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  • Mercoledì 26 febbraio 2020

In Italia il coronavirus risulta essere in undici regioni

Anche se la stragrande maggioranza dei 404 casi è concentrata in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna: tre persone sono guarite

Allestimento di una struttura di pre-triage allo Spallanzani di Roma (ANSA/ANGELO CARCONI)
Allestimento di una struttura di pre-triage allo Spallanzani di Roma (ANSA/ANGELO CARCONI)

Secondo gli ultimi dati ufficiali di mercoledì 26 febbraio, in Italia ci sono stati finora 404 casi di contagio confermati da coronavirus (SARS-CoV-2) in nove regioni italiane, anche se la stragrande maggioranza è in Lombardia (258), Veneto (71) ed Emilia-Romagna (47). Altre positività al virus sono state confermate in Liguria (16), in Piemonte (1), nel Lazio (3), in Sicilia (3), in Toscana (2), in Trentino-Alto Adige (1), nelle Marche (1) e in Puglia (1).

Le morti confermate legate al coronavirus sono invece 12: 9 in Lombardia, 2 in Veneto e una in Emilia-Rogmana (di una persona che però proveniva da Lodi, Lombardia). Nella maggior parte dei casi, avevano condizioni di salute precarie e altre malattie. La Protezione Civile ha parlato anche di tre persone guarite: meno del 4 per cento dei tamponi ha dato risultato positivo.

Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, ha parlato del contagio di una bambina di 4 anni di Castiglione d’Adda, comune che si trova nella cosiddetta “zona rossa”, cioè dove non si può né entrare né uscire per precauzione. L’assessore al Welfare, Giulio Gallera, ha aggiunto che sarebbero quattro in tutto i minorenni risultati positivi al coronavirus nella regione: oltre alla bambina di Castiglione, anche due bambini di 10 anni e un adolescente di 15. Alla conferenza stampa delle 18 la Protezione Civile non ha però confermato i casi di contagio di minori.

Martedì, inoltre, sono stati confermati nuovi casi di coronavirus tra italiani all’estero, o stranieri che di recente avevano visitato il Nord Italia.

Al momento non sono stati individuati altri focolai del virus, che rimangono due: quello del lodigiano, dove si trova anche Codogno, la città in cui è stato confermato il primo caso in Italia, e quello di Vo’ Euganeo, in provincia di Padova. La Protezione Civile ha detto che le persone risultate positive in Liguria facevano parte dello stesso gruppo di turisti: per questa ragione non si sospetta per il momento un nuovo focolaio.

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Oggi il Corriere ha provato a ricostruire proprio quello che è successo all’ospedale di Codogno tra il 18 e il 19 febbraio, quando il cosiddetto «paziente 1», il 38enne con la polmonite e che ora è ricoverato in terapia intensiva, si era presentato in pronto soccorso due volte, a distanza di parecchie ore.

Secondo la ricostruzione del Corriere, la conferma della positività al coronavirus era arrivata solo la sera del 20 febbraio, dopo che il paziente era entrato in contatto con molte persone, tra cui operatori sanitari. Anche nelle ore successive, comunque, c’era stata molta confusione, dovuta per lo più all’eccezionalità dell’evento: l’ospedale di Codogno era poi stato chiuso del tutto la mattina del 21 febbraio.

Gianni Rezza, capo del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, ha spiegato martedì in conferenza stampa che ormai è accertato che il coronavirus circolasse in Italia già diversi giorni prima che venisse fuori il cosiddetto «paziente 1».

Walter Ricciardi, consulente nominato dal governo sul coronavirus e membro esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, ha aggiunto che si dovrebbe «ridimensionare questo grande allarme, che è giusto, da non sottovalutare, ma la malattia va posta nei giusti termini. Su 100 persone malate, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambiente sanitario».

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Intanto martedì sono stati presi provvedimenti per limitare la diffusione del coronavirus anche in due regioni che al momento hanno confermato pochissimi casi: Sicilia e Marche.

Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, d’accordo con il sindaco della città metropolitana di Palermo, Leoluca Orlando, e con l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla, ha ordinato la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado del territorio metropolitano di Palermo da oggi, mercoledì, fino a lunedì prossimo. In Sicilia finora sono stati confermati solo tre casi di coronavirus: tre turisti di Bergamo che facevano parte dello stesso gruppo in vacanza.

La chiusura delle scuole è stata decisa anche dal presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, che con un’ordinanza ha introdotto altre misure straordinarie, come la chiusura di musei e biblioteche, la sospensione di manifestazioni pubbliche di qualunque natura e quella dei concorsi pubblici. Nelle Marche fino a questa mattina non era stato confermato alcun caso di coronavirus: un primo tampone è poi risultato positivo.

Le misure adottate nelle Marche, che saranno in vigore fino al 4 marzo, sono state molto criticate dal governo, che martedì mattina aveva raggiunto un accordo con le Regioni per uniformare le azioni di contrasto alla diffusione del coronavirus in tutti i territori non direttamente interessati dai focolai. Il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, ha detto che il governo potrebbe impugnare l’ordinanza, perché contraria proprio agli accordi presi in precedenza.

Intanto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha annunciato che il governo sta lavorando a due decreti che saranno emanati per far fronte alle conseguenze economiche che sta provocando il coronavirus: uno riguarderà la “zona rossa” e probabilmente sarà approvato venerdì; l’altro sarà diretto a tutta l’economia nazionale, dalle imprese al turismo, e dovrebbe essere approvato entro una decina di giorni.

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