Sigourney Weaver non è solo Ellen Ripley

Compie oggi settant'anni: nonostante il suo ruolo in "Alien" sia ricordato più di ogni altro, ha fatto vedere che non è solo quella cosa lì

(Gareth Cattermole/Getty Images for BFI)
(Gareth Cattermole/Getty Images for BFI)

Come per la maggior parte degli attori e delle attrici, anche per Sigourney Weaver si possono scegliere un film e un decennio: il film è Alien e il decennio è quello degli anni Ottanta. Il personaggio di Ellen Ripley, da lei interpretato anche in tre sequel di Alien, è stato potente e a suo modo rivoluzionario. Fu difficile liberarsene ma Weaver ci riuscì, mostrando di saper far ridere e piangere anche fuori dalla fantascienza. Non ha mai rinnegato il suo ruolo in Alien, ma dopo provò a fare molto altro: in film piccoli e d’autore e in altri grandissimi come Avatar. E non vuole smettere: oggi compie 70 anni e nei prossimi ha già in programma di recitare in un nuovo Ghostbusters e in almeno un altro Avatar.

Sigourney Weaver nacque a Manhattan, New York, nel 1949, figlia di un’ex attrice e di un produttore televisivo, per un paio di anni presidente dell’emittente televisiva NBC. Il suo vero nome è Susan Alexandra ma già a 15 anni, ancora prima di mettersi a recitare, scelse di chiamarsi Sigourney, come un personaggio del Grande Gatsby.

La sua prima prova di recitazione arrivò al liceo, in Un sogno di mezza estate: evidentemente le piacque, visto che dopo aver finito il diploma – e dopo aver passato qualche mese in un kibbutz di Israele – studiò letteratura all’università di Stanford e poi recitazione all’università di Yale. Seguirono anni di gavetta a Broadway e nel 1977 arrivò il suo primo ruolo nel cinema: interpretò la nuova fidanzata di Woody Allen alla fine di Io e Annie, in una scena di pochi secondi, inquadrata da lontano, fuori da un cinema.

Un paio di anni dopo, con in mezzo solo una particina in Madman, arrivò il ruolo della vita: in Alien, un film che poco più di quarant’anni fa cambiò la fantascienza e l’horror. Tra i suoi tanti meriti, infatti, il film di Ridley Scott scelse una donna come protagonista di una storia di fantascienza. Weaver, ancora praticamente sconosciuta, avrebbe dovuto interpretare il ruolo da non protagonista della navigatrice Lambert; la ben più famosa Veronica Cartwright avrebbe dovuto essere la protagonista, la tenente Ellen Ripley. Un po’ per spiazzare gli spettatori e un po’ perché colpito dal talento di Weaver, Scott decise di invertire i ruoli. Andò benissimo.

Alien fu la svolta della carriera di Weaver, che fino a quel momento aveva faticato molto a farsi strada: tra le altre cose anche perché era alta più di un metro e ottanta, e molti addetti ai lavori la ritenevano quindi inadatta a certi ruoli. Negli anni successivi recitò in Un anno vissuto pericolosamente di Peter Weir, in L’affare del secolo di William Friedkin e, per cambiare del tutto genere, in Ghostbusters. Sempre negli anni Ottanta recitò in Alta, bella e pericolosa, Mistery, Gorilla nella nebbia (dove interpretò la zoologa Diane Fossey) e Una donna in carriera, oltre che nel seguito di Alien diretto da James Cameron e in quello di Ghostbusters. «In genere», ha detto Weaver, «a Hollywood vogliono che tu faccia esattamente quello che hai appena fatto»; lei fu brava a fare anche tutt’altro.

Negli anni Novanta tornò a recitare in Alien³, diretto da David Fincher, e in Alien – La clonazione, diretto da Jean-Pierre Jeunet, e fece uno dei suoi ruoli più apprezzati dalla critica in La morte e la fanciulla, un ruolo difficile in un altrettanto difficile film di Roman Polanski.

Gabriele Niola ha scritto su Wired: «Ci sono attrici che emergono interpretando le figlie o le fidanzate e poi invecchiano interpretando le mamme e le nonne. Sigourney Weaver è emersa uccidendo alieni, posseduta da dèi, ed è invecchiata interpretando villain, mentori, grandi vecchi di pericolose organizzazioni o dottori geniali».

Già dopo gli anni Ottanta Weaver iniziò a scegliere sempre più spesso film più piccoli o ruoli da non protagonista: per esempio in The Village di M. Night Shyamalan o in WALL•E, dove dà voce a un computer

Tutto questo lo fece recitando però anche in Avatar, per anni il film con i più alti incassi nella storia del cinema. Nel film Weaver è l’esobiologa Grace Augustine, che vorrebbe avere un rapporto pacifico con i Na’vi. Se state pensando alla fine che fa in Avatar e al fatto che Weaver reciterà in almeno un altro film della serie (e forse addirittura in altri tre) è perché, come ha detto il regista James Cameron, «nessuno muore mai nella fantascienza».