organizzazione di cui la Turchia fa parte, sulla base dell’articolo 4 del Trattato dell’Alleanza Atlantica, che prevede che qualsiasi stato membro possa richiedere consultazioni speciali se ritiene che la sua integrità territoriale, indipendenza politica o sicurezza siano minacciate.

La Turchia potrebbe tornare a chiedere alla NATO un aiuto in Siria, in particolare l’imposizione di una “no-fly zone” (una zona d’interdizione al volo) sulla provincia di Idlib. Finora il governo statunitense e gli altri paesi membri della NATO si sono rifiutati di farsi coinvolgere nelle vicende militari del nordovest della Siria, anche per le preoccupazioni di iniziare uno scontro militare con la Russia. È molto improbabile che la posizione della NATO cambi.

La Turchia, comunque, sta provando a fare pressione in tutti i modi soprattutto sui suoi alleati europei.

Giovedì, poco dopo la diffusione della notizia del bombardamento a Idlib, il governo turco ha comunicato la sua intenzione di aprire i suoi confini ai profughi siriani che vorrebbero raggiungere l’Europa, ma che sono bloccati o nel nord della Siria (al confine con la Turchia) o in territorio turco. Finora la Turchia ha tenuto chiuso i suoi confini con l’Europa dietro il pagamento di ingenti somme di denaro da parte dell’Unione Europea, desiderosa di frenare l’arrivo nel continente di centinaia di migliaia di migranti costretti a scappare dalla Siria a causa della guerra. Non è chiaro se la Turchia abbia già smesso di bloccare i migranti in alcuni passaggi di confine, ma l’impressione è che per il momento l’eventuale apertura delle frontiere sia rimasta sul piano delle minacce.

La situazione a Idlib è molto tesa e non è da escludere che inizi un conflitto militare di qualche tipo tra Turchia e Russia. La provincia di Idlib è abitata da oltre tre milioni di persone, di cui più della metà già sfollata da altre zone della Siria. In caso di inizio di nuove e intense violenze, molti altri siriani potrebbero essere costretti a lasciare le loro case e provare a scappare in Turchia, a nord, dando inizio a un’altra gravissima crisi umanitaria.