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  • Mercoledì 12 giugno 2019

A Hong Kong i manifestanti hanno ottenuto un primo risultato

La discussione in Parlamento del contestato emendamento sull'estradizione è stata posticipata, ma le proteste continuano

Manifestanti contrari all'emendamento alla legge sull'estradizione di Hong Kong spostano transenne per bloccare una strada vicino agli edifici governativi della città, il 12 giugno 2019 (Anthony Kwan/Getty Images)
Manifestanti contrari all'emendamento alla legge sull'estradizione di Hong Kong spostano transenne per bloccare una strada vicino agli edifici governativi della città, il 12 giugno 2019 (Anthony Kwan/Getty Images)

A Hong Kong la discussione in Parlamento sul criticato emendamento sull’estradizione, quello che consentirebbe di estradare nella Cina continentale le persone accusate di avere commesso alcuni crimini, è stata rinviata in seguito alle intense proteste. Per diversi giorni migliaia di persone hanno infatti manifestato in città bloccando alcune strade attorno agli edifici del governo. Le proteste stanno proseguendo anche oggi: in mattinata manifestanti e polizia si sono scontrati e le forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, hanno usato spray al peperoncino e getti d’acqua per disperdere la folla e hanno detto di essere pronti a usare la forza. Nel primo pomeriggio gli scontri si sono inaspriti e la polizia ha usando gas lacrimogeno e proiettili di gomma contro i manifestanti. Almeno 72 persone risultano ferite, alcune delle quali in modo grave.

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L’emendamento sull’estradizione era stato proposto diversi mesi fa, dopo che un 19enne di Hong Kong era stato accusato di avere ucciso la propria fidanzata di 20 anni durante una vacanza a Taiwan. Il governo di Taiwan aveva cercato di ottenere l’estradizione del giovane, ma le leggi di Hong Kong non lo avevano permesso. Con il nuovo emendamento l’estradizione sarà possibile – nella Cina continentale, a Taiwan e Macao – per alcuni reati gravi, come omicidio e stupro, anche se dovrà comunque essere decisa caso per caso. Secondo gli oppositori dell’emendamento, la nuova legge esporrebbe di più Hong Kong al problematico e illiberale sistema giudiziario cinese, riducendo l’autonomia della città-isola che fino al 1997 era controllata dal Regno Unito.

Il Consiglio legislativo di Hong Kong – che è appunto il Parlamento locale – ha rimandato la discussione della legge sull’estradizione, che avrebbe dovuto tenersi alle 11 di mercoledì, quando in Italia erano le 5 del mattino, senza specificare quando si terrà. Nonostante le proteste, il governo di Hong Kong e la maggioranza del Consiglio continuano a essere favorevoli all’emendamento. Secondo i media di Hong Kong, il voto definitivo sulla legge dovrebbe tenersi il 20 giugno.

Secondo gli organizzatori delle proteste, domenica è sceso in piazza più di un milione di persone, mentre secondo la polizia hanno partecipato alla manifestazione 240mila persone. In ogni caso era dal 2014, cioè dal tempo del cosiddetto “movimento degli ombrelli” (alcuni se ne stanno vedendo anche oggi, usati anche come barriera per ripararsi da acqua e gas della polizia), che non si vedevano contestazioni così grandi a Hong Kong. La maggior parte dei manifestanti che stanno bloccando le strade oggi sono giovani e studenti, ma tante altre categorie di persone sono contrarie all’emendamento sull’estradizione: giovedì c’era stata una manifestazione di avvocati e giudici, circa quattromila insegnanti hanno detto che sciopereranno e più di 100 aziende, tra cui la banca HSBC, hanno annunciato che chiuderanno o autorizzeranno orari di lavoro più flessibili per permettere ai propri dipendenti di protestare. La nuova legge è criticata anche da grandi aziende che hanno sede a Hong Kong, perché limiterebbe i vantaggi della città come sede per gli affari.

Un blocco delle strade vicino agli edifici governativi a Hong Kong, il 12 giugno 2019 (Anthony Kwan/Getty Images)

Gli oppositori della legge temono che potrà legittimare i rapimenti in città da parte delle autorità cinesi (ci sono stati vari casi negli anni), oppure rendere il governo di Hong Kong più vulnerabile alle richieste di quello di Pechino, anche se dovute a motivi politici. Inoltre un maggior potere della Cina sul sistema giudiziario di Hong Kong potrebbe spingere molte persone a non manifestare le proprie critiche al governo. Un obiettivo del governo cinese, secondo qualcuno, sarebbero anche i funzionari e i miliardari cinesi fuggiti a Hong Kong per evitare un arresto in patria: finora Hong Kong non ha mai accettato una richiesta di trasferimento di un fuggitivo nella Cina continentale.