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  • Giovedì 17 ottobre 2019

Turchia e Stati Uniti si sono accordati per una tregua in Siria

Ma i curdi siriani ne hanno accettato solo un pezzo e si sono rifiutati di lasciare le zone di confine

Il vicepresidente statunitense Mike Pence e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (AP Photo/Jacquelyn Martin)
Il vicepresidente statunitense Mike Pence e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (AP Photo/Jacquelyn Martin)

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha accettato la proposta degli Stati Uniti di fermare temporaneamente le operazioni militari nel nordest della Siria, per dare il tempo ai combattenti curdi di lasciare le aree di confine con la Turchia. L’annuncio è stato fatto dopo ore di colloqui tra rappresentanti turchi e due importanti funzionari dell’amministrazione statunitense di Donald Trump, ha scritto il New York Times, lo stesso giorno in cui Erdoğan aveva incontrato il vicepresidente americano Mike Pence ad Ankara. La tregua, ha detto Pence, durerà cinque giorni. In cambio gli Stati Uniti non imporranno nuove sanzioni alla Turchia, come avevano minacciato di fare nei giorni scorsi, e rimuoveranno le sanzioni economiche che erano già state approvate la scorsa settimana.

Secondo i piani turchi, i combattenti curdi, membri delle YPG (Unità di protezione popolare), dovrebbero lasciare nel giro di 120 ore la cosiddetta “safe zone”, la “zona di sicurezza”, che secondo il governo turco percorre tutto il confine tra Turchia e Siria a est del fiume Eufrate e si estende per circa 30 chilometri a sud della frontiera. La fine della tregua accettata dalla Turchia coincide con l’incontro tra Erdoğan e il presidente russo Vladimir Putin a Sochi, in Russia, fissato proprio per discutere della situazione in Siria.

Il comandante delle Forze Democratiche Siriane (SDF), la coalizione di arabi e curdi che ha combattuto la guerra contro l’ISIS insieme agli Stati Uniti, ha detto di avere accettato la proposta turca, ma limitatamente all’interruzione dei combattimenti nella regione compresa tra Ras al Ain e Tal Abyad, dove la Turchia aveva finora concentrato i propri sforzi militari. Non ha menzionato nulla riguardo agli altri punti dell’accordo tra Turchia e Stati Uniti, come il ritiro delle forze curde dalla “safe zone”, il disarmo dei miliziani curdi e lo smantellamento delle postazioni militari.

La tregua negoziata da Stati Uniti e Russia è stata vista da molti analisti come l’imposizione di una resa ai curdi: in altre parole, il governo di Donald Trump avrebbe negoziato un accordo che di fatto permetterebbe alla Turchia di raggiungere l’obiettivo della sua operazione militare – cacciare i curdi dalla “safe zone” – senza sparare altri colpi. Inoltre non è chiaro a nome di chi abbiano negoziato gli Stati Uniti, visto che la loro alleanza con i curdi siriani è terminata la scorsa settimana dopo l’annuncio del ritiro dei soldati americani dal nordest della Siria. Quella decisione di Trump era stata definita un “tradimento” verso i curdi, perché aveva dato il “via libera” alla Turchia per l’operazione militare contro di loro, che per anni avevano combattuto insieme agli americani contro l’ISIS.

Matt Bradley, giornalista di NBC News esperto di Medio Oriente, ha scritto: «Questa non sembra per niente una tregua. Sembra che gli Stati Uniti stiano imponendo una resa ai curdi e stiano dando a Erdoğan e alla Turchia esattamente quello che volevano quando hanno invaso la Siria». In un tweet successivo, Bradley ha aggiunto che la tregua negoziata dagli Stati Uniti «è il secondo grande tradimento verso i curdi in Siria».

Un altro problema dell’accordo riguarda il fatto che in alcune aree della “safe zone” individuata dalla Turchia era già entrato nei giorni scorsi l’esercito siriano del regime di Bashar al Assad, come stabiliva l’accordo che i curdi siriani avevano trovato con Assad dopo il tradimento di Trump. Non è chiaro se Stati Uniti e Turchia si siano consultati anche con la Russia, alleata di Assad, sulla possibilità della tregua, come non è chiaro chi controllerebbe i territori di confine se i curdi decidessero di lasciarli e spostarsi in altre zone della Siria.