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  • Lunedì 11 novembre 2019

Chi ha vinto e chi ha perso in Spagna

Sei cose sulle elezioni di domenica, tra cui la vittoria a metà dei Socialisti, la notevole ascesa di Vox e gli scenari possibili per formare un nuovo governo

di Elena Zacchetti

Santiago Abascal, leader di Vox, a Madrid (AP Photo/Andrea Comas)
Santiago Abascal, leader di Vox, a Madrid (AP Photo/Andrea Comas)

Domenica si è votato in Spagna per eleggere un nuovo parlamento, per la seconda volta in meno di un anno e le quarta negli ultimi quattro anni. Come era già successo con il voto di aprile, le elezioni non hanno fatto emergere alcuna maggioranza chiara, né a destra né a sinistra, anche se hanno confermato il primo posto del Partito Socialista (PSOE), il principale partito di sinistra spagnolo. Ci sono però diverse altre cose da dire, a partire dal trionfo di Vox, partito di destra radicale anti-immigrazione e anti-femminista che ha più che raddoppiato i suoi seggi, diventando la terza forza politica della Spagna.

1. Il PSOE ha vinto, ma a metà
Come era già successo alle ultime elezioni, quelle tenute ad aprile, anche questa volta il partito più votato è stato il PSOE guidato dal primo ministro uscente Pedro Sánchez, che ha ottenuto il 28,3 per cento dei voti. Nonostante la vittoria di sette punti percentuali sul secondo, il Partito Popolare (PP), per il PSOE quella di domenica si può considerare una vittoria a metà. Il partito di Sánchez ha infatti perso tre seggi rispetto al voto di aprile, passando da 123 a 120 e perdendo la posizione di primo partito in alcune province spagnole, soprattutto nel nordovest, tradizionalmente più conservatore: non era mai successo in Spagna che il partito vincitore delle elezioni ottenesse meno di 123 seggi.

Confronto tra le elezioni di aprile e quelle di domenica, con indicato il primo partito per ciascuna provincia (grafiche del País)

Il PSOE non è riuscito a raggiungere l’obiettivo che si era dato alla convocazione delle elezioni anticipate: rafforzare la propria presenza in parlamento per dipendere meno da altre forze politiche, che per un motivo o per l’altro avevano reso complicata la formazione di un nuovo governo.

2. Vox è diventato il terzo partito 
Il vero vincitore delle elezioni di domenica è stato senza dubbio Vox, che era entrato per la prima volta nel parlamento nazionale ad aprile, dopo anni di quasi totale irrilevanza politica. Vox ha beneficiato soprattutto della crisi in Catalogna, mostrandosi come il partito più intransigente nei confronti degli indipendentisti catalani, mal sopportati in molte zone della Spagna.

Vox ha preso il 15,2 per cento dei voti, pari a 52 seggi, più del doppio di quelli ottenuti sette mesi fa (24), ed è diventato la terza forza politica in Spagna dietro solo ai due grandi partiti tradizionali del paese, il PSOE e il PP. Vox è stato il primo partito nella comunità autonoma di Murcia, nel sud della Spagna, dove ha ottenuto circa 10mila voti in più rispetto al PP, e in quella di Ceuta, una delle due exclavi spagnole in Marocco (l’altra è Melilla). Si è inoltre imposto come primo partito in diversi municipi della comunità autonoma di Madrid, soprattutto a sud della capitale.

Il primo partito per ciascun municipio attorno a Madrid, tratto da una grafica del País; il blu è il PP, il rosso il PSOE e il verde Vox (qui la grafica originale del País, con i voti municipio per municipio)

Avendo superato i 50 deputati, Vox potrà inoltre presentare ricorsi di incostituzionalità contro le leggi approvate dal parlamento, una cosa che il leader del partito, Santiago Abascal, avrebbe già voluto fare in passato, per esempio contro la Legge sulla memoria storica (che vieta tra le altre cose simboli legati al periodo franchista) e la legge sulla Violenza di genere.

3. La sconfitta a metà dell'”altra sinistra”: Unidas Podemos e Más País 
Se il PSOE è riuscito a non perdere troppo rispetto ad aprile, lo stesso non si può dire di Unidas Podemos, coalizione di sinistra la cui forza principale è Podemos, partito guidato da Pablo Iglesias. Unidas Podemos ha preso il 10,7 per cento dei voti, pari a 28 seggi, 7 in meno rispetto a quelli ottenuti ad aprile. Per Iglesias comunque è stata una sconfitta a metà, perché la coalizione è riuscita a mantenersi quarta forza nel Congresso e a risultare di nuovo imprescindibile per la formazione di un governo di sinistra.

Molto peggio è andata a Íñigo Errejón, ex cofondatore di Podemos e ora a capo di Más País, che si era presentato come alternativa a Sánchez e Iglesias, sperando di sfruttare il malcontento che si era diffuso a sinistra a causa del fallimento degli ultimi negoziati per formare un governo. Más País ha preso solo l’1,7 per cento dei voti, pari a 2 seggi, non raggiungendo nessuno dei due obiettivi che si era dato prima delle elezioni: formare un gruppo parlamentare proprio e risultare decisivo per la formazione di un ipotetico governo di sinistra.

4. Il PP si è preso il resto della destra
Il PP, che alle ultime elezioni aveva ottenuto il peggior risultato della sua storia, è riuscito a recuperare qualcosa, confermandosi secondo partito a livello nazionale: ha preso il 21 per cento dei voti, pari a 88 seggi, 22 in più di quelli ottenuti ad aprile. Visto come si erano messe le cose nell’ultimo anno, per il Partito Popolare è comunque un risultato sufficiente, anche se molto lontano dai tempi dei governi dell’ex primo ministro spagnolo Mariano Rajoy.

