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  • Giovedì 19 settembre 2019

Cosa succede ora in Israele

Nessuno ha abbastanza seggi per sostenere un governo: Netanyahu ha proposto un governo di unità nazionale

(AP Photo/Oded Balilty)
(AP Photo/Oded Balilty)

Lo spoglio delle elezioni politiche in Israele si è quasi concluso, e i partiti hanno avviato incontri e trattative per cercare di formare un governo. Sarà particolarmente complicato.

Nessuna delle coalizioni più importanti ha ottenuto la maggioranza in Parlamento, cioè 61 seggi su 120: né quella di destra, formata dal Likud del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu e dai suoi alleati della destra religiosa e nazionalista, né il centrosinistra, guidato dai centristi di Blu e Bianco (che pure hanno ottenuto più seggi di tutti, 33). A questo quadro va aggiunto che diversi piccoli partiti potrebbero decidere di riposizionarsi, a seconda dei negoziati dei prossimi giorni. La soluzione più ovvia sembra un governo sostenuto da una maggioranza trasversale, ma non è ancora chiaro chi potrebbe farne parte.

Un grafico di Haaretz mostra i seggi ottenuti da ciascun partito nella Knesset, il Parlamento israeliano

Ieri sera, in una riunione con i suoi alleati, Netanyahu aveva detto che c’erano soltanto due opzioni disponibili: «un governo guidato da me, oppure quello della sinistra e dei partiti degli arabi». Stamattina sembra aver cambiato idea: in una dichiarazione inviata ai giornali, Netanyahu ha annunciato di essere disposto a formare «un governo di unità nazionale sostenuto da un’ampia maggioranza», chiedendo esplicitamente al leader di Blu e Bianco, l’ex capo dell’esercito Benny Gantz, di incontrarsi per avviare i negoziati. Gantz si è detto favorevole a un governo di unità nazionale, ma solo a patto che a guidarlo sia lui. Ha aggiunto che lui e il suo partito «ascolteranno con attenzione le proposte di tutti ma non si arrenderanno a nessuna imposizione».

Diversi osservatori e analisti israeliani ritengono che con le sua proposta Netanyahu abbia cercanto di giocare d’anticipo su Gantz, a cui il presidente israeliano Reuven Rivlin potrebbe assegnare il mandato di formare un governo nei prossimi giorni. Stamattina i due si sono incontrati a una cerimonia in onore dell’ex presidente israeliano Shimon Peres a poco meno di tre anni dalla sua morte, ma non è chiaro se abbiano avuto tempo e modo per discutere.

Un accordo tra i partiti di Gantz e Netanyahu sarebbe comunque complicato perché l’intera campagna elettorale di Blu e Bianco si è concentrata nel descrivere Gantz come l’unica alternativa credibile a Netanyahu e al Likud, accusando il primo ministro uscente di essere troppo radicale. Farci un governo insieme potrebbe disorientare molti elettori: una scelta rischiosa in un panorama politico molto fluido come quello dell’opposizione israeliana. Esiste poi un’altra ragione, più concreta: Likud e Blu e Bianco controllano in tutto 64 parlamentari, tre in più di quelli necessari per avere una maggioranza in Parlamento, ma pur sempre pochi per garantirsi una maggioranza solida.

Le cose potrebbero cambiare se le trattative per un eventuale governo di coalizione fossero estese ad altri partiti. È una soluzione molto gradita ad Avigdor Lieberman, leader del partito di destra secolare Israel Beytenu, che alle elezioni di martedì ha ottenuto 8 seggi. Lieberman è un ex ministro e alleato di Netanyahu che lo aveva mollato alcuni mesi fa accusandolo di essere ostaggio dei partiti della destra religiosa, come lo Shas e il partito del Giudaismo Unito nella Torah. I tentativi di formare un governo dopo le elezioni di aprile erano infatti falliti perché Lieberman, Netanyahu e i partiti religiosi non avevano trovato un accordo sull’introduzione della leva obbligatoria per gli ultraortodossi (promossa con convinzione da Lieberman, osteggiata dai religiosi). Già dopo l’uscita dei primi exit poll, Lieberman ha invocato l’inizio dei negoziati per un governo di coalizione formato da Likud, Blu e Bianco e Israel Beytenu.

Prima delle elezioni lo scrittore e intellettuale israeliano Bernard Avishai aveva scritto sul New Yorker che un’alleanza fra Gantz e Lieberman avrebbe senso da molti punti di vista: «Blu e Bianco è pieno di ex comandanti o pezzi dell’establishment della difesa, che come molti dirigenti del Likud preferirebbero un governo di unità nazionale e che tendono a una retorica nazionalista ma laica. E proprio come Lieberman, considerano il conflitto coi palestinesi un tema di natura militare più che un diritto di natura sacra sulla Terra Santa».

Anche questa soluzione, però, presenta degli ostacoli: Blu e Bianco ha sostanzialmente vinto le elezioni e in cambio del suo appoggio al governo potrebbe chiedere al Likud che Netanyahu non ne faccia parte. La stessa cosa potrebbe fare Lieberman, che da tempo secondo alcuni osservatori vuole proporsi all’elettorato di destra come un’alternativa a Netanyahu, e raccogliere la sua eredità e i suoi voti. Finora diversi politici del Likud hanno escluso ogni soluzione di questo tipo: d’altra parte, Gantz e Lieberman non hanno i voti per fare un governo da soli.

Al momento, comunque, è difficile immaginare coalizioni alternative. In linea teorica tutti i partiti dell’opposizione controllano insieme 65 seggi, ma Lieberman ha già annunciato che non intende formare una coalizione con la Lista Unita, il cartello elettorale che rappresenta i partiti degli arabi israeliani e che controlla 13 seggi. I partiti del centrosinistra potrebbero anche accettare di aderire a un governo di unità nazionale formato da Blu e Bianco, Likud e Israel Beytenu – più i Laburisti che Unione Democratica – ma la loro presenza rafforzerebbe la richiesta di lasciare Netanyahu fuori dal governo.

Se tutti i negoziati dovessero fallire, si tornerebbe a votare: sarebbe la quinta volta dal 2013 a oggi.