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  • Mercoledì 6 novembre 2019

La Russia sta facendo sul serio in Libia

Da un mese e mezzo sta appoggiando il generale Khalifa Haftar con più risorse militari, mercenari e droni, per contare sempre di più

Un miliziano del governo di Serraj (Amru Salahuddien/picture-alliance/dpa/AP Images)
Un miliziano del governo di Serraj (Amru Salahuddien/picture-alliance/dpa/AP Images)

Da circa un mese e mezzo l’impegno della Russia in Libia è aumentato in maniera significativa. Il governo russo è coinvolto nel conflitto libico da circa quattro anni, durante i quali ha sempre appoggiato il maresciallo Khalifa Haftar, che controlla un gran pezzo di Libia (in particolare la Cirenaica, nell’est) e che si oppone al governo del primo ministro Fayez al Serraj, l’unico riconosciuto dall’ONU come legittimo. Nelle ultime settimane, però, nei combattimenti in corso tra le milizie legate ai due governi a sud della capitale Tripoli, sono comparsi circa 200 mercenari russi e sono state compiute dalla Russia molte operazioni usando cecchini, artiglieria di precisione e caccia Sukhoi.

Il maggiore coinvolgimento della Russia in Libia, ha scritto il giornalista David Kirkpatrick sul New York Times, è parte di una ampia campagna avviata dal regime russo per imporre la propria influenza in Medio Oriente e in Africa, cercando di sfruttare tutte le occasioni disponibili, in maniera simile a quanto fatto negli ultimi anni in Siria.

Secondo tre funzionari libici e cinque diplomatici occidentali sentiti dal New York Times e rimasti anonimi per ragioni di sicurezza, i cecchini russi impegnati nel conflitto libico sarebbero membri del Gruppo Wagner, una società privata legata al governo russo che negli ultimi anni si è occupata di guidare l’intervento militare russo in Siria (ma ci sono sospetti che sia stata attiva anche in altri paesi, tra cui Venezuela e Repubblica Centrafricana).

La presenza dei mercenari sarebbe confermata anche da un tipo particolare di ferita riportata sui corpi dei miliziani che stanno combattendo a sud di Tripoli: piccoli fori di entrata di proiettile sulla testa o il torso, che uccidono immediatamente e che non hanno corrispondenti fori di uscita: secondo i miliziani libici, e secondo alcuni funzionari europei, la mancanza di fori d’uscita sarebbe una specie di “firma” delle munizioni usate dai mercenari russi.

La situazione attuale in Libia: il territorio controllato da Haftar è in rosso, quello controllato dal governo di Serraj è in blu, mentre il verde sono varie tribù del sud (Liveuamap)

Finora i paesi stranieri più coinvolti nel conflitto libico erano stati la Turchia (dalla parte di Serraj), gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto (dalla parte di Haftar), che avevano trasformato la guerra in un conflitto dominato da droni armati. L’ONU ha stimato che negli ultimi sei mesi le due parti abbiano condotto più di 900 missioni coi droni, un numero molto alto se si considera che sul terreno il numero di miliziani impegnati negli scontri è inferiore a 400.

La Russia sembra avere deciso di aumentare il proprio impegno in Libia a settembre, in un momento in cui l’offensiva dei miliziani di Haftar contro Tripoli era entrata in una fase di stallo. L’offensiva era iniziata lo scorso aprile in maniera inaspettata ed era stata condannata da molti paesi europei, tra cui l’Italia, che stavano cercando di avviare un processo di pace. Haftar, forte anche dell’appoggio di diversi stati, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Francia e la Russia, aveva attaccato la capitale da sud, sperando di ottenere rapidamente il controllo della città e di tutta la Libia. L’operazione si era però dimostrata più complicata del previsto, soprattutto per il rifiuto di molte milizie armate di passare dalla parte di Haftar, nonostante il generale malcontento verso il governo di Serraj.

In Libia si sta combattendo una guerra civile quasi senza interruzioni dal 2011, cioè dall’uccisione dell’allora presidente Muammar Gheddafi e a seguito di un intervento militare straniero guidato da Francia e Stati Uniti. Il paese viene considerato molto importante per la sicurezza dell’Europa, sia per la presenza di cellule dell’ISIS, non ancora del tutto sconfitte nonostante gli sforzi degli ultimi anni, sia per l’esistenza di estesissime reti di trafficanti di esseri umani che gestiscono i centri di detenzione per migranti in Libia e che organizzano le pericolose traversate del Mediterraneo.

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