Differenza tra la percentuale di voti ottenuti dal PP (a sinistra) e da Ciudadanos (a destra) in ciascuna provincia spagnola rispetto alle elezioni del 28 aprile 2019: come si vede dalle grafiche, il PP ha guadagnato voti in quasi tutta la Spagna, mentre Ciudadanos ha perso ovunque (grafiche del Diario)

Il PP ha recuperato un po’ di voti della destra moderata, soprattutto come reazione all’ascesa di Vox, cosa che invece non è riuscita a Ciudadanos, altro partito di centrodestra che fino a poco tempo fa competeva con il PP per diventare la prima forza politica conservatrice a livello nazionale. Ciudadanos è uscito dalle elezioni con le ossa rotte: ha preso il 6,8 per cento dei voti, pari a 10 seggi, 47 in meno rispetto ad aprile (sì, 47). È difficile spiegare le ragioni di un tale crollo, ma è possibile che l’ascesa di Vox abbia molto a che fare con la sconfitta di Ciudadanos, che per diverso tempo era considerato da molti come il partito più ostile all’indipendentismo catalano, cosa che gli aveva fatto guadagnare parecchi consensi.

Dopo la diffusione dei risultati, Rivera ha convocato un congresso straordinario per il suo partito e poi ha annunciato le sue dimissioni.

5. Mai così tanti deputati indipendentisti catalani nel Congresso
Un altro dato significativo di queste ultime elezioni è stato il risultato in Catalogna, dove i partiti indipendentisti hanno ottenuto il 43 per cento dei voti, pari a 23 seggi nel parlamento nazionale, un risultato mai raggiunto prima. Il primo partito è stato ERC (Esquerra Republicana, indipendentisti di sinistra) con 13 seggi; poi a seguire la sezione catalana del PSOE (12 seggi), Junts per Catalunya (indipendentisti di centrodestra, 8 seggi), En Comú Podem (sinistra, 7 seggi), e diversi partiti con due seggi, tra cui la CUP (indipendentisti di sinistra radicale).

Risultati elettorali in Catalogna: il giallo indica i comuni in cui ha vinto un partito indipendentista, il blu dove ha vinto un partito anti-indipendentista (La Vanguardia)

Ci sono alcune cose da dire sul risultato in Catalogna. Primo: è sempre più difficile parlare di “blocco indipendentista”, viste le profonde divisioni emerse negli ultimi mesi tra i partiti che vogliono la secessione dalla Spagna. Secondo: l’indipendentismo catalano ha aumentato i propri consensi dalle elezioni di aprile, dove aveva preso il 39,4 per cento, ma è ancora lontano dalla maggioranza del 50 per cento a cui punta ormai da molti anni. Terzo: la CUP ha ottenuto un risultato storico, perché per la prima volta ha ottenuto due seggi nel parlamento nazionale. Quarto: nonostante si sia confermata prima forza in Catalogna, ERC ha perso qualcosa rispetto ad aprile, pagando probabilmente la sua apertura a un eventuale accordo con il PSOE di Pedro Sánchez.

In generale, il buon risultato dell’indipendentismo catalano, e il non soddisfacente risultato della sinistra nazionale, potrebbe complicare molto i piani di governo di Sánchez.

6. Come si fa ora il governo? 
Così come era successo ad aprile, il risultato delle elezioni di domenica non ha fatto emergere alcuna maggioranza chiara e le strade possibili per formare un nuovo governo sono molto limitate. Per ottenere la fiducia, il leader politico incaricato dal Re può provare due strade: o assicurarsi i 176 seggi necessari per ottenere la maggioranza assoluta richiesta nella prima votazione, oppure assicurarsi più favorevoli che contrari nella seconda votazione (quindi maggioranza semplice). Come è facilmente intuibile, la prima opzione è la più complicata, la seconda la più percorribile, perché prevede anche la possibilità di contare sull’astensione di forze politiche diverse.

L’incarico di formare il nuovo governo verrà dato a Pedro Sánchez, leader del partito più votato e, numeri alla mano, unico politico con qualche possibilità di raccogliere i consensi necessari a ottenere la fiducia.

Secondo il País, le due opzioni più fattibili, ma anche molto complesse, sarebbero due: o un governo del PSOE appoggiato da Ciudadanos e con l’astensione del PP; oppure un accordo tra PSOE, Unidas Podemos, i baschi del PNV, altri piccoli partiti e l’astensione di ERC, gli indipendentisti catalani di sinistra, gli stessi che provocarono la caduta dell’ultimo governo Sánchez. Per il PSOE i negoziati non saranno facili, anche per i rapporti molto precari che Sánchez ha instaurato negli ultimi mesi sia con Iglesias di Unidas Podemos, con cui si è accusato reciprocamente di avere fatto saltare i colloqui dopo le elezioni di aprile, sia con gli indipendentisti catalani, che lo hanno criticato per avere adottato posizioni sempre più dure nei loro confronti.

Per il blocco delle destre sembra invece impossibile qualsiasi soluzione di governo. Il PP, il secondo partito più votato, potrebbe provare a ottenere l’appoggio di Ciudadanos e Vox (alleanza non scontata) e comunque non basterebbe: dovrebbe assicurarsi l’astensione di una forza di sinistra, il PSOE o Unidas Podemos, scenario considerato ad oggi irrealizzabile.