Nel 2020 non ci sarà molto da spendere

Il governo ha deciso i suoi primi piani sul bilancio, ma oltre al blocco dell'aumento dell'IVA rimane solo qualche miliardo

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Negli scorsi anni il governo di Matteo Renzi introdusse i famosi “80 euro“, il governo di Paolo Gentiloni il “reddito di inclusione“, Luigi Di Maio fece approvare dal primo governo Conte il cosiddetto “reddito di cittadinanza” mentre il leader della Lega Matteo Salvini ottenne la famosa “quota 100“: interventi costosi, diventati un’importante bandiera politica per i governi che li fecero approvare. Oggi però i soldi per approvare misure del genere non ci sono: il secondo governo Conte dovrà accontentarsi di una serie di piccoli interventi che con ogni probabilità faranno poco per renderlo più popolare.

È questo il quadro che emerge della Nota di aggiornamento al DEF (Nadef), il documento programmatico approvato ieri e presentato in una conferenza stampa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. La Nadef serve a illustrare a grandi linee quali saranno gli interventi economici che il governo intende intraprendere nel prossimo futuro. Anche se nei prossimi mesi sarà approvata la legge di bilancio, che conterrà i dettagli di ogni singola spesa, la Nadef mostra già che gli interventi più importanti saranno il blocco dell’aumento automatico dell’IVA previsto dal precedente governo e un modesto taglio del cosiddetto “cuneo fiscale”, cioè la differenza tra le retribuzioni lorde e quelle nette.

A grandi linee, il programma definito dalla nuova Nadef non si discosta dalle cifre del primo governo Conte e dei governi precedenti guidati dal Partito Democratico. Il deficit (cioè il denaro speso in eccesso rispetto a quello effettivamente entrato) è fissato al 2,2 per cento del PIL, anche se è destinato probabilmente a salire leggermente (un anno fa era stato fissato al 2 per cento, ma è poi salito al 2,2). Il deficit strutturale, cioè corretto per il ciclo economico, è in peggioramento di 0,2 punti percentuali a -1,4 per cento, mentre il debito pubblico in teoria calerà leggermente dal 135,7 al 135,2 per cento del PIL.

Insomma, nonostante le apparenti differenze tra i vari governi che si sono succeduti in questi anni (da quelli filo-europei per poi passare a quelli che minacciavano di far saltare tutto tornando poi di nuovo ai filo-europei), i margini di spesa a disposizione dei governi italiani sono più o meno sempre quelli. La differenza per il secondo governo Conte è che le misure varate dai governi precedenti (80 euro, reddito di cittadinanza e quota 100, soprattutto) hanno riempito questi margini di spesa lasciandogli pochissimo spazio di manovra.

Il punto centrale della politica economica del governo, quello su cui ha concentrato la maggior parte degli sforzi, è il blocco dell’aumento automatico dell’IVA. Per finanziare le loro misure, infatti, i governi precedenti avevano promesso aumenti automatici di imposte (l’aumento dell’IVA, appunto). Sono le famose “clausole di salvaguardia” che il secondo governo Conte è stato costretto a scongiurare adottando una serie di costose misure economiche. Di fatto, con un costo totale di 23 miliardi di euro, bloccare le clausole esaurisce quasi tutti i 30 miliardi di euro che, ha spiegato Gualtieri, il governo ha disposizione per l’anno prossimo.

A quanto scrivono i giornali, ci sono stati scontri nel governo tra chi chiedeva di aumentare l’IVA su alcuni prodotti e di abbassarla su altri (la cosiddetta “rimodulazione” dell’IVA) o di trovare il modo di far alzare l’IVA per i più abbienti e allo stesso tempo di restituirne una parte ai più poveri. Movimento 5 Stelle e Italia Viva (il nuovo partito di Renzi) si sono opposti però con successo a ogni possibile forma di aumento o rimodulazione, anche se limitata solo ad alcune categorie. Il vicesegretario della CGIL Vincenzo Colla è intervenuto oggi su Repubblica per dire che su questo fronte il governo non ha avuto abbastanza coraggio, e che il suo sindacato si sarebbe aspettato un intervento più deciso nei confronti dell’IVA almeno sui prodotti di lusso.

Il fastidio di Colla e di altri sindacalisti è comprensibile se si considera che, con tutte le risorse disponibili spese per evitare l’aumento dell’IVA e rimanere entro il deficit fissato al 2,2 per cento, il governo è riuscito a trovare soltanto due miliardi e mezzo di euro per tagliare le imposte dei lavoratori dipendenti, il famoso taglio del cuneo fiscale. Il taglio entrerà in vigore da luglio dell’anno prossimo e porterà a un aumento in busta paga per i lavoratori con gli stipendi più bassi (i dettagli esatti della misura devono ancora essere studiati). Non si è parlato di cifre, invece, per il piano di aiuti alla famiglia caro a Di Maio.

Ma tutte queste cautele e prudenze non basteranno a mantenere un bilancio sufficientemente rigoroso per gli standard europei. Il governo ha così annunciato la sua intenzione di recuperare fino a 7 miliardi di euro aggiuntivi dalla lotta all’evasione fiscale, una cifra altissima e ritenuta da gran parte degli esperti molto difficile da raggiungere. Il piano dovrebbe basarsi su una serie di incentivi a effettuare pagamenti elettronici, in particolare per quanto riguarda le attività ad alto rischio di evasione (come la ristorazione e i piccoli interventi di manutenzione ordinaria).

In particolare, si parla di “rimborsare” parte dell’IVA spesa in una serie di prodotti a quei contribuenti che utilizzeranno carte e bancomat per effettuare pagamenti. Le cifre che girano sui giornali parlano di un rimborso del 3 per cento per i prodotti con IVA al 4 e al 10 per cento. Questi rimborsi potrebbero concentrarsi a gennaio, con un rimborso massimo che potrebbe arrivare a 500 euro (e che i giornali chiamano già “bonus della Befana”). Inizialmente la misura prevedeva, oltre all’incentivo, anche una penalizzazione per chi invece usava il contante; la proposta è stata bocciata da Movimento 5 Stelle e Italia Viva, scrivono i giornali.

Altre risorse ancora dovrebbero arrivare da circa 2 miliardi di euro di tagli alla spesa, anche se non è ancora chiaro quale capitolo del bilancio sarà colpito (si era parlato di tagli di trasferimenti ai comuni, un’azione che potrebbe però portare a proteste dei sindaci). La stessa cifra dovrebbe essere recuperata dai tagli alle agevolazioni fiscali “dannose per l’ambiente”, cioè vecchi sconti di imposta per attività inquinanti (anche su questo è probabile che ci saranno scontri e proteste nelle prossime settimane). Sempre a proposito di misure ambientali, il governo ha infine annunciato 50 miliardi di euro di investimenti in tecnologie verdi da distribuire nei prossimi 15 anni. Una cifra, ha spiegato Gualtieri, che il governo intende finanziare emettendo apposite obbligazioni.

In poche parole, la Nota di aggiornamento al DEF mostra che il secondo governo Conte non si comporterà diversamente rispetto ai suoi predecessori per quanto riguarda i margini e la quantità di spesa, ma che essendo costretto a finanziare le misure adottate in passato e a rimanere entro le principali regole di bilancio europee, non ha praticamente alcuna possibilità quest’anno di effettuare una politica fiscale autonoma. Nei prossimi mesi dovrà essere definita la legge di bilancio, che dovrà contenere i dettagli di ogni singola misura. Con margini così stretti è probabile che le forze di maggioranza si scontreranno sempre più spesso per decidere quali misure finanziare.